RICORDANDO PEPPE DRAGO, IL POLITICO AL QUALE TUTTI DAVANO DEL “TU”: BREVI NOTE DI MEMORIA STORICA

drago

La redazione di Radiortm nell’associarsi al dolore della famiglia dell’on. Giuseppe Drago, morto stamani presso l’Ospedale Maggiore di Modica, desidera ricordare la figura politica dell’ex sindaco di Modica nonché Presidente della Regione Siciliana, riportando alcuni brani contenuti nel libro del nostro Direttore, Domenico Pisana, “Modica in un trentennio. Percorsi di storia di una città in cammino. 1980-2010.

La sindacatura di Giuseppe Drago e il lancio di un modello di “città turistica”

“Drago, medico e personaggio di spicco del Psi, pupillo e delfino dell’on. Natalino Amodeo, il 28 ottobre 1986 presentava alla città il suo programma amministrativo, sostenuto da una maggioranza di pentapartito, Dc, Psi, Psdi, Pri, e Pli, allineando così la città ai governi regionale e nazionale. (…)
L’avvento di Drago innalzò, rispetto alla sindacatura Frasca e quella di passaggio di Scivoletto, il livello della programmazione amministrativa. Drago mostrò subito di avere le idee più chiare, di “volare alto”, capì che la sua amministrazione poteva trovare risposte a Palermo e Roma essendo rispondente alla linea del Pentapartito nazionale, si rese conto che l’accelerazione dei processi di cambiamento propri della società degli anni ‘80 stava trasformando
rapidamente il volto sociale, culturale e produttivo di Modica, facendo emergere nuovi bisogni ed aumentare vertiginosamente la richiesta di servizi e di nuove aree produttive.(Cfr. Comune di Modica, dott. Giuseppe Drago, Sindaco di Modica, Dichiarazioni programmatiche del 28.10.1986, p.4)

Già sin dal suo insediamento, Drago, rispetto al segmento di governo di alternativa di sinistra nato dalla dissidenza democristiana, intuì che la necessità, nella gestione politico-amministrativa di una città come Modica, fosse quella di intervenire in modo non più casuale o episodico, bensì in base a parametri previsionali di sviluppo, ad indagini scientifiche e a progettazioni in cui il disegno politico fosse saldato efficacemente alla soluzione tecnica. (cfr. Ibid., p.4) .
Le sue dichiarazioni programmatiche, insomma, mostrarono, almeno sul piano delle idee, come la nuova amministrazione di pentapartito fosse orientata a proporre una nuova stagione politica giocata tutta sulla metodologia della programmazione, nonché sulla espansione degli spazi della democrazia partecipativa e dell’informazione dei cittadini. E difatti nella seduta del Consiglio comunale Drago così si espresse:

La programmazione è diventata, per necessità oggettiva, lo strumento operativo fondamentale di una società complessa, in cui le varie esigenze si implicano in valenza positiva o negativa e in tempi di reazione sempre più accelerati.
L’ente comunale deve impegnarsi in una scientifica ricognizione della realtà, tanto nelle risorse potenziali e reali quanto nelle esigenze, per procedere ad una progettazione a breve, medio e lungo termine sulla base di proiezioni di esperti, verificando trimestralmente l’efficacia degli interventi e delle analisi e realizzando quegli aggiustamenti che si rendono man mano necessari. In altri termini bisogna eliminare la casualità, l’improvvisazione e l’episodicità degli interventi, non solo evitando sprechi assurdi di risorse, ma anche assicurando produttività agli interventi. La programmazione è una scelta politica che rinvia alla democrazia partecipativa, proprio per evitare il pericoloso rischio di tecnocrazia implicito in una programmazione dall’alto»(Ibid. pp. 4-10)

