Nel ricordare i 110 anni dalla nascita di Vitaliano Brancati, (nasce a Pachino il 24 luglio 1907), vogliamo mettere in rilievo i rapporti che lo scrittore ebbe con la città di Modica.
Sicuramente l’ex capitale della Contea ha suscitato sempre forte attrazione e suggestioni emotive nella maggior parte degli scrittori, degli artisti, degli amanti della fotografia, di registi del cinema, di coloro i quali, artisti o no, l’hanno visitata e conosciuta. Il suo habitat paesaggistico, le sue espressioni artistico – monumentali, la sinfonia e geometria dei luoghi, dei vicoli,
dei palazzi, delle chiese e delle sue colline, hanno rappresentato l’oggetto di una immersione letteraria, pittorica, artistica, cinematografica capace di riportare sempre alla luce il fascino di una città ricca di storia e di cultura.
Se Sciascia e Bufalino, tanto per citare scrittori già noti, hanno cantato le bellezze di Modica soltanto a seguito di una saltuaria presenza in essa e ad una acquisita conoscenza della sua dinamica evolutiva, Vitaliano Brancati, – che a Modica visse quasi dieci anni della sua vita, dal 1910 al 1920, – rappresenta sicuramente una delle voci più autorevoli e significative della Letteratura del Novecento, ove l’approccio con la città della Contea risulta attraversato da un “magma interiore ed affettivo” fortemente rilevante.
Vogliamo ricordare Vitaliano Brancati attraverso la pubblicazione di un volume curato da Giorgio Buscema, giornalista-scrittore modicano scomparso qualche anno fa, dal titolo “Vitaliano Brancati e Modica”, pubblicato dall’Editrice Itinerarium nel 2008 con il patrocinio del Lions Club di Modica.
Il libro ha una configurazione semantica chiara e lineare. Il curatore, infatti, risulta mosso dal desiderio di ricostruire, attraverso testi narrativi di Brancati, testimonianze, articoli e documenti, foto e materiali vari, la “dimensione relazionale” tra lo scrittore pachinese e Modica, facendo emergere le connotazioni essenziali di un processo affettivo divenuto “letteratura e cinema” .
Scorrendo infatti le pagine del libro, si può avere, ad esempio, il piacere di leggere le testimonianze di alcuni personaggi del film “Anni difficili”, uscito nel 1948, e tratto dal racconto di Brancati “Il vecchio con gli stivali”, pubblicato nel 1944; testimonianze come quelle di Massimo Girotti e dello stesso regista del film Luigi Zampa, nonché di modicani con il ruolo di semplice comparsa, come il professore Alfredo Garofalo, reclutato per assumere il ruolo di un militare tedesco, e il rag. Raffaele Di Maria, che prese parte ad una scena ripresa nei locali della Società Operaia.
Il legame affettivo di Brancati con la città di Modica ha, in qualche modo, segnato la vita di questo grande scrittore. E la scelta di Modica quale location del film “Anni difficili” si colloca proprio nella prospettiva di questa relazionalità mai dimenticata; non appare un caso, infatti, se proprio all’inizio del film risalta con forte evidenza la casa del protagonista Piscitello; casa descritta e osservata per quella che è nelle sue dimensioni: anzitutto nella cucina, larga e spaziosa, ove si svolge la quotidianità della famiglia sin dalle prime ore del mattino; poi nel terrazzo, trasformato da Rosina in un angolo per allevare i polli e utilizzato per accedere al cesso, conteso dai maschi di casa: Aldo, dai suoi piccoli figli, dal vecchio padre di Aldo.
In questo frammento cinematografico c’è la riproduzione di uno spaccato della famiglia modicana, giocato sul valore della casa quale “focolare sicuro” e “centro di vita” in cui si concentrava tutta l’esperienza familiare: dal raccoglimento al calore affettivo, dalla preghiera al lavoro.
Dalla ricostruzione del volume di Buscema emergono, come in un mosaico, le angolazioni scrittorie di Brancati, specialmente del romanzo “L’amico del vincitore”(1932), ove Moduca, – così la chiama – “città della Sicilia, nella quale i giovani del paese si recavano per compiere gli studi”, viene osservata nelle sue articolazioni paesaggistiche.
