Ricordando Peppe Drago nel primo anniversario della sua morte

peppe drago

Ricorre oggi l’anniversario della morte dell’on. Peppe Drago, e desidero ricordarlo con alcune riflessioni per onorarne la memoria. Drago è stata certamente la figura di massimo livello dell’ambiente politico ibleo e il suo peso politico ha lasciato molti segni. Conosco Drago sin dai tempi della prima Repubblica, quando militava nel Partito Socialista Italiano ed io ero dirigente della Democrazia Cristiana.

Il suo percorso politico è stato brillante e ricco di successi; i consensi non gli sono mai mancati perché è riuscito, con il suo carisma di leader, a coinvolgere tutti e in particolar modo le fasce popolari. E’ stato insomma un politico che non si è formalizzato, che non ha mantenuto distanze; per le persone è stato sempre “Peppe”, l’amico al quale si poteva dare del “Tu”. Drago è stato sindaco di Modica, deputato e Assessore regionale, Presidente della Regione Siciliana, deputato nazionale e Sottosegretario di Stato alla Difesa e agli Esteri.
Certamente a questi risultati Drago arrivò non in virtù di piccole clientele elettorali, ma perché mostrò in modo chiaro evidenti capacità politiche. L’on Drago riuscì a farsi apprezzare a vari livelli istituzionali per le sue intuizioni politiche, per gli orizzonti anche culturali che caratterizzarono il suo operato. Quando fu Presidente della Regione, ad esempio, ebbe una intuizione a mio avviso interessante: avviare un processo interattivo tra Regioni e Province. E difatti diede vita alle cosiddette “Giunte regionali itineranti”, che consistevano nell’attivazione di tavoli di concertazione tra la Regione e le Provincie regionali al fine di individuare alcune priorità di intervento che tenessero in conto le specificità territoriali e che potessero trovare risposta adeguate nel breve e medio termine. Lui voleva avvicinare il Palazzo della Presidenza della Regione ai territori provinciali. Purtroppo sappiamo come tutto andò a finire!
Dopo la fase della Presidenza, Drago avviò in Sicilia un movimento: Pensare Sicilia. Fu, per molti suoi avversari, una sortita elettorale in vista delle Elezioni Europee del 1999, ma è pur vero che dietro il movimento c’era anche un progetto politico in cui lui credeva e per il quale voleva scommettersi; la sua idea conteneva un progetto credibile e solido sul piano tematico e contenutistico. Ricordo ne fece anche una presentazione a Roma nel corso della Costituzione dei Democratici di Centro, alla presenza dell’on Casini, riscuotendo ampio consenso tra i presenti. Il progetto aveva come obiettivo un processo di valorizzazione della territorialità regionale siciliana all’interno della sua specifica vocazione. Il progetto di “Pensare Sicilia” fu, in fondo, una sorta di “continuum” dell’esperienza della Presidenza della Regione, poiché Drago sapeva bene, accentando la carica di governatore della Sicilia, di avere assunto un compito gravoso a causa di tutti i problemi e le contraddizioni che la Sicilia viveva, ma accettò la sfida, come fece ben capire nelle sue Dichiarazioni Programmatiche di insediamento del 51° Governo del 3 febbraio 1998:
“E’ un compito gravoso quello che così ci stiamo assumendo. Ma è un compito che non può essere caricato tutto sulle spalle della politica regionale. Per sviluppare politiche efficaci, adeguate alla complessità dei problemi, è indispensabile che la Regione sia inserita in una rete di comunicazione, di informazione e di esperienze con tutti i soggetti sociali ed economici che animano la nostra società. Il ‘partnerariato’ non è solamente un principio cardine delle politiche strutturali dell’Unione Europea, ma deve essere un’ispirazione fondamentale dell’azione di questo Governo. Solo attraverso l’avvio di un tavolo di confronto permanente con le associazioni degli imprenditori, con i sindacati, con le prestigiose Università Siciliane e con le altre forze sociali è possibile uscire dalla crisi, affrontare e vincere le sfide che abbiamo di fronte. Peraltro, già le leggi della Regione conoscono il suddetto principio; ora si tratta di metterlo per davvero in pratica. Gli altri interlocutori indispensabili della nostra azione politica e amministrativa saranno gli Enti Locali, Comuni e Province. Le contrapposizioni tra la Regione e gli Enti Locali non hanno alcun senso perché comuni sono i problemi da affrontare e perché le divisioni finirebbero per nuocere ai cittadini, alle imprese, alla crescita della democrazia in Sicilia. Tutti dobbiamo battere due nemici: la disoccupazione e la criminalità organizzata. Tutti dobbiamo conseguire un risultato: la crescita civile ed economica. Personalmente, del resto, sono un convinto fautore del principio di sussidiarietà (…) I pubblici poteri devono fare solo quello che gli individui ed i gruppi non sono idonei a fare. Un eccesso di interventismo, di regolamentazione pubblica, di assistenzialismo, ha anestetizzato la società siciliana. Bisogna invece liberare le energie, di grande valore, che in Sicilia indubbiamente esistono e compito della Regione è quello di aiutarle a crescere e di fornire un ambiente complessivamente favorevole alla loro affermazione”( pp.21-22).
