Scicli ha dato l’estremo saluto a Marta Nigro

“Spesso il male di vivere ho incontrato”. Don Nunzio Di Stefano apre l’omelia con Eugenio Montale dopo la lettura evangelica che narra dei due discepoli che, recatisi sulla tomba di Gesù, la trovarono spalancata.
La chiesa del Carmine a Scicli è gremita: ci sono tanti ventenni, amici e coetanei di Marta Nigro, morta due giorni fa dopo un lancio da un ponte, mentre gran parte del clero sciclitano, e fra questi il giovane clero sciclitano, concelebra il funerale. Come fa spesso, don Nunzio parla ai credenti, ma anche a chi “non ha il dono della fede in Dio”.
“Era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa”.
Cosa fa l’uomo senza fede davanti alla morte?
Constata la caducità delle cose materiali, prosegue il parroco.
“Marta amava l’arte, aveva una predilezione per il bello. Quest’ l’aveva spinta a isciversi all’Accademia. Ora mi chiedo e chiedo a voi? Cosa è Dio? E’ un l’essenza stessa del bello, del buono, del vero”. “Non leggo Montale parlando di Marta. Lo leggo parlando di ciascuno di noi, del senso di angoscia che può avere la meglio su ciascuno di noi ogni giorno”.
“Vi chiedo però di non cadere nella trappola del: “perchè?” E di non essere attratti dall’altra domanda: “se…”. “Se Marta…”. La risposta ai nostri dubbi e alle nostre angosce è nell’atto di fede dei due discepoli, che, trovando spalancata la tomba di Cristo hanno creduto nella Risurrezione. E per questo noi preghiamo affinchè Dio voglia accoglierla al suo cospetto, in cielo”.

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