IN PUNTA DI LIBRO…di Domenico Pisana. L’ultimo libro di Marcello Veneziani “Alla luce del mito”: il mito come fondamento, visione dell’esistenza e “forza di cambiamento”

foto copertina alla luce del mito

Lo scrittore pugliese Marcello Veneziani è sicuramente tra gli intellettuali più interessanti del panorama culturale italiano, una voce spesso fuori dal coro, la cui libertà di pensiero rimane sempre un “quid” apprezzabile ed encomiabile. Si è occupato di filosofia politica scrivendo vari saggi per Mondadori, Laterza, ed ora è di qualche mese l’uscita del suo ultimo libro, “Alla luce del mito”, Marsilio, 2017, ove l’autore affronta il tema del mito in modo singolare e originale, operando una sorta di circolarità ermeneutica tra gli antichi miti classici e la contemporaneità colta nelle sue articolazioni sostanziali e problematiche.
L’autore guarda al mito come ad un “bisogno dell’anima”, inserendolo in una prospettiva soteriologica: il mito – secondo Veneziani – ha la possibilità di salvare l’uomo della post modernità , in quanto non è una mera illusione o un semplice frutto della fantasia, ma un’intuizione, un entrare nella dimensione della verità dell’ “oltre” ove scorgere il bello del mondo.