Particolare risalto, in “L’amico del vincitore”, viene dato infatti da Brancati allo scenario architettonico di Modica , descritto “nelle sue forme oblique di montagne”, nell’ombra e lumini di finestre vicino alle stelle”, stratificato nelle sue “casette, stradette, ponticelli”, ammirato dal balcone di una finestra e sovrastato dalla collina di Monserrato che “subito dopo il tramonto, non era più un monte, ma una caligine verde di cielo, simile a una vegetazione nuvolosa in fondo al mare tranquillo..”
E il quadro diegetico e narrativo brancatiano si arricchisce ancor di più di atmosfere liriche e toni suadenti, che lasciano tralucere un calore affettivo denso di forza interiore, quando nel suo romanzo indugia più volte sulla Chiesa di San Giorgio, fotografata ora “con puntini di donne sulle scalinate: le devote mattiniere che andavano alla Messa dell’alba”; ora mentre durante il crepuscolo “le nuvole venivano a fare giuochi di luce, concentrando il folgorare del sole sulla cupola…., che, per un momento, esisteva essa sola, nel deserto dell’ombra”.
La Chiesa di San Giorgio diventa, in Brancati, il simbolo della vita, della rinascita accompagnata dal crepuscolo primaverile, il “luogo della ripresa” dei sentimenti, del riscatto dalla quotidianità, il centro di una significazione esistenziale connotata di accenti emozionali vivi e vivificanti: “Le porte e le finestre erano tutte aperte e la cupola di San Giorgio, che una volta pareva guardasse lontano, nei luoghi ove si svolgeva la guerra, ora diceva: Non vedo nulla. Laggiù, non accade nulla. Pensiamo alle nostre belle vie e ai nostri ponti, e ai colli che sono fioriti..”
Vitaliano Brancati, dunque, vive il suo rapporto con la città di Modica in modo intenso e fortemente connotato da rintocchi affettivi e memoriali; egli, infatti, trasporta nella sua narrazione le luci e le ombre inquietanti del Sud, di questo particolare lembo di Sicilia, del quale fa risaltare la “pulsione barocca” che si sprigiona dalla forza delle pietre e del paesaggio.
Brancati è stato uno dei primi scrittori del ‘900 a portare la città di Modica al centro della grande letteratura cinematografica, e a dare testimonianza, altresì, del suo impegno sociale e civile attraverso il personaggio di Anni difficili , Aldo Piscitello , il quale, nella Modica degli anni ’40, appare come un antieroe, un uomo che interpreta, con senso umoristico e toni satirici, successi e sconfitte, destreggiandosi all’interno del vento del fascismo e della democrazia.
Se Modica ha suscitato un fascino nel “cuore di ragazzo” di Brancati, da indurlo a sceglierla come luogo di ambientazione della sua prima esperienza narrativa, questo è il segno che la città iblea ha avuto da sempre tutte le connotazioni per risultare “scenario naturale” della riflessione narrativa e della cinematografia.
Modica nella visione dello scrittore pachinese è rimasta sicuramente una “gemma risplendente di luce”, una città stupenda adagiata nella valle, sorvegliata da colline, superba nel suo splendore barocco, svettante tra vicoli, viuzze, scale e scalini; viva nelle sue ansie culturali, artistiche, forte nelle ambizioni dei suoi figli e nelle loro affermazioni.
Modica e Brancati: una “mutua relazione” divenuta, dunque, letteratura e rappresentazione cinematografica, “lezione ironica ed umoristica” consumata all’interno di un viaggio attraverso il fascismo. Modica e Brancati: una reciprocità affettiva sostanziatasi in “narrazione” di luoghi baciati dal sole e sovrastati dall’armonia di colline come il Pizzo, l’Idria, ( che sembrano avere assunto il ruolo di custodi e testimoni silenziosi del cammino della città, costellato di fatiche e di passioni) e , in particolare, Monserrato, di cui Vitaliano Brancati è riuscito a cogliere la poesia e l’incanto come in una mitica fiaba, e a percepirne lo sguardo mentre sembra parlare ora d’amore, ora d’amicizia, ora di sofferenza ora di nostalgia di quel mondo semplice e genuino dei nostri padri, che incarnavano i valori etici essenziali di una civiltà patriarcale rimasta indelebile nella memoria.