Un’assistenza psicologica nel contesto scolastico, inteso come luogo in cui si collezionano esperienze positive che aiutano a crescere e a potenziare l’autostima degli studenti. E’ questa la finalità del progetto attivato dalla cooperativa sociale Cos nel biennio dell’istituto tecnico Fabio Besta di Ragusa. Frutto dell’intesa tra la dirigente scolastica Antonella Rosa e il presidente della coop, Antonino Marù, con il patrocinio dell’ufficio scolastico provinciale diretto da Gianna Criscione, il progetto denominato “Se la scuola fosse un luogo del cuore” si propone di rispondere a una vera e propria
emergenza educativa che spesso e volentieri non si riesce a colmare. “Perché la scuola ha sete – sottolinea la dottoressa Rosa – ha molto bisogno di educare la persona prima ancora che istruire, abbiamo bisogno che ai nostri ragazzi sia posta con la dovuta attenzione la dimensione della persona, dell’affettività, dell’emotività. La scuola, come recita il titolo del progetto, è anche il luogo del cuore, lo deve essere. Il progetto ha come presupposto teorico la psicologia della salute e del benessere, secondo cui ogni ragazzo dovrebbe impegnarsi a diventare una persona migliore. A tal fine le attività laboratoriali con i gruppi classe hanno lo scopo di avviare una riflessione su come costruire l’identità di ciascuno, avviando le aree che possano essere rese migliori. I primi riscontri del progetto sono positivi. Dirò di più. L’averlo attivato è già un successo perché nel momento in cui si pongono sotto luce determinati aspetti, significa dare degli input, scuotere gli animi. Poi c’è anche l’idea di coinvolgere i genitori. Ed è questo un altro capitolo entusiasmante visto e considerato che la scuola ha come mandato istituzionale quello di formare le persone”. Il dott. Marù scende più nello specifico delle finalità del progetto in questione. “A motivo della crescente dispersione genitoriale dalla vita dei figli – sottolinea – la famiglia è diventata l’anello debole della catena educativa, la frase comune “fare il genitore è il mestiere più difficile del mondo” sembrerebbe assolvere il disimpegno all’esercizio di una genitorialità efficace. Per questo il progetto prevede anche uno o più incontri assembleari con i genitori degli alunni coinvolti in questa iniziativa. C’è stata una fase in cui si è tentato di dare un aiuto istituzionale alla famiglia, quando eravamo noi del Sud Italia Obiettivo 1 e ricevevamo fondi dall’Unione europea finalizzati a tale scopo. Allora si sono fatti dentro le scuole parecchi corsi sulla funzione genitoriale. Poi tutto è andato perso. “La dispersione genitoriale alla vita scolastica dei figli” aumenta proprio in questa fase evolutiva, in cui i ragazzi necessitano di validi modelli educativi e, non avendo ancora strutturato una forte identità, oltretutto rimessa in discussione con l’ingresso nel nuovo contesto (in terza media si sentono i grandi della scuola, trascorsi i mesi estivi tornano ad essere i piccoli), questa regressione psicosociale, li espone al rischio di essere vittime della pressione del gruppo o emulatori di modelli devianti. Il fine ultimo che ci proponiamo è quello di portare i ragazzi ad avere la consapevolezza del vivere, cioè in che modo si cresce e si struttura la propria personalità. All’incontro con gli altri i ragazzi devono cercare di arrivare con una chiarezza e una coerenza interiore. Altrimenti il rischio è quello di legarsi a una persona per il bisogno e non per il sentimento”. Il progetto si rivolge alle classi del biennio. Sono previsti 4-5 incontri per ogni gruppo. Alla fine ci sarà un convegno in cui saranno illustrati i risultati ottenuti.