Il mito – scrive l’autore – “non è un pensiero fondato sul calcolo e sul tornaconto, non è pensiero utile e conveniente, ma gratuito, essenziale, rivolto al bello, radicato nella tradizione, nella ripetizione e nel rito ma aperto all’inaudito, all’eccezionale, al miracoloso, mirato all’Essere, di cui il divenire è una vicenda interna”.
Il mito, insomma, per Veneziani riporta l’uomo alle origini di se stesso, lo inquieta ponendogli domande del tipo: perché nessuna cultura riesce a fare a meno dei miti? Perché alcuni miti mantengono ancora oggi la loro validità? L’autore parla di mito come strumento di “ri-fondazione” dell’esistenza e della società, ne fa un racconto con il quale occorre confrontarsi, atteso che esso narra fatti fuori dal tempo, e proprio per questo costituisce una sorta di osservatorio in grado di capire, spiegare e interpretare gli accadimenti che avvengono nel nostro tempo, siano essi politici, sociali, economici, religiosi, culturali.
Per Marcello Veneziani nonostante la cultura occidentale e post moderna abbia defenestrato i miti classici per dare spazio allo sviluppo della tecnica e della scienza, accade che oggi la storia, la politica, la società, la scienza e le culture si sono costruite altri miti: cosa sono, infatti, gli idoli di oggi se non surrogati dei vecchi miti?
E se gli idoli di oggi, che spaziano dall’avere al potere al sapere, finiscono per costruire quella che l’autore definisce “la vita piccola”, il mito, al contrario, aiuta a costruire “la vita grande”, aiuta a pensar grande: “La prima vita – scrive Veneziani – è quella che accade anche senza volerlo, la vita spontanea, quotidiana e ordinaria, immersa nel fluire delle cose e dei fatti, che si perde nella vita e poi nella morte. La seconda è la vita che si sporge oltre se stessa fino all’invisibile, la vita che pensa e che sogna; è cosciente di sé, ha una visione, coglie un disegno e si protende oltre la morte. Una si spande nel mondo e si spende nel tempo, l’altra cura di mettere in salvo. Le due vite scorrono quasi parallele ma talvolta, come accade negli scambi ai binari, s’intrecciano, stridono e perfino si urtano. Una può dirsi ‘la vita piccola’, l’altra ‘la vita grande’. La prima ha limitati orizzonti, rinchiusa nella gabbia dei giorni e dell’ego. La seconda è la vita del mito e del pensar grande”.
Quel che piace di questo libro è la sua “de-filosofizzazione” del mito, nel senso che evidenzia come esso non sia solo un tema filosofico, teologico ed accademico, ma un fenomeno culturale complesso, una narrazione che ricorre al linguaggio simbolico dei miti perché la nostra epoca si riappropri degli elementi fondativi della sua esistenza.
Se è vero che il mito racconta da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo, è altresì vero che, secondo Veneziani, queste domande rimangono inalterate ancora oggi; la sua tesi di guardare il mondo di oggi con gli occhi del mito è un messaggio forte che trova la sua verità nel fatto che i miti – e gli eroi – costituiscono la necessità permanente dell’umanità di andare oltre la terrestrità proiettandosi in una dimensione superiore, in una vita più grande, in un racconto di fondazione. Se la scienza con i suoi mezzi tecnici mira a modificare il mondo, a scientizzare quasi tutta la realtà, rubando l’anima all’uomo, fino a manipolarla con le sue “mani” , il mito per Veneziani sono gli occhi, quegli occhi che riescono ad intercettare “l’immagine riflessa della verità” , che fungono quasi da “ facoltà d’intuizione” che ha le sue radici negli strati più profondi dell’anima, una facoltà capace di afferrare intuitivamente le realtà invisibili, anzi trascendenti; insomma con gli occhi del mito l’uomo ha la possibilità di ricercare la “verità dell’interpretazione metafisica” che tende a ricostruire le fondamenta di una società dove gli idoli e i suoi surrogati hanno fatto piazza pulita di ogni dimensione valoriale, spirituale e ultraterrena.
Un viaggio, dunque, quello di Veneziani alla ricerca di una dimensione esistenziale superiore e con in mano la bussola del ‘mitopensiero’ e degli spazi di senso e di significato che possono irradiare raggi di bellezza sul nostro tempo.
Questo libro è un invito a purificare il mito della sua dimensione meramente fantastica, e a guardarlo, invece, come una forza di novità per il nostro tempo, perché fa scoprire altri orizzonti, rivela – direbbe Eliade – “un’ontologia dell’essere” aiutando l’uomo a raggiungere una conoscenza completa e coerente che conduce alla scoperta della propria natura, tant’è che l’autore così si esprime: “Il pensiero mitico non è poi astratto ma intriso nel mondo, è un geo-pensiero che occhieggia nei luoghi e riconosce il genius loci. Il pensiero mitico si esprime quindi con la parola che si traduce in immagine e in metafora, ma non si esaurisce nel linguaggio delle parole, perché si esprime anche nel silenzio e nel canto, nella musica, nella danza e nel gesto, nel disegno e nella pittura, nel video e negli ologrammi. Il pensiero mitico non si rivolge solo alla mente ma ha come suo destinatario i cuori intelligenti, le anime pensanti, le intelligenze visionarie, cioè capaci di dotare la ragione di occhi lungimiranti.
E ancora. Il pensiero mitico non esclude dai suoi orizzonti la fede e la mistica, il miracolo e la magia, il presagio e la profezia, il sentimento e la commozione, il carisma e il simbolo”.
Il libro di Marcello Veneziani tende insomma a leggere il mito come forza di cambiamento, “qui ed oggi”, nel cuore dell’uomo, un mito in grado di salvarci dalla generale percezione di decadenza che avvertiamo nel nostro tempo a causa di un ribaltamento del rapporto tra cielo e terra: se l’uomo continua a rubare ancora il fuoco agli dei, come Prometeo nella mitologia greca, il rischio è che l’uomo tende a separarsi ancor più da Dio e in un’epoca che non crede nel mito, ma è “gremita di miti e fabbriche di mitologia, non riusciamo a sognare e non riusciamo a vivere la realtà”.
Questo saggio di Marcello Veneziani, che potrebbe apparire un salto nel vuoto, nel nulla, nell’irrazionale e una “fuga mundi”, in realtà è una scommessa antropocentrica, perché punta sull’agire dell’uomo, la cui prassi ha senso e possibilità di successo solo se si fonda sulla “ripetizione” dell’impresa originaria e sulla sua “memoria”; certo, “il mito – scrive l’autore – non ripara dal pensiero della morte, non offre soluzioni né panacee; può confortare, dona cerimonie d’addio, riti di purificazione e di propiziazione, ma non riesce a dire nulla al di là della soglia. Racconta, esplora, consola, rende concepibile la morte, rasserena il passaggio finale con amor fati, lo inserisce nel flusso perenne di nascite e morti, tramonti e rinascite; insegna che il mondo non nacque con noi e non finirà con noi, siamo solo un punto, un episodio, una vicenda minuta del cosmo. E la morte nostra non è la fine del mondo. Ma nulla può dirci, può darci per sciogliere il mistero. La morte – prosegue l’autore – è la verità da cui non si sfugge e che non si può dire; il mito può dotare di un viatico, un rituale, un abito cònsono per affrontarle ambedue. Ma non trattiene, non risolve l’enigma, non spiega la morte e il destino che segue. Racconta, racconta, ti riempie gli ultimi sguardi di ardite visioni e ti tiene la mano al passaggio…”
Con un linguaggio straordinario, comunicativo, affabulante ed uno stile quasi parlato, questo libro raggiunge davvero la mente e il cuore del lettore, e li raggiunge non per convincerlo ma per lasciare domande, per aprire riflessioni sul fatto che di miti si può vivere, che il mito può invertire la decadenza, e che “La via d’uscita, facile a dirsi e ardua a realizzarsi, è restituire i sogni alla notte e la veglia al giorno, ridare il cielo agli dei e la terra agli uomini, ripristinando il duplice bisogno di miti e di realtà che ci rende uomini; collocati però nel loro giusto topos e kairos, mai scambiandoli di posto e di momento”.
Un libro che è sicuramente da leggere e meditare!

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