Emanuele Schembari è stato tra le voci poetiche più significative e solide della Sicilia, e un intellettuale raffinato e pungente della provincia di Ragusa. Nato nel 1936 a Ragusa, ha abitato per undici anni a Roma, dove ha insegnato in una scuola elementare e si è occupato di sceneggiature cinematografiche; nel 1970 si è trasferito a Ragusa.
È stato giornalista professionista con una vasta esperienza alle spalle, tant’è che è stato, dal 1975 al 1985, direttore della televisione privata “Teleiblea” e nel 1978 il responsabile del quotidiano “Il diario” di Ragusa, nonché corrispondente, per la provincia di Ragusa, del quotidiano “L’ora”.
Per quanto concerne il suo impegno giornalistico e nel campo culturale, c’è da dire che è stato, dal 1969 al 1972, redattore capo del periodico “Provincia nuova”; dal 1970 al 1972 redattore della rivista culturale “Presenze”; nel 1973 ha fondato e diretto fino al 1975 la rivista letteraria “Cronorama”, mentre nel 1974 ha diretto la rivista di archeologia “Tabellarius”. Dal 1970 al 1975 si è occupato di cronaca letteraria ne “Il giornale di Sicilia”.
L’attività poetica di Schembari risulta contrassegnata da numerosi riconoscimenti e premi, ottenuti in varie manifestazioni culturali; ha vinto, tra l’altro, il I premio al concorso “I fuochi” di Milano nel 1968 e al “Fermenti” di Roma nel 1974, e sue poesie sono state incluse in diverse antologie, fra cui: “Le prospettive poetiche”, 1971, a cura di Domenica Cara; “Fermenti”, 1975, a cura di Gaetano Salveti; “Poeti per la pace”, Mazara, 1982. È stata tra le persone più attive e componente del gruppo culturale Mario Gori e per diversi anni ha organizzato e condotto, insieme all’attore Miko Magistro, il recital “L’angolo della Poesia”, in occasione di Ibla Viva, la settimana di manifestazioni dedicata a Ragusa Ibla.
Ha pubblicato: “Dove rimani viva”, Rebellato, Padova, 1968; “La transizione rabbiosa”, Rebellato, Padova, 1972; “Questione di misura”, Il Messaggio, Gela, 1973; “La rivoluzione immaginaria”, Fermenti, Roma, 1974; “La progettazione magmatica”, I manoscritti del Ciclope, Roma, 1981; “Poeti contemporanei della provincia di Ragusa”, Utopia Edizioni, 1987; “Il Poligono circoscritto”, Colombo Cursi Editore, Pisa, 1988, “I fiori, il tempo”, Ed. Il Vertice, Palermo, 1989; “Le favole dei bottoni”, Il Punto politico letterario artistico, Crotone, 1990. L’elenco dei suoi scritti è notevole e potremmo continuare con le citazioni; certo è che la sua attività letteraria è proseguita fino a giungere nel terzo millennio con ulteriori pubblicazioni di poesia, narrativa e saggistica e con l’organizzazione di un importante Convegno nazionale sul tema “Interrogare il Novecento”, che si è tenuto nel novembre 2015 presso il Centro Servizi Culturali di Ragusa
E’ una poesia dai toni critici e polemici e concepita come aggressione vigorosa dei mali del tempo e delle forze ignote della società, quella che Emanuele Schembari, in oltre un cinquantennio di attività letteraria, ha prodotto con passione e vitalità.
Le sue poesie si muovono tra i respiri di una aggrovigliata realtà sociale in cui l’integrazione tra la prassi e le idealità progettuali non trova adeguata corrispondenza; risentono inoltre della chiara cifra culturale dell’autore, acquisita progressivamente attraverso un costante impegno, e della sua sensibilità sociale e politica.
Nella poesia di Schembari si coglie una viva adesione ai dettami della letteratura futurista; e difatti, egli elimina la punteggiatura, dispone il costrutto poetico cosi come nasce, nella assoluta libertà, opponendosi pertanto alla sintassi tradizionale, ritenuta quasi una gabbia che non consente troppi movimenti alla dinamicità del pensiero e alla trasposizione sulla pagina dei fermenti della vita contemporanea.
