I dati raccolti dal sindacato prendono in esame il periodo di coltivazione pozzi in terraferma che va dal 2009 fino a tutto il 2016. Nell’ultimo biennio, più che dimezzata la produzione del petrolio degli Iblei per le concessioni minerarie di Irminio, Ragusa e S. Anna (Tresauro).
Alcuni fattori determinanti, ma non esclusivi, che hanno contribuito all’indebolimento delle estrazioni –comunica la UIL- «sono stati il brusco calo del prezzo del petrolio -da 111/$ al barile nel 2012 ai 43/$ medi del 2016, che ha stoppato, di fatto, gli investimenti (inclusa manutenzione straordinaria pozzi) da parte delle società dell’oil and gas operanti in provincia- e lo sfruttamento dei giacimenti ai limiti della loro capacità mineraria. A Ragusa si è passati dalla “coltivazione” lenta dei giacimenti a uno “sfruttamento” vero e proprio delle estrazioni, mutuando gli incisi dalla terminologia intima del settore minerario. Parliamo della concessione S. Anna, sopra tutte, meglio conosciuta come Tresauro, gestita da Enimed in compartecipazione con Edison e Irminio. Le best practice operative di Eni, riconosciute e consolidate in tutti i campi di estrazione, si sono scontrate, forse, con la necessità, anche dei soci, di un ritorno brevissimo sugli investimenti? Fatto sta che il piede sull’acceleratore delle produzioni di petrolio per quella concessione è stato fin troppo pesante. Non vorremmo che la risorsa mineraria fosse stata seriamente compromessa. Se così fosse, la regola aurea del “buon governo” dei giacimenti che fine avrebbe fatto?
Il risultato è che Tresauro (3 pozzi produttivi, in attività) dimezza le tonnellate di olio estratto nel giro di due anni. Da 505.000 tonnellate del 2014 a 235.000 tonnellate nel 2016. Non scordiamo che, nel 2014, le produzioni della concessione S. Anna erano seconde solo a quelle del centro oli di Viggiano in Basilicata. Oggi, invece, Ragusa scende al terzo posto, poiché Gela, nonostante tutto, mantiene quasi inalterati i numeri di produzione.
Diverso il discorso per le concessioni Ragusa e Irminio, in declino produttivo, principalmente, per il blocco delle spese, da parte dei rispettivi gestori (Enimed e Irminio), sugli interventi di manutenzione programmata, dato, anche, un prezzo medio del barile troppo basso negli ultimi 24 mesi, rischioso per qualsiasi forma d’investimento nel settore».
I pozzi dell’Irminio passano, infatti, secondo le stime della Uiltec, dalle 50.000 tonnellate prodotte nel 2009 alle 6.000 (solo 1 pozzo in attività) del 2016. Stessa sorte per il giacimento Ragusa: da 70.000 Tons a poco più di 10.000 (solo 3 pozzi attivi, fermi 10) nello stesso periodo di riferimento. In otto anni, limitatamente a queste due concessioni minerarie, sono andate perdute, complessivamente, 100.000 tonnellate di petrolio ragusano. Per non parlare dei ricavi: se nel 2014 in provincia di Ragusa il petrolio di terraferma, complessivamente, valeva quasi 400 milioni di euro, oggi ne peserà solo ottanta (Milioni). Euro più, euro meno. Produzioni in caduta libera, prezzo del greggio ai minimi storici, perdita complessiva di ricchezza per le risorse minerarie estratte nel nostro territorio.
Eni e Assomineraria siglano nel 2014 con la regione Sicilia un patto per il petrolio che prevedeva investimenti, in quattro anni, pari a 2,4 miliardi «valorizzando anche progetti già autorizzati e per la creazione di 7 mila posti di lavoro».
Son trascorsi già trenta mesi dalla firma del protocollo -commenta Giuseppe Scarpata, segretario territoriale Uiltec- niente e nulla, però, ad oggi, s’è mosso nel circo dell’oro nero isolano, ragusano. Alle difficoltà incontrate dai players dell’estrazione e produzione nell’ottenimento delle autorizzazioni a livello amministrativo territoriale, s’è dovuto aggiungere anche il crollo verticale del prezzo del greggio che, negli ultimi due anni e con un pareggio di bilancio tarato sui vecchi corsi del Brent, non avrebbe giustificato, in alcun modo, la spesa per gli investimenti. Dunque, barili fermi a Ragusa e un po’ dappertutto. A una ridottissima produzione del 2016, rilevata solo dagli addetti ai lavori –conclude il sindacalista- corrisponderà, certamente, un pagamento royalties più che smezzato rispetto al 2015. E di questo, nel concreto, la città di Ragusa se ne accorgerà ben presto.