C’è qualcuno, fresco di diploma di scuola superiore o appassionato di teatro, che non ricordi “Waiting for Godot” (“Aspettando Godot”) di Samuel Beckett? Beh, quella tragicommedia non può non aver lasciato traccia, almeno per una particolarità: nei due atti di cui è composta, non succede proprio niente; neanche la scena cambia.
I due personaggi principali, Vladimir ed Estragon, si conoscono da lungo tempo, forse sono amici, ma non hanno niente in comune, sono, anzi, antitetici. Vladimir è del tipo riflessivo e, come tale, è spesso in contemplazione del cielo mentre la sua mente si perde tra questioni filosofiche e religiose. Tutto il contrario di Estragon, perennemente concentrato sul cibo con cui riempirsi lo stomaco e su qualche rimedio agli acciacchi fisici che lo fanno soffrire. Però una cosa ce l’hanno in comune: entrambi aspettano e aspettano e aspettano……….Godot, l’enigmatico, indefinibile, sconosciuto personaggio che risolverà i loro problemi, ma il cui arrivo viene puntualmente procrastinato. Malgrado la delusione, nessuno dei due si rassegna ad andarsene, ognuno per la propria strada. Invece rimane e continua a sperare nell’incontro con questo signor Godot. Intrigante commedia dai risvolti tragici e dalle mille interpretazioni. Intrigante soprattutto per via di quel tizio, Godot, con quel nome strano che ne rievoca un altro, God, Dio. Si tratta di Dio? Chiese un critico del tempo al noto drammaturgo irlandese, che diede due risposte diverse: no, se avessi inteso Dio, lo avrei chiamato Dio; l’altra: forse. Ora, a parte la molteplicità di interpretazioni che la pièce offrì al pubblico e ai critici contemporanei, cambiata la società e cambiata la realtà storica, c’è un tema, trasversale sia ai tempi che alle società, un tema universale e connaturato alla natura umana: il tema dell’attesa, dell’aspettativa. Nell’attesa c’è tutto, energia, vitalità, trepidazione, speranza. Se trasferiamo la vicenda sul piano politico, l’aspetto drammatico non cambia. Ognuno di noi attende il “salvatore”, colui il quale ci risolverà finalmente i problemi. In questa ottica, chi è il Vladimir della commedia e cosa rappresenta? Vladimir rappresenta la categoria dei pensatori, i cosiddetti intellettuali, che ti spiegano la realtà dal loro punto di vista, filosofeggiano sui mali della nostra società e costruiscono teorie. Estragon, invece, è l’uomo comune, con i suoi problemi quotidiani, le sue ansie, le sue paure, la sua fame di cibo e di giustizia, le sue malattie. Pur lontanissimi l’uno dall’altro, così lontani da sembrare gli abitanti di due pianeti, sono ambedue in attesa di qualcuno che offra conferme alle loro elucubrazioni, risposte alle loro domande, soluzioni ai loro problemi. Ecco che Godot non può che essere il politico odierno. Quello che, non facendosi mai vedere o facendosi vedere troppo e inutilmente, è inesistente, incapace di offrire soluzioni, prendere decisioni, assumersi responsabilità, mantenere fede alle promesse, in due parole, creare valori affermandoli e vivendoli. L’arrivo del Godot Politico, capace, efficiente, responsabile è atteso, sperato, voluto. E’ un’attesa lunga di anni, con intervalli di speranze e delusioni, purtroppo finora vana e inutile. Vana e inutile come si è rivelata la politica, vana e inutile come, secondo Beckett, è la vita dell’uomo.