In questo quadro politico e metodologico, le aree di intervento che l’amministrazione Drago ravvisò prioritarie furono sostanzialmente quattro: l’organizzazione amministrativa del Comune, lo sviluppo economico, l’urbanistica e il territorio, la qualità della vita.
Le scelte intenzionali di Drago fecero leva su due assi di sviluppo che miravano non alla semplice gestione della vita ordinaria della città, ma a creare un “modello città” lanciato all’esterno per incrementare il suo livello di crescita e occupazionale, visto che il dato di disoccupazione faceva registrare le 5.000 unità.
Modica usciva, in quel momento, da una forte battaglia unitaria per lo sviluppo della provincia di Ragusa nei confronti della Regione, dell’Eni e della Montedison, per cui Drago trovò strategico impostare il suo programma di sviluppo della città puntando sulla necessità di fare del Comune un “soggetto politico” in grado di intervenire a livello dei centri decisionali e a garanzia del fatto che una parte della ricchezza estratta dal sottosuolo fosse reinvestita sul territorio per dare occasioni di lavoro e di sviluppo.
La progettualità di Drago apparve interessante ma sembrava di difficile realizzazione poiché richiedeva collaborazioni istituzionali diverse, pur tuttavia la tentò affiancandola con l’altro versante del suo modello di città: quello turistico. In questa direzione Drago cercò di avviare delle iniziative con convegni di studio che affrontarono in modo scientifico la questione, proprio per fare emergere la consapevolezza che dalla bellezza e dal barocco di Modica potessero partire i presupposti per attivare nuovi processi produttivi e flussi economici in grado di assorbire manodopera e far crescere l’occupazione.
A Modica, nel 1986, non esistevano strutture ricettive né nel Centro storico né nelle sue adiacenze, né lungo la fascia costiera. Quel processo iniziale di flusso turistico registratosi negli anni ‘70 con la presenza di tedeschi a Marina di Modica, non aveva avuto un prosieguo perché la classe politica aveva mostrato di credere poco nel turismo, e difatti la città non aveva alberghi, villaggi turistici ben attrezzati, campeggi, strutture sportive di grande richiamo, strutture idonee ad accogliere qualsiasi tipo di turismo, da quello di èlite a quello di massa, da quello giovanile a quello della terza età. La città che il sindaco Drago sognava e pensava di poter far crescere e sviluppare economicamente doveva passare dalla “via del turismo”, e difatti il cuore delle sue dichiarazioni programmatiche fu proprio il comparto turistico. In che modo la sua sindacatura intendesse portare avanti questa nuova visione di modello di sviluppo di Modica appariva tuttavia evanescente, considerato che un processo di marketing della città richiedeva investimenti finanziari, e invece il Comune aveva problemi di cassa che lo stesso Drago denunciava in una intervista del 6 giugno 1987: «L’amministrazione non può assolvere agli atti di ordinaria amministrazione. Non ci sono i soldi per pubblicare le gare di appalto, per la manutenzione della pubblica illuminazione, per assumere i netturbini».

Del suo programma, peraltro anche innovativo, Drago poté fare ben poco e la sua sindacatura si ridusse, come le precedenti, ad iniziative come la richiesta di mutui per il completamento della piscina di contrada Caitina e la costruzione del secondo stralcio della Scuola di via Nazionale, nonché a dare in appalto la gara per il completamento delle Scuole Medie di Cannizzara e Frigintini, già finanziati dalla Regione(…) Tentò anche alcune iniziative Culturali e per la viabilità cittadina nel Corso Umberto e mise in cantiere la possibilità di avviare una facoltà di Scienze dell’amministrazione come sede distaccata di Catanzaro.(…)

