IL TRIBUNALE DI MODICA: ACCORPAMENTO O ACCOPPAMENTO? di Salvatore Rizza

Ospitiamo con grande piacere e onore un articolo del dottore Salvatore Rizza, già magistrato giudicante al Tribunale di Modica, stimato in carriera e anche durante la sua meritata pensione. Il magistrato si occupa della vicenda relativa alla ipotizzata soppressione del Tribunale di Modica. Di ciò ringraziamo, oltre al giudice Rizza, il direttore del mensile “Dibattito”, Raffaele Rossino, per avere acconsentito alla pubblicazione.

Ho, già da tempo, espresso su Dibattito la mia opinione sulla vexata quaestio della soppressione del tribunale di Modica. Nondimeno, in questi giorni, la vicenda è tornata sul tappeto per l’accesa polemica nata da un recente deliberato con cui la locale sottosezione dell’A.N.M. ha ripreso a sollecitare l’accorpamento dell’ufficio giudiziario in questione alla circoscrizione di Ragusa. Ciò mi induce a tornare sull’argomento, cercando, per quanto mi consente l’incipiente arteriosclerosi, di ragionare sui fatti, come, parlando per apologhi, assai saggiamente suggerisce di fare il Procuratore della Repubblica di Modica. Per la cronaca, gli aderenti alla magistratura associata che, stando a un loro piccato comunicato stampa, non sembra abbiano gradito il contrario avviso espresso dal capo della Procura modicana, sono stati a loro volta picconati dall’avvocato Scarso, presidente del consiglio comunale e apprezzato esponente del foro modicano, il quale ha diffuso una veemente intemerata diretta al C.S.M. e al ministro della giustizia. A quest’ultimo si è pure rivolto il governatore Lombardo con una lettera del 20 febbraio scorso, nella quale si contesta il programma di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, concepito trascurando l’effetto dirompente che la soppressione dei tribunali può avere in una regione che, come la Sicilia, è da secoli afflitta dalla piaga mafiosa.
Insomma, una polemica al calor bianco, che, riguardando un argomento estremamente sensibile come la soppressione di uffici giudiziari, ha finito per coinvolgere le istituzioni.
Venendo al problema che ci occupa, non riesco, anzitutto, a comprendere il motivo per cui, ammesso che di soppressione si debba parlare, la questione, stando a quanto è previsto alla legge delega 148/2011, non debba riguardare anche i tribunali aventi sede nel capoluogo di provincia, visto, se non altro, che esiste già l’eccezione di Santa Maria Capua Vetere, che si trova ad appena otto chilometri da Caserta e che nessuno si sogna di sopprimere.
Detto questo, sarà pur vero che il privilegio del merum et mixtum impoerium medium et minimum tum civilem quam criminmalem et cun appellattionibus quibuscumque che re Martino d’Aragona, buonanima, concesse nel 1392 a Bernardo Cabrera, conte di Modica, lascia ormai, a distanza di tanti secoli, il tempo che trova. E’ anche vero, però, che, a loro volta, le sbandierate ragioni di efficienza e di economicità dell’attività giudiziaria che militerebbero a favore dello smantellamento dell’ufficio modicano sono ben lungi dall’essere provate e si risolvono in una sostanziale petizione di principio.
Proviamo, dunque, a rimanere coi piedi per terra, partendo dalla legge delega 148/2011, la quale, all’art. 2, laddove fissa i criteri cui deve attenersi l’emananda normativa prevista per il riordino delle sedi giudiziarie, ha stabilito che in una alla riduzione degli uffici giudiziari di primo grado (non provinciali), occorre ridefinire l’assetto territoriale di quelli rimasti in vita, “anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, … secondo criteri oggettivi e omogenei”.
Ne consegue che, parlare tout court di soppressione del circondario di Modica senza avere prima verificato se per caso questo, per le ragioni previste dalla legge delega, non meriti di essere, invece, rafforzato, mi pare indice di un approccio a dir poco sbrigativo e preconcetto al problema.
Nel caso specifico, va ulteriormente precisato che l’auspicato accorpamento sembra presupporre che lo sventurato tribunale modicano, per le ridotte dimensioni della circoscrizione e per la propinquità a quello di Ragusa, sarebbe inutile, inefficiente e dispendioso.
Or, è vero che, stando ai parametri ministeriali, la dimensione minima del tribunale-tipo richiede un bacino di utenza di almeno 350.000 abitanti. E’ vero anche, però, che è la pratica di ogni giorno a dirci che è decisamente campato in aria il prospettato rapporto tra giudici e cittadini utenti su cui si fonda detto parametro, concepito a prescindere dalla zona operativa, dal numero e dalla tipologia degli affari trattati. A nessuno, tanto per venire al concreto, verrebbe in mente di sopprimere i tribunali di Locri o di Palmi, e di accorparli al tribunale di Reggio Calabria, solo perché servono circoscrizioni scarsamente popolate (intorno a centomila abitanti).
