“Le lesioni riportate da Vincenzo Rigoli, sia a livello addominale che toracico-polmonare, se tempestivamente ed opportunamente trattate, avrebbero consentito, senza forma alcuna di dubbio, chance di sopravvivenza nell’ordine del 70 per cento”. I periti di parte civile, Paolo Procaccianti e Nello Grassi dell’Università di Palermo, hanno smontato la perizia del consulent tecnico d’ufficio, Giuseppe Ragazzi, il medico legale che eseguì l’autopsia sulla salma di Vincenzo Rigoli, il giovane di Agrigento ma di origini modicane, deceduto per choc emorragico nella notte fra il 16 e il 17 dicembre del 2012, a seguito di un incidente stradale avvenuto in Contrada Gasena, quando alla guida di una Citroen C 3 si schiantò contro un guard rail. Nel processo, davanti al giudice monocratico del Tribunale agrigentino, Maria Alessandra Tedde, sono accusati di omicidio colposo, i medici Salvatore Napolitano e Sergio Sutera Sardo, che ebbero in cura il giovane all’interno della sala operatoria dell’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento.
I consulenti di parte hanno puntualizzato che “si trattava semplicemente di una bronchite che, in alcun modo, avrebbe mai potuto inficiare qualsivoglia intervento fosse stato posto in essere, mai fatto. E’ stata data lettura alla scheda di accesso al pronto soccorso di Vincenzo e ai valori di riferimento riportati anche nel registro operatorio in merito alle capacità di ossigenazione pari al 96 per cento di volume, assimilabili, cioè, alla piena normalità (valori di 97-98%) nella considerazione che un polmone, di fatto, risultava già in condizioni di collasso e non trattato in alcun modo per ben oltre due ore”
Secondo Procaccianti e Grassi le descrizioni riportate nei registri operatori riguardo agli interventi eseguiti sugli organi interni coinvolti, non hanno trovato alcun riscontro all’esame autoptico.
Circa la presunta broncopatia sulla quale Ragazzi aveva fatto leva per addivenire ad una proposizione “infausta” della prognosi di Vincenzo, i periti di parte civile hanno puntualizzato che trattavasi semplicemente di una bronchite che, in alcun modo, avrebbe giammai potuto inficiare qualsivoglia intervento fosse stato, di fatto, posto in essere e giammai eseguito.
A dimostrazione di tale assunto hanno riferito i dati provenienti dalla mera lettura in aula tanto della scheda di accesso al pronto soccorso di Vincenzo, quanto dei medesimi valori di riferimento riportati successivamente anche nel registro operatorio in merito alle capacità di ossigenazione pari al 96% di volume, assimilabili, cioè, alla piena normalità (valori di 97-98%) nella considerazione che un polmone, di fatto, risultava già in condizioni di collasso e non trattato in alcun modo per ben oltre due ore.
Prossima udienza fissata per il prossimo 8 gennaio.