Riformata dalla Corte d’Appello di Catania la sentenza di primo grado del processo sui cosiddetti cani killer di Punta Pisciotto a Sampieri, quelli che, tra l’altro, sbranarono e uccisero il piccolo Giuseppe Brafa di Modica. Ridotta la condanna all’ex sindaco di Scicli, Giovanni Ventincinque, difeso dall’avvocato Giovanni Riccotti La Rocca. In primo grado era stato condannato a sei anni e due mesi di reclusione. In Appello è stato condannato a cinque anni e nove mesi. Confermata, invece, la sentenza nei confronti dell’anziano proprietario dei cani, Virgilioo Giglio, difeso dall’avvocato Francesco Riccotti, a quattro anni e sei mesi di reclusione.
La notizia che fa clamore, però, riguarda i tre veterinari dell’Asp 7, Antonino Avola, Roberto Turlà e Saverio Agosta, difesi dagli avvocati Enrico Platania e Fabio Borrometi, che in primo grado erano stati assolti ma che a Catania sono stati condannati a cinque anni e un mese di reclusione. Per i tre anche la condanna a pagare una provvisionale di oltre 700 mila euro alle parti civili, e l’interzione perpetua dai pubblici uffici. Il processo è scaturito dai drammatici del 13 marzo 2009 tra contrada Pisciotto e la spiaggia di Sampieri. Il territorio ibleo balzò alle cronache nazionali ed estere per il bimbo modicano di 10 anni Giuseppe Brafa sbranato vivo mentre pedalava in bici da un branco di randagi, gli stessi che qualche giorno dopo avevano attaccato anche una ragazza che faceva jogging di buon mattino sulla spiaggia di Sampieri, sfregiandole il viso e lasciandole ferite di cui ancora oggi porta le cicatrici. Giovanni Venticinque, Virgilio Giglio e il comune di Scicli erano stati condannati dal Tribunale di Ragusa a risarcire le vittime che si erano costituite parti civili con una cifra astronomica: circa un milione 400mila euro. La parte maggiore della somma, circa un milione, per la famiglia Brafa, patrocinata dagli avvocati Enzo ed Enrico Trantino, Salvo Maltese e Ivan Albo, mentre il resto da ripartire tra la giovane tedesca e le altre parti civili.
Ventincinque era stato interdetto in maniera perpetua dai pubblici uffici, l’anziano solo per cinque anni.