Modica: interessante scoperta negli archivi di S. Giorgio. Bernardino Niger si è sposato nel Duomo, dove ha dipinto il Polittico

Il Duomo di San Giorgio è un vero e proprio scrigno che ha, per nostra fortuna, conservato e preservato al suo interno tanti capolavori dell’arte pittorica e scultorea del XVI e XVII secolo. Fra questi, l’opera più famosa e ammirata è il grande Polittico del Cinquecento che si trova nella parete absidale dietro l’altare maggiore. Lo storico dell’arte G. Di Marzo, in un suo testo di fine Ottocento, non esitava a dire che tale opera “farebbe onore a qualunque più insigne museo e ch’è altissimo vanto del genio dell’arte di Sicilia in quel fortunato secolo”. Ma un cruccio hanno sempre avuto i critici e gli storici dell’arte del Novecento: l’incerta paternità artistica di tale capolavoro. Lo storico modicano Salvatore Minardo, nel suo “Modica Antica” del primo decennio del Novecento, notava che “invano l’amatore delle arti belle domanderebbe di conoscere il nome di chi eseguì il meraviglioso polittico nella chiesa di S.Giorgio”. Poi il Minardo si affidava alle valutazioni del citato Di Marzo, il quale, partendo dal dato che la poco leggibile data segnata sotto il piede del mendicante nel pannello di S. Martino fosse il 1513 (nel Polittico manca la firma dell’opera), si lancia in una comparazione artistica fra uno dei pannelli, la “Presentazione di Gesù al Tempio”, con l’analoga “Presentazione al Tempio” dipinta dal messinese Girolamo Alibrandi (1474-1524) per la Compagnia della Candelora in Messina, opera firmata e datata 1519, ora esposta al Museo Nazionale di Messina. Consequenziale per il Di Marzo l’attribuzione della dorata cornice che contiene le dieci pale ai fratelli Resalibra di Messina, contemporanei e anche parenti dell’Alibrandi. Ma già nei primi decenni del Novecento autorevoli critici mettevano in forte dubbio tale attribuzione, che veniva formulata “senza buone ragioni” secondo il soprintendente Mauceri. Negli anni ’70, infine, interviene in maniera definitiva il prof. Vito Librando dell’Università di Catania, che dichiara quasi scusandosi che il polittico di Modica è da attribuire a maestranze locali, e che quindi la data sul pannello di S.Martino debba leggersi come 1573, cosa peraltro verosimile vista la similitudine della cifra 1 con la cifra 7 nella grafia dell’epoca. Piuttosto, secondo il Librando, si deve pensare ad un’opera magistrale di Bernardino Niger, per le affinità stilistiche con varie tavole firmate dal Niger stesso, datate fra il 1572 ed il 1590, presenti in diversi posti della Sicilia sud orientale. Il prof. Librando adduce come prova storica delle sue argomentazioni i versi del pittore e poeta, contemporaneo e amico del Niger, il siracusano Girolamo Gomes, che scrive una “Canzuni di / Gilormu Comes / in laudi / di Binnardinu Lu Nigru / Pitturi, che iendu à Modica a pinciri un / San Giorgi, ed’ un San Martinu, / cascau di la mula”.

A questo punto, diventa interessante la scoperta, da me fatta il 9 aprile scorso presso l’Archivio parrocchiale di San Giorgio, dell’Atto di Matrimonio del Maestro Bernardino Niger, nel primo volume degli “Sponsali”. Tale atto, che non dà adito a molti dubbi sull’attribuzione al Nostro, è appunto datato 1573. Ivi si legge, in una lingua a metà fra il latino e la vulgata dell’epoca:

“Die p. octobris (1573)
fu contracto uno matrimonio infra m(agistro) Bernardino Nigro cum Agatha di Scolaro. Lo cappellano don Vincenzo Casuni, li testimoni don Matteo Petralito e m(agistro) Antonino Di Rosa et mastro Antonino Fichili. Et fu bandizato tri duminichi in la Ecclesia.”

Trovo decisiva e straordinaria la coincidenza dell’anno del matrimonio, con la data a questo punto da tutti ritenuta credibile da tutti gli storici dell’arte contemporanei, quel 1573 che troviamo sia nel pannello di S.Martino, che nell’atto del matrimonio. Si tenga presente che ho preso visione di svariate centinaia di matrimoni dell’epoca, e nessun altro personaggio con tale nome si trova. L’indicazione peraltro della lettera “M” davanti ad un nome, era un fatto percentualmente molto raro, riservato appunto ad importanti e riconosciute “Maestranze”, alla pari della “D” (per Don, Donna), riservato ai religiosi ed ai nobili.
Una riflessione è necessaria comunque sulla età presunta di Bernardino Nigro sia in ordine al matrimonio, che alla esecuzione delle sue opere. Documentazioni d’archivio descrivono che il nostro pittore sia nativo o di Biancavilla o di Caltagirone, ed indicano come data di nascita il 1558, e data di morte il 1590. La data di nascita deve necessariamente considerarsi, a mio parere, frutto di una erronea lettura delle antichissime fonti, e credo sarebbe stato d’accordo il prof. Librando, che considerava il Niger quasi coetaneo del siracusano Gomes (1525-1591), come si legge in saggio pubblicato sul Bollettino dei Beni Culturali e Ambientali della Regione Sicilia, datato 1980. Sarebbe veramente poco saggio credere che l’artista che si reca a Modica a dorso di una mula per dipingere un tale capolavoro del manierismo cinquecentesco nel 1573, e che nello stesso anno prende in moglie la modicana Agata Scolaro, potesse veramente essere un giovanetto di appena 15 anni! E’ veramente strano che lo stesso prof. Librando, consapevole della età, 33 anni, che il Gomes aveva nel 1558 (nel presunto anno di nascita ufficiale del Niger), non trovi audace definirli “quasi coetanei”; la ragione sta nel fatto che Vito Librando conosce la biografia del Gomes, in cui sta scritto che il pittore siracusano col Niger “havia grandissima amicitia e sempri pigliavanu a fari servitiu inzemula”.

In conclusione, mi sento di poter dire che la data di nascita nota di Bernardino Niger si debba retrodatare di almeno 5/10 anni (facile nella grafia di quasi 5 secoli fa che si possa leggere come 5 o come 8 un 3, e viceversa). Con questo, ci troviamo invece di fronte ad un dato, l’atto di matrimonio, che ci aiuta ad ufficializzare ancor più l’attribuzione del Polittico al Niger, un pittore invero già all’epoca maturo, conoscitore certamente della pittura messinese di fine Quattrocento/inizi Cinquecento ai cui canoni si ispira nello svolgimento dei temi delle tele, che l’artista, Modicano di adozione, firma in giro per la Sicilia orientale, come un “S.Giacomo” del 1574 esposto al Castello Ursino, o il “Martirio di S.Agata” del 1588, nella chiesa di Sant’Agata al carcere, sempre a Catania.
Dunque, come titolava Giorgio Flaccavento in una rivista del 1978 a poche settimane dell’ultimo restauro dell’opera, possiamo gridare orgogliosamente “Un polittico tutto modicano”, frutto delle preziose mani di un grande, e famoso, artista siciliano e modicano del Cinquecento.

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