Dunque una “poesia in libertà” quella di Schembari, che si gioca tutta nella dialettica tra gli impulsi dell’angoscia e il paradosso di una irrazionalità stimolante, che evita passività, rassegnazione, le attese e la stagnazione del pensiero.
Tensione pragmatica e rigore morale
“… si può reagire alla vita soltanto vivendola…”
Cosi recita un verso della prima poesia della raccolta “La progettazione magmatica” (1981), verso che dice il rifiuto e la ribellione di Schembari alla rassegnazione nella vita quotidiana, la quale, per lui, non è estasi, contemplazione fine a se stessa, ascolto dei flussi emozionali dell’anima, ma azione dirompente, irruzione nelle complessità della vicenda umana, superamento dell’immobilismo, dinamismo graffiante, smascheramento delle ipocrisie, della menzogna, denuncia che “applica innesti”.
Carica di questa tensione pragmatica appare “Piazza pulita”, poesia inserita in “La progettazione magmatica” e in cui l’autore si attesta su un modello etico rivoluzionario, l’unico possibile per trasformare la società avvolta nel compromesso e nell’inganno:
“… la distruzione è l’unica alternativa…
… la ruspa deve distruggere dalle fondamenta…”
È, direi, una tesi che informa di sé, spesse volte, l’elaborazione razionale di Schembari e che ritorna con insistenza: “… un segno bisogna lasciarlo adottando soluzioni radicali…”
La severità con cui il poeta provoca all’onestà con se stessi e il rigore morale con il quale aggredisce la sfera del sociale e del politico, costituiscono certamente i criteri ermeneutici che orientano il discorso esistenziale della sua poesia e che fanno da contro altare al “tunnel delle apparenze”, agli “indifferenti tutti in maschera organizzati”, ai “rituali gesti ripetuti da una assurda meccanica nel marcio dei legami corrotti”. (“La progettazione magmatica”, pag. 36). Ma, secondo il poeta, “arriverà il momento di togliersi la maschera e presentarsi con il volto autentico ai bipedi atterriti”. (Idem. pag. 46)
Nell’associazione delle idee e delle immagini e nella provocazione ai cambiamenti trovano poi la loro estrinsecazione i versi di Schembari, i quali innalzano il grido della sua coscienza che non si ripiega su se stessa, ma che si fa azione, denuncia dell’errore e della menzogna stigmatizzando figure e processi comportamentali a livello sociale.
Schembari poeta della prassi
Definirei Schembari un “poeta della prassi”, tanto è intenta la sua poesia a innestare germi di trasformazione e di cambiamento nella convivenza umana; una conferma in tal senso ci viene dalla poesia I poeti, dove c’è quasi il rifiuto di modelli poetici che esaltano invece la contemplazione, i toni elegiaci, le idealità, la riflessione intimistica sui valori e il sentimento come esegesi e assunzione dei drammi dell’umanità.
Schembari, insomma, non è per una poesia che contempli e mediti la realtà ma che piuttosto la trasformi; la sua poesia non è esercizio letterario, ma bisturi che scava nelle oscurità della società in cui viviamo. Il cammino poetico di Emanuele Schembari è in ogni caso, per coerente con la sua concezione dell’uomo, della vita, della storia e della società; il suo grido, le sue sentenze ed ammonizioni, la sua denuncia costituiscono le linee essenziali della sua elaborazione poetica, ruotanti nell’ambito di una fredda e rigorosa razionalità e non affidate alle suggestioni del sentimento; inoltre dicono chiaramente che egli non ha scelto di essere un poeta fuori dal mondo, cioè passivo nella società, ma dinamico, attivo, protagonista e quindi attento agli errori, agli orrori e alle contraddizioni della realtà che ci circonda, da lui trasformati in “poesia ininterrotta” proprio. come afferma Giorgio Barberi Squarotti nella prefazione de “La progettazione magmatica”.
