Fasoli: “La crisi? Un’opportunità per rivedere il nostro modello di sviluppo”. Ieri a Ragusa spunti di interesse dal V seminario di formazione per dirigenti

“La crisi deve essere vissuta come un’opportunità. Per rivedere il nostro modello di sviluppo. Riformandone gli aspetti che più sono messi in discussione”. E’ l’appello lanciato da Maria Grazia Fasoli, responsabile funzione studi della presidenza nazionale Acli partecipando, ieri, a Ragusa, al V seminario di formazione per dirigenti delle Associazioni cristiane lavoratori italiane. Un appuntamento che ha puntato i riflettori sul tema del giorno, sulla crisi economica e sociale nel 150esimo dell’Unità d’Italia. Lucida l’analisi di Maria Grazia Fasoli. “Riformare – ha chiarito – per noi vuol dire custodire, conservare i diritti sociali fondamentali rivedendone le forme per renderli realmente esigibili. E’ questo il modo per affrontare la crisi attuale, un modo che richiede per un verso realismo, capacità di analisi, e per un altro verso uno sguardo capace di visione futura, che chiediamo alla politica e non solo. Noi come Acli, come associazione organizzata della società civile, ci candidiamo per mettere al servizio del Paese la nostra capacità di visione, di sguardo lungo, progettuale e strategico capace di andare oltre il momento confuso che stiamo attraversando dal punto di vista economico, sociale e istituzionale”. I lavori, moderati dal presidente provinciale Acli Ragusa, Rosario Cavallo, erano stati aperti da Claudio Saita, direttore del Centro studi regionale Acli “Mons. Cataldo Naro”, che aveva sottolineato come “la crisi è soprattutto un momento di sfida per noi stessi che dobbiamo avere la forza e la capacità di chiedere anche agli altri di assecondare la capacità di cambiamento. Il primo profilo da porre sotto attenzione è quello del cambiamento della persona, della sua capacità di comprendere, di guardare ciò che altri non devono; il secondo profilo riguarda l’esercizio della responsabilità che non è solo dei politici ma attiene a ciascuno di noi secondo il ruolo che occupiamo nella società” .
La relazione tenuta dal giornalista Francesco Inguanti ha permesso di affrontare un tema in particolare. “Il nemico della rinascita – ha detto – è la pretesa di fare da soli che ha prodotto la distruzione dell’esperienza popolare che ha costituito il collante dei tanti regionalismi e particolarismi che c’erano 150 anni fa. Dopo aver tanto faticato per costruire questo tessuto, rischiamo di distruggerlo sotto i colpi di uno statalismo sempre risorgente e capace di deresponsabilizzare anche i più volenterosi. E, comunque, se l’Italia non è crollata, anche economicamente, lo si deve alle nostre famiglie che, proprio perché tanto hanno fatto finora, ancora possono e devono fare per aiutare tutti a guardare alla nostra nazione con la stessa positività con cui hanno affrontato, ad esempio, le crisi successive alle due guerre mondiali”.
Simona Licitra, responsabile provinciale organizzazione e sviluppo Acli, ha parlato, invece, del “nuovo lavoratore del XXI secolo che dovrà assumersi sempre più l’onere di sviluppare le sue competenze, differenziandosi dagli altri lavoratori, al fine di garantirsi una maggiore visibilità-vendibilità nel libero mercato del lavoro. Tale cambiamento implica il lavorare in un contesto dove risultano più accentuate la tendenza alla competizione considerata nella sua accezione negativa e dunque risulta più accentuata la tendenza al conflitto”. Il presidente regionale Acli Sicilia, Santino Scirè, ha spiegato che, a fronte dei campanelli d’allarme che continuiamo a sentire da due anni in qua, per la persistenza di una crisi economica e sociale senza precedenti, “continuiamo a fare il nostro mestiere che è quello di essere impegnati con i “punti famiglia” e con i nostri circoli per stare vicini alle famiglie, oggi l’aspetto più debole del nostro tessuto sociale”. Il deputato regionale Lino Leanza, invece, ha sostenuto che “per risolvere questo difficile momento occorre unità d’intenti più che unanimità. Abbandoniamo i vecchi steccati, ancora sento parlare di centrodestra, centrosinistra, terzo polo, e chi più ne ha più ne metta. Abbiamo bisogno di trovare le giuste soluzioni. La priorità? Nella nostra isola resta il lavoro. Se non lo mettiamo al centro di tutti i nostri progetti, caleremo inevitabilmente a picco”.

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