TUTTO CIO’ CHE E’ BENE SAPERE DELL’INFARTO CARDIACO. La rubrica del dottore Federico Mavilla

Dott. Federico Mavilla

Volete saperlo veramente ?? Bene, allora mettetevi comodi e abbiate un po’ di pazienza… leggete e memorizzate !!!
E’ bene sapere, innanzitutto, che l’infarto miocardico è una malattia che colpisce più di duecentomila italiani all’anno e che in 1/3 dei casi conduce alla morte.

Se l’infarto colpisce solo una zona limitata del muscolo cardiaco, le conseguenze non sono gravi. Se la lesione del muscolo cardiaco è molto estesa, può provocare la morte o un’invalidità (di grado variabile).
Quali sono le cause dell’infarto cardiaco? Quando l’irrorazione sanguigna del muscolo cardiaco (miocardio) diminuisce o viene a mancare in seguito all’occlusione di una o più arterie coronariche, provoca la sofferenza delle cellule cardiache con successiva loro morte.
Le arterie coronarie normali appaiono come dei tubi puliti. Ma vi sono dei fattori di rischio che predispongono alla formazione di lesioni aterosclerotiche che alterano le arterie. Molti sono i fattori che contribuiscono ad aumentare il rischio di infarto miocardico. Esaminiamoli velocemente.
L’ETA’. L’aterosclerosi coronarica, come quella degli altri distretti vascolari, è una malattia di tipo degenerativo, dovuta essenzialmente alla inevitabile senescenza dei vasi; per cui si dice comunemente, non a torto, che abbiamo l’età dei nostri vasi; ed a dispetto di ogni disperata ricerca di ringiovanimento esteriore ed estetico, nessuno può venderci la pillola della giovinezza.
LA FAMILIARITA’. Le malattie cardiovascolari tendono ad aggregarsi in particolari nuclei familiari, per cui si finisce con l’ereditare la predisposizione ad ammalare, ed i discendenti di coronaropatici vanno guardati con particolare attenzione.
IL SESSO. Le donne, soprattutto in età feconda, sono relativamente protette rispetto agli uomini dalla aterosclerosi coronarica. Gli indici tendono poi gradualmente a livellarsi dopo la menopausa.
IL LIVELLO DI COLESTEROLO. I grassi sotto accusa sono il colesterolo totale, la sua frazione LDL e i trigliceridi, il cui tasso aumentato nel sangue è un sicuro fattore di rischio; è un rischio anche la diminuzione del tasso di un’altra frazione del colesterolo, l’ HDL, che ha funzioni protettive. L’ipercolesterolemia di per sé non è una malattia, ma solo un fattore di rischio ed il colesterolo non è un veleno, ma anzi è un costituente fondamentale di tutte le cellule dell’organismo. Il guaio è che per cattive abitudini alimentari il suo livello risulta abnormemente elevato; ciò, sul lungo periodo, può risultare dannoso. I livelli desiderabili di colesterolo sono intorno ai 200 mg/ml, se non ci sono altri fattori di rischio, ed il dosaggio della colesterolemia rientra in una buona prassi di medicina preventiva, soprattutto nelle fasce di età a rischio (fra i 40 ed i 70 anni), anche se oggi sembra opportuno porsi il problema del suo controllo fin dall’infanzia.
L’IPERTENSIONE. IL DIABETE. L’OBESITA’. Piuttosto che di obesità è meglio parlare di eccesso ponderale. L’eccesso ponderale si accompagna con grande frequenza ad aumento della pressione, della glicemia, dei grassi nel sangue, ed a riduzione dell’attività fisica; inoltre, è un grosso fardello che affatica inutilmente il cuore. Secondo dati recenti nel mondo occidentale circa il 30% della popolazione avrebbe un eccesso ponderale di varia entità. Va precisato, a questo proposito, che si parla di obesità quando il peso corporeo superi del 15% il peso ideale.
IL FUMO. LO STRESS. LA SEDENTARIETA’. Quest’ultima, intesa come ridotta attività fisica, è strettamente connesso con quello dell’eccesso ponderale. Una riduzione del dispendio calorico, se si mantengono costanti le entrate, si traduce in un accumulo di grasso ed aumento di peso. L’attività fisica si traduce in una diminuzione significativa del rischio cardiovascolare, sia nella prevenzione primaria, cioè nell’evitare un primo infarto, sia, e soprattutto, nella prevenzione secondaria, cioè nell’evitare un secondo infarto in chi ne abbia già subito uno.
Indirettamente, l’attività fisica ha effetti benefici attraverso un aumento del colesterolo protettivo HDL, una riduzione dell’aggregabilità delle piastrine, una riduzione della pressione arteriosa, degli ormoni circolanti che stimolano il cuore, della glicemia nel diabete e dei trigliceridi, dell’obesità, dell’abitudine al fumo. Non c’è dubbio, quindi, che l’attività fisica vada incoraggiata ed incrementata e che al contrario la vita sedentaria vada evitata invertendo, così, la radicata tendenza che imponeva periodi di lunga e pressoché completa, e talora definitiva inattività agli infartuati.