Con il “Poligono Circoscritto”, opera pubblicata nel 1988 dall’editore Colombo Cursi di Pisa, Schembari ci dà le coordinate di un itinerario poetico teso verso la piena maturità e che delinea sempre più le proiezioni concettuali dell’Autore sui processi d’indagine dell’esistenza umana. Il corpus poetico della silloge poggia su quattro filoni tematici (l’esistenza, i ricordi, gli amori, l’impegno) che si integrano poi nell’unità di una problematica articolata e complessa, la quale postula interrogativi, apre spazi di riflessione sociale e filosofica, scuote dal quietismo e dalla passività.
Ed è proprio in questo contesto che oscilla il Poligono circoscritto, il quale non resta indefinito e asettico, ma risulta più volte oggettivato in riflessioni: “… la vita va rarefacendosi assottigliando / il nastro per un registratore senza suoni…” (pag. 9); “… la vita è un’impronta / un mucchio di ricordi trascinati’ per necessità / nell’esistenza sbocconcellata come per scommessa…” (pag. 11); “… la vita è bella perché è folle…” (pag. 12); “… la vita è un sasso / che rotola da un declivio allo scopo di dimenticare…” (pag. 13); “Sprechiamola una volta buona questa vita / anche se non sappiamo di cosa indignarci…” (pag. 15); “… non è la distanza ma la vita che gira e mostra / ogni volta una faccia diversa…” (pag. 22); “… mi rendo conto che viviamo / solo quando la vita ci sembra insopportabile” (pag. 22); “… si resiste alla vita / che incalza con le sue esigenze su percorsi invariati…”
La struttura teleologica della raccolta tende a racchiudere le linee di movimento della vita in una terrestrità non aperta allo spazio dei cieli, dove “unica verità rimane il dubbio”, dove “resta il timore di una realtà opinabile”, “il razionale precipita come in una cascata”, “tutto è usuale nella lotta contro l’oblio”.
Schembari circoscrive tutta la sua versificazione nell’ambito di una razionalità attenta agli eventi della storia; la sua elaborazione poetica ha infatti una forte valenza euristica, ossia una capacità singolare di scoprire con acume la significabilità, le motivazioni, le intenzioni, le contraddizioni e gli errori che tumultuano all’interno degli accadimenti della vita umana. E cosi in questa prospettiva, vediamo che i suoi versi diventano “ragionamenti” che mettono il lettore di fronte ad una sorta di sincretismo poetico ove convergono concetti di una intelligenza critica, attenta e anche polemica, una “sorvegliata liricità”, procedimenti narrativi, strutture argomentative, qualche immagine e costruzione analogica.
Da “Il Poligono circoscritto”
Il Poligono circoscritto
Ora che s’avvicina il tempo dei bilanci
al declinare di passioni e di prospettive
tutti i ricordi diventano fantasmi
e svolazzano come lenzuola stese al sole
agitando le ali raffiorano i volti
che si confondono nei tempi e negli spazi
la Vita va rarefacendosi assottigliando
il nastro per un registratore senza suoni
resta il timore di una realtà opinabile
una traccia di esistenza dai labili indizi
una macchia verdastra sul quaderno dei resoconti
il soffio di un sogno dimenticato
si fa presto a parlare di attività collettiva
se la tarantola della memoria si arrampica
su un muro bianco inseguendo risposte
si accorcia lo spazio tra le attese e l’arrivo
in un gioco ripetuto che si conclude
quando le forme non avranno forma
e la speranza sarà un poligono circoscritto.
Il Compromesso
Abituati al compromesso quotidiano viviamo da servi
il meccanismo del sistema avvolge per sopravvivere
programma pratico per aumentare convenienze
assediati su case sovraccariche si resiste alla vita
che incalza con le sue esigenze su percorsi invariati
è questione di prezzo quando c’è chi paga
promesse a moneta sonante sono i pochi a decidere
i vantaggi sono distribuiti l’importante è servire.
Da “La progettazione magmatica”
Piazza pulita
non possiamo rischiare che resti
una sola impalcatura marcia piazza pulita
compromessi umilianti bruciati in un falò
all’aria aperta pagando sempre in contanti
coatte le dissociazioni emotive sublimiamo
inibizioni frustranti il codice si chiarisce
per noi depressi schizotimici la distruzione
è l’unica alternativa la casa che esplode
in centinaia di riprese al rallentatore
partita a tennis senza palla blow up
guardando alternativamente il volo del nulla