I propositi progettuali del Governo Drago, al di là del confronto con lo Stato, volevano inserire la Sicilia attivamente nel contesto Euromediterraneo, ed oscillavano tra modernizzazione delle istituzioni e riorganizzazione della macchina di governo, deburocratizzazione della vita amministrativa e mercato del lavoro, solidarietà sociale e diritto alla salute, politiche di bilancio e finanziarie della Regione e valorizzazione delle risorse agricole, minerarie, paesaggistiche, artistiche e culturali; sistemi dei trasporti e problemi della comunicazione. Ben poco Drago poté realizzare, e tra i principali atti del suo Governo vi furono alcuni interventi di riforma della pubblica amministrazione regionale in ossequio alla legge “Bassanini”; tali interventi riguardarono la separazione della funzione di indirizzo politico-amministrativo, affidata agli organi di governo, dalla funzione di gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, affidata ai dirigenti. E in virtù di ciò, attuò la rotazione dei dirigenti regionali dei vari settori amministrativi.
Se vogliamo, un frutto di Pensare Sicilia fu proprio l’Istituzione del Distretto culturale del Sud Est, che trovò poi un supporto nella fattività dell’on Fabio Granata. Al modello del Nord Est, Drago contrappose il modello del Sud Est, che sta oggi riscuotendo un ampio interesse sul piano culturale e turistico con ritorni anche sul piano economico ed occupazionale. Ho apprezzato di Peppe Drago il suo pensare alla grande, con visioni ampie e progettuali. Non fu mai il politico chiuso nel localismo, ma partendo dal locale riuscì a farsi interprete di grandi progetti. Che poi siano stati tutti portati a compimento, questo è un altro discorso.
Un limite che invece mostrò, a mio parere, il “Drago politico” fu l’ aver puntato di più su “uomini- braccia” che “uomini – mente”. In politica ci vogliono gli uni e gli altri, ma spesso l’on. Drago diede l’impressione di fidarsi più delle braccia che delle menti, forse per paura che qualcuno potesse fare fughe in avanti e risultare incontrollabile. Al suo posto avrei rischiato e dato più spazio alle intelligenze che non mancavano attorno a lui; ma, come si sa, l’intelligenza, pur di fronte al confronto dialettico, può divenire una minaccia, per cui egli ci andò sempre molto cauto. Molti suoi avversari lo consideravano un abile burattinaio, ma ritengo che questo giudizio abbia avuto molto dello stereotipo frutto di pregiudizi, specie di coloro i quali facevano politica solo nei salotti, seduti nelle poltrone e che non avrebbero mai messo “un dito nell’acqua calda”. Che Drago da leader di partito avesse sempre l’ultima parola era ritenuta una cosa normale e legittima, ma ciò era cosa molto diversa dall’essere burattinaio; lo stereotipo cresceva, a mio avviso, in virtù del fenomeno del laederismo della seconda Repubblica, fenomeno che, col sistema maggioritario, attraversava tutti i partiti, ove i leaders, come ancora oggi, avevano l’ultima parola nelle decisioni. Ricordo che nel 1997, allorquando era deputato regionale del CCD , mi segnalò , senza che io me lo aspettassi non essendo particolarmente a lui vicino, per un incarico di componente della Commissione regionale in materia di concessione di contributi assistenziali di cui alla L.R. n. 65/53. In quattro anni di lavoro in quella commissione ebbi la piena autonomia di azione e mai l’on Drago interferì per condizionare il mio operato. Egli ebbe piena fiducia nel mio ruolo, che portò nelle Provincie di Ragusa e Siracusa, dove ricadono le due Diocesi di Noto e Ragusa, parecchi finanziamenti per attività sociali di Enti, Parrocchie, Istituti Religiosi, comunità di accoglienza, case famiglia e associazioni di volontariato.
Dolorosa fu anche la sua vicenda giudiziaria, che lo distrusse internamente e che egli cercò di esorcizzare sostenendo di ritenersi innocente ed affermando di voler continuare la sua battaglia politica. In occasione di una convention elettorale tenutasi il 19 maggio 2009 a Villa Real per le elezioni europee, egli stesso ribadì la sua innocenza:

