LA PAR CONDICIO NELLE CAMPAGNE ELETTORALI. La riflessione di Giombattista Ballarò

Tutti sappiamo che in Italia esiste una legge chiamata appunto par condicio che impone ai mezzi d’informazione di far fruire ai diversi schieramenti politici in termini di pari opportunità degli spazi televisivi e giornalistici nei periodi preelettorali. Non tutti probabilmente sanno però che tale legge fu varata perché non si creasse uno squilibrio di visibilità tra le diverse forze politiche, alcune delle quali, in assenza della legge, si dicevano fortemente penalizzate per mancanza di mezzi o per non essere nelle grazie di certa informazione. A me pare che lo spirito di questa legge sia stato volutamente forzato per arrivare ad imbavagliare l’informazione che, nei trenta giorni che precedono una tornata elettorale,non può pubblicare o trasmettere col mezzo televisivo nessuna intervista che riguardi personaggi politici. Non si tratta forse di un’evidente contraddizione? Proprio nel momento in cui sarebbe opportuno che il cittadino potesse valutare i meriti o i demeriti, la capacità o l’inefficienza politica dei diversi personaggi che si ricandidano per essere votati, s’impedisce invece di poterne parlare giornalisticamente, quasi per non consentire al cittadino di fare le sue giuste valutazioni. Dai programmi di satira politica a quelli di approfondimento, per trenta giorni dovranno tenere il bavaglio in ossequio ad una legge il cui spirito era di equilibrio di utilizzo e grazie ad una politica che tutto può, si fa in modo che le contraddizioni della casta emergano il meno possibile. Avessero almeno il coraggio di chiamare le cose con il loro giusto nome, in questo caso, il provvedimento si chiamerebbe bavaglio preelettorale o occultamento delle prove d’incapacità della politica.

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