L’elezione di Drago alla Presidenza della Regione Siciliana

Durante la seconda legislatura di Carmelo Ruta, la città apprese con soddisfazione che il modicano on. Giuseppe Drago era stato eletto Presidente della Regione siciliana. L’elezione avvenne il 29 novembre 1998 e fu un evento eccezionale poiché per la prima volta, nella storia di Modica, un modicano assumeva il Governo di Palazzo d’Orleans.
Al suo insediamento Drago propose un progetto autonomistico come risposta alla globalizzazione, evidenziando che fosse giunto il tempo di dare un nuovo nome alla questione meridionale e siciliana per rinsaldare i vincoli di cooperazione e solidarietà con tutte le altre parti d’Italia e, per essa e con essa, con tutte le altre nazioni europee e con i popoli della koinè mediterranea. Egli credeva, in quel preciso momento storico, che la cultura siciliana dovesse ispirare il progetto dell’autonomia e offrì, pertanto, all’ARS dichiarazioni program-matiche ambiziose finalizzate alla ricostruzione della fondamenta della vita civile, economica e politica dei siciliani. (Cfr. REGIONE SICILIANA, 51° Governo, Dichiarazione programmatiche del Presidente Giuseppe Drago, 3 febbraio 1998).
La formazione del suo Governo avvenne in un momento di grandi trasformazioni dell’economia, della società e della politica, che investivano direttamente l’istituto regionale.
La globalizzazione dell’economia, la crisi dello Stato, la crescita del Nord-Est che integrava la propria economia con quella delle regioni situate in altri Stati, la dinamicità delle Regioni del versante adriatico, faceva sempre più emergere la riscoperta delle identità locali.
Drago si propose di superare la visione obsoleta della “Regione imprenditrice”, orientando la sua azione verso quelle che erano le parole d’ordine dei poteri pubblici nei Paesi più sviluppati dell’OCSE: risultati, efficienza, responsabilità, tutela del pubblico, degli utenti. Egli guardava alla Regione come strumento di sviluppo economico capace di promuovere politiche dirette ad esaltare le potenzialità economiche del territorio e a favorire la collaborazione tra diversi soggetti economici, sociali ed istituzionali, dalla cui interazione dipende l’andamento dell’economia.(Cfr. Ibid., p 19)

1. Il progetto autonomistico di Drago

Drago sapeva bene di avere assunto un compito gravoso a causa di tutti i problemi e le contraddizioni che la Sicilia viveva, ma accettò la sfida, come si evinceva dalle sue parole:
E’ un compito gravoso quello che così ci stiamo assumendo. Ma è un compito che non può essere caricato tutto sulle spalle della politica regionale. Per sviluppare politiche efficaci, adeguate alla complessità dei problemi, è indispensabile che la Regione sia inserita in una rete di comunicazione, di informazione e di esperienze con tutti i soggetti sociali ed economici che animano la nostra società.
Il “partnerariato” non è solamente un principio cardine delle politiche strutturali dell’Unione Europea, ma deve essere un’ispirazione fondamentale dell’azione di questo Governo. Solo attraverso l’avvio di un tavolo di confronto permanente con le associazioni degli imprenditori, con i sindacati, con le prestigiose Università Siciliane e con le altre forze sociali è possibile uscire dalla crisi, affrontare e vincere le sfide che abbiamo di fronte. Peraltro, già le leggi della Regione conoscono il suddetto principio; ora si tratta di metterlo per davvero in pratica. Gli altri interlocutori indispensabili della nostra azione politica e amministrativa saranno gli Enti Locali, Comuni e Province. Le contrapposizioni tra la Regione e gli Enti Locali non hanno alcun senso perché comuni sono i problemi da affrontare e perché le divisioni finirebbero per nuocere ai cittadini, alle imprese, alla crescita della democrazia in Sicilia.
Tutti dobbiamo battere due nemici: la disoccupazione e la criminalità organizzata. Tutti dobbiamo conseguire un risultato: la crescita civile ed economica. Personalmente, del resto, sono un convinto fautore del principio di sussidiarietà (…) I pubblici poteri devono fare solo quello che gli individui ed i gruppi non sono idonei a fare. Un eccesso di interventismo, di regolamentazione pubblica, di assistenzialismo, ha anestetizzato la società siciliana. Bisogna invece liberare le energie, di grande valore, che in Sicilia indubbiamente esistono e compito della Regione è quello di aiutarle a crescere e di fornire un ambiente complessivamente favorevole alla loro affermazione.( Ibid, pp.,21-22)