“Mi insediai alla Presidenza e il segretario generale mi spiegò che l’uso di quei fondi non andava rendicontato, proprio perché riservato. I servizi segreti, la Digos mi consigliarono di usarli nelle situazioni di emergenza. Una volta un ragazzo venne con una tanica di benzina, minacciandoci di darsi fuoco. Usai i fondi riservati. Acquistammo un’apparecchiatura braille per una ragazza cieca di Pozzallo, finanziammo l’adeguamento dell’auto di una famiglia di Modica, con bambino disabile. La mia condanna crea un mostro giuridico. Da oggi in poi il Presidente del Consiglio, i ministri dell’Interno, della Difesa e degli Esteri, tutti i presidenti di Regione potranno essere condannati per l’uso dei fondi riservati senza rendicontazione(…) Racconterò all’aula di Montecitorio cosa mi accadde quando diventai sottosegretario alla Difesa.
Venne il capo di gabinetto del Ministro Martino e mi portò diecimila euro in contanti. “Cosa sono?”, chiesi. “I fondi riservati”. “E come si spendono?” “Eccellenza, lei non deve rendicontare, li spende e basta”. “Sa, sono già stato condannato, se li riprenda, grazie, replicai.(…)Sono l’unico in Italia ad essere stato condannato per una vicenda del genere, nessun altro presidente della Regione siciliana, e di alcuna regione italiana, o Ministro o Capo del Governo è mai stato inquisito per la mancata rendicontazione di tali fondi(…)
Il mio ruolo è politico, tra la gente. Il seggio a Montecitorio è questione accessoria. Non mi precludo nessuna scelta. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici è un’enormità nel mio caso, la pena è stata condonata, e la pena accessoria mi condanna virtualmente all’ergastolo.
Non posso fare neanche il consigliere comunale. Ma nessuno può impedirmi di essere tra la gente, di fare politica dal basso. Poco importa che io sia deputato. Qualcun’ altro lo sarà al posto mio…”
Il dramma di Drago si toccò con mano perfino nel comizio del 30 maggio 2009 quando, alla presenza dell’on. Casini, fece pubbliche scuse, facendo riferimento alla sentenza(…): “Chiedo scusa due volte – disse – a chi ha avuto fiducia in me e si è sentito tradito da una sentenza che io ritengo ingiusta e che vivo con dolore. Chiedo scusa poi per essermi lasciato andare e caduto nelle provocazioni in Consiglio comunale. Non è da me, un uomo delle istituzioni non deve mai cedere anche se io l’ho fatto per i lavoratori”.
Ad ogni modo, per quanto assurda possa apparire la vicenda giudiziaria di Drago, al di là di verità ed ombre, resta il fatto che dopo tre gradi di giudizio arrivò una condanna pesante, che pose fine alla questione e che offuscò la sua carriera politica. Sul piano umano non gli è mancata, tuttavia, la solidarietà, la vicinanza e l’affetto di tanti modicani e siciliani nonché di figure spirituali e di fede che lo hanno assistito durante la sua malattia, mentre altri che, hanno da lui ricevuto tanto, lo hanno forse consegnato all’oblio. E mi piace concludere questo ricordo di Peppe Drago con i versi di una mia poesia che gli ho dedicato appena saputo della sua scomparsa:

Nell’oblò della memoria i tuoi occhi, di profilo,
camminano da Nord a Sud, tornano alle origini,
vanno contro la macina del tempo, in cerca di spazi,
si dirigono verso l’eterno ed allungano lo sguardo.

Dietro la tela della tua vita v’è una storia
di orgoglio e di passione, gli archetipi d’ ideali
combattuti che parlano agli amici.
Dietro ogni ideale vi sono angoli di bene
e dietro gli angoli di bene semi di male.

Tu lasci città che hanno visto il tuo sorriso,
scenari di battaglia cambiati, avversari lontani
ora vicini e amici vicini ora lontani
dove i pensieri usciti dal sonno agitano
la bandiera dell’impegno che il vento di Sicilia
raggomitola sul tuo corpo avvolto nella luce
ove un giorno Dio dirà l’ultima parola.
Questo è l’ideogramma della vita
il segreto del canto degli amici.

Domenico Pisana

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