Perchè si verifica l’infarto cardiaco? L’infarto cardiaco è in genere la conseguenza drammatica di una malattia che è iniziata molti anni prima senza manifestarsi fino a quel momento; le cause scatenanti, che in un determinato momento fanno bruscamente precipitare una situazione mantenuta in equilibrio fino ad un istante prima sono assai variabili e non sempre identificabili. Talora il dolore si verifica durante un intenso sforzo fisico compiuto da un soggetto non allenato: la partita di calcio ‘scapoli-ammogliati’ effettuata magari dopo un anno di lavoro a tavolino e magari sotto il solleone e dopo abbondanti libagioni, è responsabile di molte precoci vedovanze.
A volte, in associazione ad uno stress psicologico intenso e prolungato, come conflitti o litigi nell’ambito familiare o lavorativo; talora si tratta di forti ed improvvise emozioni a contenuto sgradevole, come aggressioni, rapine, coinvolgimento in incidenti stradali ed in disastri come terremoti, alluvioni, incendi, etc. In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi non si riesce ad individuare il meccanismo scatenante dell’evento infartuale, e va anzi ricordato che studi ormai numerosi hanno dimostrato in maniera inconfutabile che il maggior numero di infarti si verifica nelle primissime ore del mattino quando il paziente è in completo riposo. Gli infarti fatali avrebbero, inoltre, una stagionalità tra dicembre e gennaio.
Il primo sintomo dell’infarto cardiaco è il dolore, si manifesta come un senso di fastidio al petto. La sensazione di oppressione, compressione, dolore o peso nel centro del petto si può irradiare alle spalle, al collo, alle braccia o alla schiena. Spesso l’infarto si rivela con l’insieme dei seguenti sintomi: abbondante sudorazione fredda nella parte superiore del corpo, stordimento, mancanza di fiato e nausea.
La mancanza di fiato è dovuta all’impossibilità del cuore di pompare in modo efficace e determina, in alcuni pazienti, una sensazione di oppressione al petto come una corda che stringe. Se si è in grado di riconoscere i sintomi infarto e dell’angina , si potrà essere in grado di salvare la vita a se stessi o agli altri.
Se invece non si riconoscono i sintomi o si attribuiscono ad un altro disturbo (un’indigestione…) il trattamento dell’infarto arriverà troppo tardi. Purtroppo, in una buona percentuale di casi, l’infarto può non accompagnarsi a dolore: condizioni queste rispettivamente definite ischemia silente ed infarto silente. La prognosi, il decorso ed il rischio dell’infarto silente non differiscono sostanzialmente dalle forme che si accompagnano a dolore; non si tratta di forme ‘lievi’ della malattia; anzi, l’assenza di un campanello di allarme come il dolore può esporre in definitiva il paziente ad un rischio maggiore.
Ogni sintomo che segnali l’inizio di un infarto impone l’immediata consultazione del medico. Se il medico non è rintracciabile, chiamare un’ambulanza e raggiungere immediatamente il pronto soccorso dell’ospedale più vicino.
Cosa fanno al pronto soccorso? Gli specialisti del pronto soccorso, dopo un elettrocardiogramma di conferma, avvieranno subito le analisi del sangue per dosare gli enzimi liberatisi durante l’infarto dal muscolo cardiaco (troponina, GOT, GPT, LDH, CK,CKMB).
Fino a poco tempo fa la terapia consisteva essenzialmente nell’alleviare il dolore e nel trattare le complicanze precoci. La moderna terapia della malattia coronarica si basa su tre cardini: le cure mediche (nuovi farmaci, conosciuti con il nome di trombolitici, permettono oggi di sciogliere rapidamente i grumi di sangue all’origine della maggior parte degli infarti), la chirurgia del bypass aorto-coronarico, e la dilatazione con palloncino delle coronarie stenotiche (angioplastica coronarica).
Come evitare l’infarto miocardico? Smettere di fumare; mantenere il peso ideale; alimentarsi con cibi poveri di grassi animali; praticare un esercizio fisico regolare e senza eccessi; mantenere a livelli normali la pressione arteriosa, il colesterolo e la glicemia.
Si può ritornare ad una vita normale? Un infarto piccolo non ha conseguenze gravi. La riabilitazione ed una terapia appropriata permetterà al muscolo cardiaco di riprendere la propria funzione e lascerà solo strascichi trascurabili. Il 50% delle persone colpite da un infarto miocardico ritornano ad una vita normale nel giro di pochi mesi. ( paginemediche )

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