Il Piano programmatico di Drago, contenuto in un volumetto di 100 pagine, evidenziò come l’ex sindaco di Modica pensasse alla grande e come si apprestasse ad iniziare un percorso di confronto con lo Stato. Egli sostenne, infatti, che era giunto il tempo di dire basta al cosiddetto “meridionalismo piagnone”, e che l’autonomia speciale non poteva più sostanziarsi in una pura e semplice azione di rivendicazione finanziaria nei confronti dello Stato. La Regione doveva sì esigere e non poteva smettere di avere rapporti finanziari con lo Stato, ma non poteva cessare di difendere le sue prerogative statutarie.
I propositi progettuali del Governo Drago, al di là del confronto con lo Stato, volevano inserire la Sicilia attivamente nel contesto Euromediterraneo, ed oscillavano tra modernizzazione delle istituzioni e riorganizzazione della macchina di governo, deburocratizzazione della vita amministrativa e mercato del lavoro, solidarietà sociale e diritto alla salute, politiche di bilancio e finanziarie della Regione e valorizzazione delle risorse agricole, minerarie, paesaggistiche, artistiche e culturali; sistemi dei trasporti e problemi della comunicazione. Ben poco Drago poté realizzare, e tra i principali atti del suo Governo vi furono alcuni interventi di riforma della pubblica amministrazione regionale in ossequio alla legge “Bassanini”; tali interventi riguardarono la separazione della funzione di indirizzo
politico-amministrativo, affidata agli organi di governo, dalla funzione di gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, affidata ai dirigenti. E in virtù di ciò, attuò la rotazione dei dirigenti regionali dei vari settori amministrativi.
Altre iniziative riguardarono: l’attivazione di “Giunte di governo itineranti” nei vari territori provinciali della Regione, al fine di avvicinare le Province a Palazzo d’Orleans e avviare tavoli di concertazione programmatica; la concretizzazione di confronti internazionali per la creazione del Ponte sullo Stretto di Messina; la creazione di un Distretto del Sud Est che, partendo dal suo patrimonio barocco, paesaggistico e monumentale, potesse diventare volano di crescita economica per la Sicilia e per il Sud Est.
Dalla Presidenza di Drago alla Regione siciliana la città di Modica non trasse particolari vantaggi, se non in termini di immagine e promozione turistica; fu, infatti, grazie alla sua Presidenza che un evento sportivo di portata nazionale, il Giro d’Italia, avvenuto nel 1999, partì da Agrigento e fece tappa a Modica con una carovana sportiva e mediatica che portò in città centinaia di migliaia di persone. Sempre ad opera di Drago venne anche finanziato il Progetto del Parco Letterario Quasimodo, che costituiva un interessante mix di letteratura, arte e turismo. (…)
Drago si dimise dal suo incarico il 21 novembre del 1999, grazie al colpo mancino che gli sferrò, tra l’altro, il suo compagno di partito on. Salvatore Cardinale.

2. La nascita del movimento politico “Pensare Sicilia” e l’abbandono di Drago del Ccd

Lasciato il governo regionale ed ancora galvanizzato dalle sue idee autonomistiche lanciate durante la sua Presidenza, Drago abbandonò il Ccd e fondò il movimento politico “Pensare Sicilia”, con il quale si propose di ricreare condizioni culturali per affermare le identità territoriali nel quadro dell’imperante processo di globalizzazione.
Da questa postazione non mancò di continuare ad avere rapporti con il Ccd di Casini, il quale, intanto, nella provincia di Ragusa aveva inviato come commissario l’on Lucchese per evitare che quanti erano rimasti non si disperdessero e restassero nel partito. E, difatti, con la venuta dell’on Lucchese si fecero i congressi a Ispica, Modica, Ragusa, Monterosso e Giarratana e si ricostituì il Partito a livello provinciale, che elesse come segretario l’ex democristiano Francesco Licitra.
La mossa di Drago fu quella di sciogliere il suo movimento “Pensare Sicilia” all’interno della Costituente dei democratici di centro dell’on. Casini, riuscendo ad essere candidato alle elezioni europee del 13 giugno 1999 nei collegi di Sicilia e Sardegna e misurandosi con l’on. Lombardo. Fu eletto Lombardo, e Drago continuò la sua azione politica a Palermo; intanto per gratificare il suo apporto elettorale, l’on Casini lo fece nominare vice-segretario nazionale del partito(…)

