Salvatore Quasimodo è per tutti, specie per chi non è un abituale frequentatore della nostra poesia, a 40 anni dalla sua morte, avvenuta il 14 giugno 1968 ad Amalfi, l’autore di ‘Ed e’ subito serà, oltre che uno dei pochi Premi Nobel italiani, il terzo per la letteratura, nel 1959, dopo Carducci e la Deledda. Il successo si deve all’incisività del verso finale, che da’ anche il titolo a una raccolta e al componimento, che ha una vaga eco ungarettiana e pre-ermetica, per la brevità e la sostanziale trasparenza del dettato, che propone il tema della solitudine e della transitorietà dell’esistenza umana, che ritornerà anche in seguito con diversi accenti e diversa densità di linguaggio metaforico in tutta la sua opera. Nato a Modica, in Via Posterla, il 20 agosto 1901, Quasimodo, per via della nonna paterna, ha anche origini greche, che forse influenzeranno il suo interesse per quella cultura classica. A 7 anni, con la famiglia si trasferisce a Messina, nei giorni di poco successivi al terremoto e alloggia, col padre capostazione, per alcuni mesi in un vagone merci, tra le macerie della città, che lascerà su di lui un’impressione profonda e gli dette il primo contatto, istintivo, con la fragilità della vita, una fragilità vissuta drammaticamente, con l’angoscia di una fatalità senza scampo e un lacerante dolore esistenziale, che sarà il nodo della sua poetica, rivitalizzato, se così si può dire, e messo a fuoco con la guerra vissuta da adulto, ennesimo naufragio dell’uomo, che vive l’esistenza come esilio, spaesamento, isolamento: "Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole / ed è subito sera". A tutto questo corrisponde una nostalgia per un’età dell’oro della favola perduta, le cui tracce sono nella memoria, unico approdo possibile (che per Quasimodo si identifica anche con la sua Sicilia e la Magna Grecia), in cui nasce il canto, illusione e sola possibile consolazione. La sua poesia, ricerca quindi una misura essenziale classica (celebri sono le sue traduzioni dei ‘Lirici greci’), e, passato attraverso le esperienze europee che vanno da da Mallarmee a Eliot, fiancheggiato e dialogato con l’ermetismo fiorentino, si libera di ogni elemento discorsivo e anche il nodo oscuro da cui sgorgano i suoi versi vede nella parola , nella possibilità di esprimersi, , musica, suono e canto, magari astratto, ma pronto a trasfigurarsi, a comunicarci comunque un intimo senso. Questo anche quando, all’ultimo, virerà verso una poetica più legata al reale, a accadimenti precisi, senza però scendere di tono. Il suo percorso parte da ‘Acque e terre’ del 1930 per arrivare a ‘Dare e avere’ del 1966, nella ricerca di una impossibile conciliazione delle contraddizioni, degli ossimori della vita, passando per ‘Oboe sommerso’ (1932), ‘Ed e’ subito serà (1933), ‘Con il piede straniero sopra il cuore’ (1946), ‘Il falso e il vero verde’ (1956).
SALVATORE QUASIMODO, “ED E’ SUBITO SERA” 40 ANNI DOPO LA MORTE
- Giugno 8, 2008
- 9:22 pm
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