Gli Studenti di Giurisprudenza di Ragusa esprimono rammarico e rabbia per la prospettata chiusura dell’università iblea

Nei giorni scorsi i peggiori timori si sono avverati e il Magnifico rettore dell’Università di Catania, prof. Antonino Recca, ha significato ai vertici del Consorzio Universitario Ibleo l’intenzione di applicare scrupolosamente l’accordo di transazione del 6 giugno 2010, determinando -in mancanza dell’attivazione del tanto sospirato Quarto Polo- l’immediata chiusura delle sedi ragusane di Agraria e Giurisprudenza, senza neppure prendere in considerazione l’ipotesi di una sua modifica a favore, quantomeno, di una chiusura ad esaurimento che permettesse di concludere gli studi a coloro che fossero già iscritti.
Certamente da parte dell’Università si sarebbe auspicato un atteggiamento più flessibile, considerata la disponibilità manifestata dal Rettore in occasione dell’incontro tenutosi qualche settimana addietro a Roma presso il Miur. Nondimeno, secondo il Comitato non può sfuggire a nessuno la superficialità e la scarsissima attenzione manifestate, con pochissime eccezioni, da pressoché tutti gli amministratori e i politici locali nonché, duole notarlo, dalle stesse parti sociali, che pure in passato e in altre battaglie hanno dimostrato una ammirabile capacità d’impegno.
E così, se non può che far piacere apprendere che tutti i capigruppo al Consiglio Provinciale hanno richiesto un incontro col Rettore per cercare di risolvere la situazione in extremis, non è possibile dimenticare come, da una parte, un paio di settimane fa l’intera maggioranza consiliare, incurante dell’estrema delicatezza delle trattative intavolate dal Consorzio, ha tagliato all’ente ben 350 mila euro. Ciò lo ha messo verso l’Ateneo in una situazione di morosità, che da Catania a buona ragione è stata invocata come giustificazione del diniego. Senza dimenticare che lo stesso centrosinistra, che ora è tanto attivo -e si spera continui ad esserlo, come tutte le parti politiche- in tutti questi mesi non è andato oltre sporadici comunicati stampa, senza alcuna concreta azione (per esempio) presso il governo regionale, che a seguito di improbabili rivolgimenti politici si trova a sostenere.
Quanto ai sindacati, se n’è registrata una latitanza quasi totale visto che solo nei giorni scorsi la Cgil Ragusa, per bocca del suo segretario Giovanni Avola, ha preso una decisa posizione a favore del decentramento, peraltro contraria a quelle della Cgil Catania e della Cisl.
A tutti i politici, gli amministratori e i personaggi pubblici in generale che, a vario titolo, in questi giorni e solo in questi giorni stanno cavalcando l’onda dell’attualità, il Comitato degli Studenti vorrebbe chiedere, beninteso con assai più rammarico che polemica, dove fossero e che cosa abbiano fatto in tutti questi mesi in cui, malgrado la febbrile trattativa condotta dal presidente Di Raimondo (lui stesso tardivamente nominato dal Cda), la chiusura dell’università iblea si prospettava come sempre più certa e vicina.
A rendere ancora più grave e nociva la situazione, il rincorrersi di notizie contrastanti circa un supposto salvataggio dell’ultim’ora, improbabile ma tenacemente spacciato come non impossibile: il risultato è quello di mettere quasi mille studenti in una situazione ancora deteriore, piombandoli nella totale incertezza circa il “se” e il “dove” concludere i contratti di locazione. Al riguardo, si apprezzano certamente le richieste di istituzione di tavoli tecnici che, su stimolo di un deputato all’Ars, pare siano pervenute addirittura dal Presidente della Regione e prontamente accolte dal Rettore; di contro, sconcerta notare come da parte del mondo politico tutto continui a muoversi con indolenza e lentezza, rinviando addirittura di un mese confronti che dovrebbero invece avvenire prima possibile per chiudere in via definitiva, in un senso o nell’altro, tutta questa perniciosa storia. Sennò si rischia, paradossalmente, di salvare una sede che nel frattempo, per elementari considerazioni di previdenza, si sarà praticamente già “svuotata” dei suoi utenti.
In uno scenario tanto desolante l’unica nota positiva è, si fa per dire, la precisazione operata nelle scorse settimane dalla Segreteria di Facoltà dell’Ateneo, circa la corretta interpretazione di un decreto rettoriale che aveva originariamente destato allarmismo, inducendo a supporre la necessità di ripetere i test d’ammissione per gli studenti ragusani che fossero costretti a trasferirsi a Catania. Malgrado, come si è finalmente appreso in modo chiaro, il trasferimento sarebbe automatico, è inutile dire che ciò non può essere che una magrissima consolazione.
«Perdendo Agraria e soprattutto Giurisprudenza -commenta il presidente del Comitato Alessandro Testone– tutto il territorio perderebbe, anzi ha già perso, un’occasione unica di sviluppo. Nei confronti di tutte le famiglie che, in questi tempi di crisi, dovranno fare sacrifici ancora maggiori per mantenere i figli all’università, e soprattutto nei confronti di quelle che tali sforzi non potranno fare -ha aggiunto- coloro che con la loro indolenza e superficialità sono i responsabili di questo vero scempio del diritto allo studio dovranno certamente rispondere, e noi ci auguriamo che rispondano, a partire dalla prossima tornata elettorale».
«Anche se non cessiamo di confidare in un miracolo dell’ultimo momento e sperando sinceramente di risultare pessimi profeti -ha concluso il portavoce Sebastiano Flaminio– ci sentiamo in obbligo di condividere con i nostri conterranei il timore che questo ulteriore depauperamento dell’università iblea comprometterà l’istituzione del tanto declamato Quarto Polo, essendo all’uopo insufficiente la presenza, ancorché come sede esclusiva, della sola Facoltà di Lingue».

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