3. Il rientro di Drago nel Ccd e l’incarico di assessore regionale alla Presidenza

L’on. Casini, dopo il commissariamento, venne a Ragusa e fece di tutto per attuare una ricomposizione, ma senza risultati, tant’è che si celebrò un nuovo congresso provinciale e vennero eletti Franco Vanella segretario provinciale, e Peppe Sulsenti di Pozzallo, Presidente. Con il rientro di Drago nel Ccd, tutto ritornò nelle sue mani e si sciolse il movimento “Pensare Sicilia”. Intanto, a Palermo, il Governo Capodicasa, succeduto a quello di Drago, entrava in crisi e, grazie ad un ribaltone, Drago ottenne, il 29 luglio 2000, l’assessorato alla Presidenza nel Governo Leanza. Da questa postazione politica ebbe, dopo le varie vicende vissute nel 1999, un recupero politico grazie alla sua capacità di finanziare, per parecchi miliardi, tutta una serie di progetti di restauri, di monumenti, di chiese, di conventi, di infrastrutture nei comuni della Provincia di Ragusa, così da potersi presentare con le credenziali politiche per fare il passaggio al parlamento nazionale. (…)
Non c’è dubbio che egli è stata la figura di massimo livello dell’Udc e il suo peso politico si è fatto sempre sentire. Sin dai tempi della prima Repubblica, quando militava nel Partito socialista italiano, il suo percorso politico è stato brillante e ricco di successi; i consensi non gli sono mai mancati perché è riuscito, con il suo carisma di leader, a coinvolgere tutti e in particolar modo le fasce popolari. È stato insomma un politico che non si è formalizzato, che non ha mantenuto le distanze e che per le persone è stato sempre “Peppe”, l’amico al quale si l’amico al quale si è potuto dare del “Tu”.
Drago, come già scritto precedentemente, è stato sindaco di Modica, deputato e assessore regionale, Presidente della Regione Siciliana, Deputato nazionale e Sottosegretario di Stato. A questi risultati egli è arrivato non semplicemente perché ha gestito in modo clientelare i bisogni delle persone, come spesso sottolineato dai suoi oppositori, ma sostanzialmente per le sue capacità politiche.
Egli è riuscito a farsi apprezzare a vari livelli per le sue intuizioni politiche, per gli orizzonti anche culturali che hanno caratterizzato il suo operato.
Quando fu Presidente della Regione, ad esempio, ebbe un’intuizione interessante: avviare un processo interattivo tra Regione e Province. E difatti diede vita alle cosiddette “Giunte regionali itineranti”, che consistevano nell’attivazione di tavoli di concertazione tra la Regione e le Provincie regionali al fine di individuare alcune priorità di intervento che tenessero in conto le specificità territoriali e che avvicinassero il Palazzo della Presidenza ai territori provinciali con l’obiettivo di trovare risposta adeguate nel breve e medio termine. Purtroppo il suo Governo durò appena un anno.
Egli è stato un politico che ha voluto sempre pensare alla grande, con visioni ampie e progettuali. Non è mai stato il politico chiuso nel localismo, ma partendo dal locale è riuscito a farsi interprete di grandi progetti, molti dei quali sono stati anche portati a compimento. Forse il principale limite della sua azione politica è stato quello di aver puntato di più su “uomini-braccia” che “uomini-mente”, di fidarsi più delle braccia che delle menti, forse per paura che qualcuno potesse fare fughe in avanti e risultargli incontrollabile. Di questa scelta egli ne ha pagato le conseguenze. (…) Dolorosa anche la sua vicenda giudiziaria.
Ad ogni modo, per quanto assurda possa apparire la vicenda giudiziaria di Drago, resta il fatto che dopo tre gradi di giudizio è arrivata una condanna pesante, che ha posto fine alla questione e che ha offuscato la sua carriera politica. Sul piano umano non gli è mancata, tuttavia, la solidarietà, la vicinanza e l’affetto del suo partito(…)
Il dramma di Drago si tocca con mano perfino nel comizio del 30 maggio 2009 quando, alla presenza dell’on. Casini, fa pubbliche scuse, facendo riferimento alla sentenza(…): Chiedo scusa due volte – dice – a chi ha avuto fiducia in me e si è sentito tradito da una sentenza che io ritengo ingiusta e che vivo con dolore. Chiedo scusa poi per essermi lasciato andare e caduto nelle provocazioni in Consiglio comunale. Non è da me, un uomo delle istituzioni non deve mai cedere anche se io l’ho fatto per i lavoratori»

Tratto da: Domenico Pisana, Modica in un trentennio. Percorsi di storia di una città in cammino 1980-2010, Genius Loci, Ragusa, pp. 148-156; pp. 262-270; pp.497-503.

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