13 persone denunciate dalla Guardia di Finanza per reati fiscali, riconducibili a 9 società, e sequestrato beni immobili, mobili, somme di denaro per oltre 1 milione e 100 mila euro.
Le Fiamme Gialle di Vittoria hanno rilevato delle anomalie in alcune partite iva ricadenti nei territori di Acate e Vittoria, caratterizzate da rapporti commerciali anche con Stati esteri.
I settori economici interessati sono la produzione di imballaggi, il trasporto di merci su gomma e il commercio all’ingrosso di ortofrutta, tutte attività cardine dell’indotto del mercato ortofrutticolo di Vittoria.
I finanzieri sono riusciti a scoprire dei veri e propri “sistemi” di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, quantificate in circa 6 milioni di euro, che sono stati ben orchestrati da 7 soggetti che si potrebbero definire “professionisti del crimine fiscale”, le veri menti di questa truffa.
In sostanza c’era un utilizzo strumentale delle cosiddette “teste di legno”, cioè prestanome nullatenenti, sfruttati al solo fine di “scaricare” le responsabilità civili e penali scaturenti dal mancato rispetto degli obblighi fiscali su persone fisiche e giuridiche non aggredibili patrimonialmente. Sono le società “cartiere”, perchè prive di mezzi e di strutture sia logistiche che operative, non si occupano della movimentazione materiale delle merci, ma solo dell’acquisto e della vendita “di carta”, cioè di fatture false. Dei sei prestanomi individuati, posti quali amministratori formali di altrettante società cartiera, è apparso singolare lo sfruttamento di un’intera famiglia vittoriese, costituita da padre e due figli, i quali si sono apprestati, evidentemente per rilevanti difficoltà economiche, a divenire intestatari fittizi di diverse società.
Tra i sistemi utilizzati al fine di “gonfiare” i costi aziendali e pagare meno imposte all’Erario, le Fiamme Gialle di Vittoria hanno individuato due peculiari modalità evasive: una sovrafatturazione fittizia eseguita ad opera di una società di capitali evasore totale, intestata ad un prestanome, assolutamente non in grado di comprendere gli obblighi derivanti dalla gestione di un’impresa commerciale. In particolare, le predette fatture, inerenti la costruzione di un macchinario industriale, ammontavano a circa 900 mila euro, a fronte di una spesa realmente sostenuta di appena 125 mila euro, e una frode c.d. “carosello”. In sostanza la società fittizia, appositamente creata e intestata ad un soggetto inconsapevole (addirittura detenuto in carcere all’epoca dei fatti), ha acquistato imballaggi in legno senza IVA dalla Bulgaria (che ha venduto in regime di non imponibilità, in quanto trattasi di cessioni comunitarie). Successivamente, la società cartiera ha rivenduto la merce sottocosto (scorporando l’IVA) all’effettivo destinatario italiano, omettendo tutti i versamenti fiscali. Il “reale acquirente” ha potuto così usufruire della detrazione dell’IVA pagata sull’acquisto dei prodotti e, nel contempo, ha avuto a disposizione beni con un costo ridotto, in quanto ha tramutato parte dello stesso in credito verso l’Erario.