Non ha senso, dunque, far le nozze coi fichi secchi, in ossequio al dio sparagnino, visto che il risultato, nel nostro caso, sono gli uffici giudiziari – specie quelli con più vasto bacino di utenza – letteralmente intasati e i noti ritardi biblici nella fissazione delle udienze e nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali.
Se, peraltro, l’accorpamento è la pancea che risolve d’un colpo tutti i possibili problemi d’inefficienzza, poiché, come tutti sanno, ormai la Corte d’Appello di Catania adotta rinvii di tre anni tra un’udienza e l’altra, perché non proporre un accorpamento del distretto di Catania a quello di Messina (che sembra leggermente più spedito )?
In realtà, provocazione a parte, non è la dimensione dell’ufficio che ne determina l’efficienza e garantisce l’economicità del servizio, ma, semmai, oltre che il corretto rapporto tra utenti e personale (giudici, in primo luogo) addetto all’ufficio, la professionalità di detto personale e la sua idoneità a far fronte al carico di lavoro da smaltire.
Uguali considerazioni valgono per la contiguità delle strutture, che non è, di per sé, necessariamente indice di eccessiva dispersione. Ciò che vale è, semmai, il corretto rapporto tra struttura e territorio, avuto riguardo, non solo e non tanto alla contingente ubicazione dell’edificio, quanto all’estensione della circoscrizione, al numero degli utenti e al numero e alle caratteristiche degli affari trattati. Tale considerazione ci porta, lo si voglia o no, ad affrontare la questione sotto il profilo storico e sociologico.
E’, in effetti, storicamente provato che laddove lo Stato è latitante, si afferma, prima o poi, la criminalità (organizzata e non). Viceversa, è proprio la concreta, tangibile presenza del presidio giudiziario, con quel che segue in ordine al controllo del territorio, che rafforza la presenza dello Stato e contribuisce a creare nella popolazione quella mentalità legalitaria che, in definitiva, prima e più ancora che l’attività repressiva, costituisce il principale anticorpo contro l’attecchimento e la diffusione del malaffare. E’ sintomatico, del resto, che nell’area sudorientale sicula e, in particolare, nella circoscrizione del tribunale modicano, la mafia non abbia ancora messo consistenti radici : ciò che, in sostanza, costituisce una felice anomalia nel contesto del territorio siciliano, altro non è che l’effetto di un’antichissima tradizione di legalità che, seppure dovuta a un “guiderdone” feudale, ha, tuttavia, finito per incidere profondamente, nel corso dei secoli, sull’organizzazione sociale e sulla mentalità dei cittadini.
Inutile aggiungere che la scarsa incidenza della criminalità organizzata non è, a sua volta, un buon motivo per privare, il territorio bonificato, del presidio che è stato il fattore determinante della crescita e del radicarsi della legalità e senza il quale, come correttamente osserva l’avvocato Scarso, ben presto la criminalità riguadagnerebbe, nel giro di pochi anni, il terreno perduto.
Non si tratta, come si vede, di mera questione campanilistica o di vacue gloriuzze veteromunicipaliste, agitate, come estrema, disperata difesa, dai tradizionalisti asserragliati tra le rovine di antichi privilegi come gli assediati di Alamo. Si tratta, invece, di cosa molto più seria, ovvero, di far tesoro dell’insegnamento della Storia, sempre, beninteso, che nella Storia (sissignore, con la esse maiuscola!) si sappia leggere.
Decisamente fuor di luogo e perfino risibile, appare, poi, la motivazione economica.
Va, al riguardo, premesso che la soppressione di un Tribunale non può mai considerarsi una normale e asettica operazione burocratica, atteso che, in via di principio, è errato subordinare l’esistenza di strutture indispensabili per la vita della comunità (scuola, sanità, giustizia) alla loro “economicità”. Esse vanno, infatti, mantenute a prescindere da tutto, semplicemente perché, in loro mancanza, lo stesso Stato finisce di esistere.
Detto questo, è arcinoto che l’attuale sede del tribunale di Ragusa, nata già sottodimensionata e oggi insufficiente a contenere perfino le strutture richieste per l’attuale organico, è assolutamente inidonea ad accogliere anche gli uffici modicani. Stando così le cose, l’auspicato accorpamento comporterebbe, oltre allo spreco di circa venti milioni di euro, occorsi per la realizzazione del moderno edificio di piazza Scucces (inaugurato, con l’usuale pompa, meno di dieci anni fa), l’enorme spesa suppletiva necessaria per dotarsi del nuovo edificio dove allocare il nuovo tribunale o, quanto meno, l’ufficio accorpato. Da scartare decisamente, infine, l’idea di una sezione distaccata a Modica (visto che, a tutto dire, le sezioni distaccate devono essere, a loro volta, soppresse) o, peggio, pensare a quella brutta copia della sezione distaccata che sarebbe il dislocamento differenziato degli uffici nell’attuale sede del palazzo di giustizia modicano (nell’uno e nell’altro caso, tanto varrebbe mantenere in vita entrambi i tribunali).
