Cari lettori di radiortm.it,
la festa del Natale mi spinge a formulare a tutti voi e alle vostre famiglie un augurio.
Non mi convincono le letterine a Gesù o a Babbo Natale, piene di buoni propositi, che poi rimangono solo scritti sulla carta.
Cosa posso augurarvi! Se tu che leggi sei credente cristiano, abbi il coraggio di aprire il cuore al Dio fattosi bambino. Comincia tu, non aspettare che lo faccia chi ti sta accanto.
Ti auguro che questo Natale possa essere l’occasione per “osare” , per far nascere in te la voglia di cambiare, anche se gli altri continueranno a rimanere tali e quali. Senza questo “osare”, Natale resterà una bella invenzione umana, una vecchia fiaba da raccontare ai piccoli, una grande tombola, una notte fatata, una trovata pubblicitaria per vendere quantitativi di merce. Ma anche a te che non credi o ti ritieni agnostico o dubbioso nella fede, auguro che possa tu accogliere i “valori umani” che il bambino della grotta di Betlem ha esaltato e che sono dentro la coscienze di ogni uomo e ogni cultura.
Auguro a tutti voi, cari lettori di radiortm.it, alla redazione, ai collaboratori, allo staff di poter riscoprire il tempo del logos, cioè della parola ragionevole, del linguaggio che “pensa quello che dice e scrive” e “quello che dice e scrive” lo pensa. In questo Natale 2011 voglio offrire il mio augurio non affidandomi a suoni o luci, o alle parole di sempre, ma ai miei versi. Voglio augurare un sereno Natale con la mia parola poetica, nuda di afflati abusati ma ricca del sapore del cuore. Estendo dunque il mio augurio con i versi di questa mia poesia, con l’auspicio che la speranza non prenda la distanza dal nostro vissuto e la luce del Figlio rifulga sui sentieri che ci attendono all’orizzonte di questo nostro tempo:
Si stende l’ombra della Stella
sul naufragio d’anime inconoscibili a se stesse
e si adagia sul cuore vuoto di doni
come veltro di speranza
per ricondurre ai piedi del bambino possibilità
rimaste nelle lacrime,
e verità vergate di nuvole.
Con passo timido scruti
attorno al presepe illuminato
questa grotta di silenzi tracimati,
librandola in desideri di pace
irrepetibili e coprendola
di muti oltraggi e di rancori.
Ed ecco che viene il Figlio
sopra le piaghe laceranti
custodite negli scrigni di popoli e razze
attraverso sentieri di un parto non compreso,
sussurrando nella paglia gemiti d’amore
iscritti nella Parola eterna e consegnati
al grigiore di mani fiacche.
Ma là, nella grotta, ove l’Infinito s’è fatto carne
per liberare la rondine nascosta nell’anima,
si rivela il mistero nudo di ragione che dà senso.
Non c’è parola né potenza,
né grido né odio,
né trionfo né vittoria.
Al sorgere dell’alba divina vorrei
che il mio cuore fosse una grotta aperta ;
non una pietra sepolcrale.