Lo scorso 23 gennaio a Modica, a seguito di un’ alluvione, ci sono stati ingenti danni a Modica, che hanno portato alla ribalta il problema conosciuto da tempo del dissesto idrogeologico nel territorio, problema presente in maniera più o meno evidente in tutta la Sicilia, sia a causa di una naturale morfologia del territorio siciliano sia a causa di scelte urbanistiche passate non adeguate, vedi le abitazioni o i locali commerciali sorti in prossimità di alvei fluviali o, tanto peggio, all’interno di essi. Nel comune di Modica, addirittura, in passato si è scelto di cementificare il fondovalle procedendo alla sua tombatura, intervento che oggi, non sarebbe più possibile (D.Lgs 152/2006 smi).
Tralasciando l’analisi dei cambiamenti provocati dalla cementificazione e tombatura dell’alveo nell’assetto idrogeologico del territorio, appare di estrema urgenza, trattare l’argomento in maniera scientifica, predisponendo la ricognizione dell’intero territorio comunale orientata a predisporre un piano di prevenzione che individui, i punti caldi (cosiddetti colli di bottiglia), all’interno dei quali valutare il livello di rischio di danni a cose e persone con la conseguente predisposizione dei necessari progetti di consolidamento idrogeologico.
Volendo entrare, seppure rapidamente sulla natura dei progetti di consolidamento accennati occorre evidenziare che le cause d’instabilità di un versante che portano al dissesto idrogeologico possono essere naturali e antropiche. Le precipitazioni brevi e intense e quelle eccezionali o prolungate sono i fattori naturali più importanti per l’innesco dei fenomeni d’instabilità dei versanti.
I fattori antropici che assumono un ruolo sempre più determinante si manifestano sia con azioni dirette, quali tagli stradali, scavi, sovraccarichi, che con azioni indirette quali la mancata manutenzione di opere di difesa o un’agricoltura non realizzata secondo le buone pratiche agricole.
Occorre predisporre uno studio multidisciplinare del territorio che analizzi lo stato di fatto e preveda una serie di interventi che risolvano il problema del dissesto idrogeologico in maniera definitiva, partendo dall’assunto che i dati pluviometrici disponibili presi come riferimento per il calcolo delle portate massime non danno certezze assolute sulla dimensione degli eventi calamitosi perché i cambiamenti climatici (global warming), ormai noti a livello mondiale, hanno concentrato le precipitazioni, che adesso assumono sempre più frequentemente caratteristiche di vere e proprie “bombe d’acqua”.
Pur essendo necessario e logico agire nel punto di rottura, è del tutto evidente che gli interventi in esso non risolvono il problema in quanto la forza dirompente dell’acqua attraversato quell’argine continuerà la corsa acquistando sempre più energia e velocità e troverà, di sicuro più a valle un altro collo di bottiglia dove andare a far danno, per cui questa metodologia di intervento si limita a riparare il punto di esondazione spostando il problema più a valle.
In questo quadro diviene basilare intervenire sull’intero bacino con un progetto che si pone l’obiettivo di ridurre la quantità di acqua che scorre superficialmente tramite delle azioni combinate che abbiano la duplice funzione, da un lato di aumentare la superficie assorbente e dall’altro di ridurre la velocità dell’acqua.
Il progetto di consolidamento di un bacino fluviale prevede la definizione di un quadro di riferimento che prenda in considerazione, le zone prioritarie di intervento; le azioni previste ed i benefici attesi.
Gli obiettivi tendenziali per le aree agricole e forestali,riguardano soprattutto la protezione del territorio e la riduzione del dissesto idrogeologico. Gli interventi a carattere estensivo, finalizzati alla riduzione dell’erosione del suolo e dei fenomeni franosi superficiali, sono legati sia all’aumento dei tempi di corrivazione (tempo che occorre alla generica goccia di pioggia caduta nel punto idraulicamente più lontano a raggiungere la sezione di chiusura del bacino in esame), che alla riduzione della quantità di sedimento immessa nel reticolo idrografico.
La limitazione del dissesto idrogeologico è strettamente legata alla conservazione della risorsa suolo e quindi al mantenimento delle superfici coltivate.
La riduzione dell’erosione e della perdita di sostanza organica provoca il miglioramento della fertilità dei suoli, inoltre le azioni combinate di riqualificazione degli ecosistemi degradati, potenziamento dei corridoi ecologici (zone di collegamento fra aree ad alta naturalità), degli ecotoni (zone di transizione fra ecosistemi che migliorano la biodiversità e i servizi ecosistemici), ed infine il mantenimento della copertura forestale in buono stato di efficienza ecologica con un conseguente aumento dell’efficacia dei boschi sul controllo dell’idrologia superficiale e dell’erosione dei versanti agisce fortemente sulla stabilità del suolo.
All’interno dei diversi bacini individuati nel territorio modicano si evidenziano 4 ambiti territoriali principali con caratteristiche peculiari relativamente ai fenomeni di dissesto presenti; i seminativi e pascoli, le aree terrazzate, le colture permanenti non terrazzate ed infine i boschi.
Per ciascun ambito territoriale, un progetto deve prevedere interventi, di tipo estensivo, finalizzati alla manutenzione della rete di drenaggio superficiale in aree agricole (fossi, solchi); alla stabilizzazione superficiale e protezione dall’erosione dei pendii; alla riforestazione e gestione del bosco e protezione dagli incendi boschivi ed alla manutenzione e ripristino dei terrazzamenti agricoli.
Non è affatto da sottovalutare che un ulteriore effetto virtuoso delle azioni descritte è quello della riduzione delle emissioni di gas serra e quindi della mitigazione dei cambiamenti climatici mediante l’aumento di assorbimento di CO2.
Il presente articolo ed il grado di approfondimento esula dalla trattazione dettagliata degli interventi che andrebbero esaminati con dettaglio di progetto e sarebbero quindi immediatamente esecutivi, si pone altresì l’obiettivo di voler dare una traccia da seguire per eventuali impostazioni progettuali.
Dario Modica
Analista ambientale