Nessun sostanziale risparmio, ovviamente, vi sarebbe, stante il corrispondente aumento del carico di lavoro, per ciò che riguarda il personale (la faccenda riguarderebbe solo il direttore di cancelleria), a meno che lo Stato non pensi di procedere con l’usuale sistema del “paghi due e prendi uno”. Ciò, in effetti, è quanto, purtroppo, sembra, per l’appunto, proporsi il legislatore, per ciò che riguarda i giudici, con la previsione di cui all’art. 1 bis del subemendamento “per la salvaguardia dei tribunali minori non aventi sede nel capoluogo di provincia” (sic!), a firma del senatore PD Lusi (toh, chi si rivede!) ed altri, approvato il 1°.9.2011. Tale provvedimento, infatti, prevede che, a seguito dell’avvenuto accorpamento, ”i magistrati e il personale amministrativo” dell’ufficio soppresso faranno parte dell’organico del nuovo ufficio “anche in sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze”.
In altri termini, per chi sa leggere tra le righe, sempre in ossequio al dio sparagnino, si pensa già, a quanto pare, a un organico del nuovo ufficio inferiore alla somma algebrica di quello precedentemente in forza nei due uffici. Se si considera che gli organici degli uffici giudiziari sono, come s’è detto, già oggi largamente sottodimensionati, può ben comprendersi quale sarà l’esito dell’accorpamento : un ufficio giudiziario mostruoso, un elefante asmatico che avrà un bacino di utenza ipertrofico e un numero insufficiente di giudici. Insomma, così come accade in altre circoscrizioni consimili (leggasi Siracusa), anche dalla nostre parti godremo di un marchingegno pressoché incapace di funzionare decentemente e, dunque, tale da giustificare gli usuali elaborati vituperi contro i giudici e la malagiustizia e da legittimare gli sciagurati esperimenti deflattivi (depenalizzazioni selvagge, indulti in serie più o meno mascherati, riti speciali abortiti già prima di cominciare a funzionare, allegre scorciatoie che, come le sentenze sintetiche, si traducono in denegata giustizia e via sperimentando) degli imperversanti apprendisti stregoni. A fronte di ciò, nessuno – A.N.M. per prima – vuole ammettere che la vera e principale causa della malagiustizia è costituita, oltre che da un sistema di reclutamento dei giudici eminentemente mnemonico e, come tale, inadeguato, dalla cronica insufficienza, quanto meno numerica, dei giudici in relazione ai carichi di lavoro loro assegnati.
Rimane, per ultimo (last but not least), da considerare l’indice di produttività.
Venendo alle sacre statistiche (pressoché invariate da quando, nel 2008, la locale sottosezione dell’A.N.M. pronunciò il suo primo, fatale ceterum censeo), va chiarito che il tribunale di Modica si occupa sostanzialmente della stessa tipologia di procedimenti civili e penali trattati a Ragusa e Siracusa. A fronte di ciò, ha un rapporto giudici-abitanti di 11.065, pressoché pari alla media nazionale (11.351), di gran lunga superiore a quello di Gela (appena 6.484 per ciascuno dei 14 giudici in organico). A tale ultimo riguardo, non è certamente vero quanto riportato nel servizio apparso il 5 gennaio 2008 su Il Sole 24 ore, laddove si sostiene che, a Gela, “la domanda di penale viene da un pò di droga …, un po’ di maltrattamenti in famiglia” (testuale). Tuttavia, non mi pare neppure che la maggiore incidenza della criminalità organizzata, nell’area gelese, sia tale da giustificare il divario anzidetto.
Quanto all’indice progressivo di produttività per singolo giudice, questo era, a Modica, nel 2008, pari a 413,1, e, dunque, seppure più basso della media nazionale (534), superiore a quello di Caltagirone (407,4) e, ancor più, a quello di Gela (308,8), nonché a quello di molti tribunali provinciali.
Non pare, in definitiva, che, anche alla luce dei dati statistici di cui sopra, sussistano le condizioni per la soppressione del tribunale di Modica. Sussistono, semmai, le condizioni per operarne l’ampliamento della circoscrizione, estendendola, previo congruo adeguamento dell’organico, ai territori di Pachino, Rosolini e Noto. Il che, per inciso, consentirebbe di allargare congruamente la circoscrizione di Modica e di alleggerire, al contempo, quella di Siracusa, notoriamente troppo pletorica e caotica. Val forse la pena di rammentare, in proposito, che, a sua volta, c’è chi, con il progetto di legge n. 3018 del 4.8.1993, chiede di aggregare al tribunale di Gela i territori di Niscemi Licata e Vittoria.
Temo, a questo punto, che, come mi suggerisce perfidamente il mio pessimismo, verrà, a breve, seguita la sbrigativa strada indicata dal deliberato di A.N.M., anche per compensare il tribunale di Ragusa dello scippo del territorio vittoriese progettato in favore del tribunale gelese : come dire : se il buon giorno si vede dal mattino, è meglio aspettare che faccia notte. Con il che si saranno felicemente raggiunte le auspicate economie di bilancio. Con buona pace per l’accorpamento – pardon, l’accoppamento – del tribunale di Modica.

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