“L’arte cerca la gente”, sperimentazione riuscita A Ragusa installazioni di richiamo in pieno centro storico

La sperimentazione è riuscita. Trasferire le espressioni artistiche laddove si trovano aggregazioni di persone non è la moda del momento. E’ una esigenza a cui, anche gli artisti più quotati, si stanno adeguando. Se poi a ciò si aggiunge un altro preciso obiettivo, quello di puntare alla valorizzazione del centro storico superiore della città, ecco che gli auspici di avvio dell’iniziativa tenutasi lo scorso fine settimana a Ragusa sono stati tutti rispettati. “L’arte cerca la gente”, progetto proposto da Amedeo Fusco con il sostegno dell’Amministrazione comunale, in particolare dell’assessorato alla Cultura retto da Francesco Barone, con il concerto del “Quartetto mediterraneo” venerdì scorso nella chiesa del Santissimo Salvatore, ma ancor più con le sei sculture di Sergio Cimbali che hanno costituito un forte richiamo, sabato pomeriggio e per tutta la sera, in via Roma, ha saputo, già dalla prima edizione, ottenere l’attenzione sperata. “E questo perché – afferma Fusco – si è trattato di installazioni che si sono perfettamente calate nel contesto al quale si rivolgevano, non mancando di suscitare la dovuta curiosità da parte dei numerosi passanti che il sabato pomeriggio, come di norma, affollano la via Roma. E’ stata una esperienza interessante, a cui hanno voluto essere presenti altri artisti, come Annalisa Cavallo, i quali hanno valutato con la dovuta consapevolezza quella che, a tutti gli effetti, si può ritenere una esperienza pilota, con un risultato molto incoraggiante tale da invogliarci a programmarne altre nelle prossime settimane, sempre in siti di grande aggregazione. L’arte, di questi tempi, deve cercare di adattarsi ad esigenze diverse. E questa, dal nostro punto di vista, può essere una delle tante soluzioni”.
Le opere di Cimbali, per il critico d’arte Rosario Sprovieri, propongono la “poetica del ri-creare, intimamente legata anche alle ineludibili esigenze ecologiche del nostro tempo, ma soprattutto alla storia e al territorio isolano. Così egli plasma e modella una figura femminile in un ammasso di anelli di catene e ci propone una donna che eleva al cielo una preghiera muta: “La libertà”. “La libertà” costretta e aggrovigliata dalle atrocità che ci consumano sull’isola, il profilo femminile che si delinea è contemporaneamente donna, madre, figlia incatenata di questa terra di Sicilia. L’opera diviene il riassunto poetico della condizione umana, che Cimbali innesta dal cuore in quelle forme ondose dell’opera”.

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