Fiom Cgil Ragusa. Violenza sulle donne. Recuperare il terreno perduto e puntare alla formazione. Dal convegno spunti per costruire una strategia futura

Firrincieli,Seminara,Maiorana e Rosy Scollo

Il fenomeno criminale e sociale della violenza sulle donne hanno origine antiche. Si lega alla genesi della famiglia patriarcale ed è diventato strutturale nella società di oggi che conta, su base annua, cento femminicidi sparsi con percentuali diverse in tutto territorio nazionale.

Il mondo del lavoro non è esente o immune da questa piaga tragica. La violenza non è solo fisica ma è anche verbale, psicologica con comportamenti subdoli da parte dell’uomo; quell’uomo che ha inventato la fabbrica e valuta che quel luogo di lavoro sia un suo spazio esclusivo con le donne quindi che si ritagliano, anche per loro responsabilità, un ruolo marginale e non decisivo.
Questi sono gli elementi che sono emersi nel corso dell’interessante dibattito sviluppatasi nel corso del convegno “Gli uomini non piangono – le gabbie dell’identità di genere” tenutosi ieri nell’Auditorium Santa Teresa a Ragusa Ibla e organizzato dalla Fiom Cgil di Ragusa, dalla Cgil di Ragusa e dalla Fiom Cgil Sicilia.
Ha introdotto i lavori il segretario generale della Fiom Cgil di Ragusa, Francesco Maltese, che ha fornito alcuni spunti di discussione partendo dall’assunto che il lavoro oggi viene valutato come un costo e non come una prestazione sorretto da diritti che riguardano uomini e donne; donne che sono meglio disposte parlare sui temi sulla violenza di ogni tipo che subiscono negli ambienti di lavoro.
Necessario dunque fare rete per una migliore consapevolezza del problema. Ma guardando avanti sarebbe necessario e utile un coinvolgimento delle scuole perché e da lì che bisogna iniziare a creare una coscienza su un fenomeno inarrestabile.
Gli uomini si interrogano sulla questione? A Palermo opera un’associazione “Noi uomini a Palermo contro la violenza sulle donne”. Francesco Seminara, che ne è autorevole esponente, ha illustrato la ratio e gli obiettivi che muovono l’associazione essendo l’uomo protagonista della violenza. Raccontando le sue esperienze e il lavoro continuo fatto nelle scuole, valuta importante modelli di comportamento alternativi al fine di evitare l’esercizio della violenza sulle donne. Quest’atteggiamento è raccontato anche attraverso una mostra fotografica che ne indica alcune esperienze.
E in tema di racconto molto toccante quello di Serena Maiorana autrice del libro “Quello che resta. Storia di Stefania Noce”. La storia di una giovane militante di sinistra, da sempre in prima linea per i diritti delle donne e morta di femminicidio nel 2011.
Il racconto che ne è venuto fuori è anche la storia delle donne in Italia, dove il maschilismo è una realtà culturale ancora ingombrante e vergognosa.
Spunti interessanti sono emersi nel corso del dibattito grazie alle domande puntuali e attuali della moderatrice, Valeria Firrincieli, che ha interloquito con i relatori mettendo in luce i molteplici aspetti della questione.
E’ ancora vulgata ricorrente che le donne occupano posti di lavoro che sono degli uomini: ciò rende non fondamentale il lavoro delle donne, come ha sottolineato Rosy Scollo, dirigente Fiom Cgil Sicilia, tant’è che la fabbrica è ancora a misura d’uomo e le donne ne piangono le conseguenze.
Basta pensare alla maternità, al periodo di congedo postparto e ai disagi presenti alla ripresa del lavoro; una patina di ghettizzazione avvolge la condizione delle donne in fabbrica e lo si nota da subito dal tipo di linguaggio e quindi dalla comunicazione usata dagli uomini.
Nel fenomeno violenza delle donne c’è un po’ la complicità delle stesse donne. Mimma Argurio, segretario regionale della Cgil Sicilia, non pone dubbi su questo. Non c’è un scatto di orgoglio, una rivendicazione nei momenti in cui le donne devono decidere il loro destino negli ambienti di lavoro. Insomma non è la parità al centro del bisogno più di quanto non lo possano essere le pari opportunità che sono il vero traguardo da raggiungere nell’organizzazione del lavoro.
Necessario quindi un percorso di formazione anche all’interno della Cgil per uomini e donne utile a modificare una mentalità che purtroppo insiste anche nel sindacato. E devono essere proprio le donne della Cgil ad avviare questo percorso e a farsene protagoniste.
Il sindacato dunque, sostiene Daniela Pappalardo, componente della segretaria provinciale della Fiom di Ragusa, deve coprire in questo senso un ruolo che è della politica. I vari comparti della Cgil devono mettere in rete un sistema di comportamento unico e su questo, attraverso un progetto didattico, coinvolgere le scuole e le giovani generazioni.
E sulla formazione la Cgil di Ragusa ha già iniziato a investire. Peppe Scifo, segretario generale della Cgil di Ragusa, ha ricordato il cortometraggio prodotto proprio dalla Cgil di Ragusa, “Le mani dell’Amore” per la regia di Andrea Traina tratto dalla “Notte della Gelosia” racconto dal libro “Amore Rubato” di Dacia Maraini.
Quel corto, riproposto ieri, proiettato al Cinema Lumiere di Ragusa in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il 28 novembre 2016, ha come protagonisti alcuni studenti del Liceo Scientifico “E.Fermi” di Ragusa. Questo secondo Peppe Scifo ha voluto essere un efficace strumento di consapevolezza sul tema che interpreta in modo innovativo e socialmente utile il rapporto Scuola-Lavoro per altri versi svilito con esperienze che non hanno colto il senso dell’iniziativa legislativa, dove emergono limiti procedurali e di metodo.
Sulla questione violenza questa provincia ha vissuto la tragica esperienza delle coltivatrici romene cui la cronaca nazionale si è spesso occupata che è l’epigono di un comportamento medioevale da parte del padrone che considera il lavoratore una merce da sfruttare anche nell’intimità.
I lavori del convegno sono stati conclusi dalla segretaria nazionale Fiom Cgil, Michela Spera, che ha posto alcune questioni reali: la donna che non ha reddito e quindi non lavora è facilmente vittima della violenza degli uomini da ciò la necessità di potenziare i centri antiviolenza e rispetto a questo il ruolo del sindacato è fondamentale. Lo è ancora di più negli ambienti di lavoro vigilando sull’applicazione della legge 194 (gestione dei consultori, interruzione volontaria della gravidanza) che continua a subire attacchi e scarsa applicazione. Altra attenzione bisogna porre ai fondi europei, con trasferimenti poco trasparenti, destinati alle case protette e a tutte quelle misure che in qualche modo dovrebbero dare dignità alle donne in particolari situazioni di criticità.
Bisogna mettere al centro i temi degli orari di vita rispetto a quelli del lavoro delle donne e la Cgil deve farsi carico di questa esigenza anche per tutelare le generazioni future che non debbono sopportare i guasti determinati da misure che non garantiscono nei fatti la pari opportunità.

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