Signor Presidente,
ho assistito al Suo ingresso al Governo della Nazione con molte riserve ancorché non animato da preconcetti. Tali riserve inerivano alla qualificazione di “Governo tecnico”.
A mio parere è solo una vuota formula perché i governi si qualificano in relazione ai contenuti dell’azione politica che esercitano. Peraltro, se il Suo governo si pone il fine principale di attuare le necessarie riforme socio-economiche, nessuna riforma sarebbe destinata al successo se non fosse sorretta da respiro politico. Il Suo governo è stato accreditato quale momento necessario dell’emergenza finanziaria e della profonda crisi economica dello Stato. In tale contesto i provvedimenti governativi sono passati per ineludibili e ob torto collo accettati. Ciò che è rimasto coperto molto abilmente da una spessa coltre di compiacenza e di strumentale superficialità di gran parte dei commentatori tecnici e politici è la intenzione del Suo governo in merito alla reale imputazione dei costi della emergenza. Ho aspettato gli eventi, i quali da una parte stanno confermando giorno dopo giorno la politicità del Suo governo , costretto a salvarsi come il precedente a suon di imposizioni di “fiducia” parlamentare, e dall’altra conferiscono consistenza alle mie riserve.
Tre settimane or sono ho letto di Sue dichiarazioni secondo le quali a “lungo andare” l’attività impositiva produrrebbe effetti positivi anche in tema di crescita.
Giustamente il Suo governo è stato incalzato sulle prospettive economico-finanziarie, cioè sulla “crescita”, ma nessun provvedimento concreto ad oggi è stato emanato.
La scorsa settimana ho letto, probabilmente a seguito di incalzanti pressioni, della necessità di un “riequilibrio del sistema impositivo” e “graduale spostamento dell’asse del prelievo dalle imposte dirette a quelle indirette”.
Questa tendenza mi ha reso evidente la vera natura politica del Suo governo: recuperare e restaurare il sistema economico-finanziario in crisi, epperò facendo pagare gli errori, le incongruenze, le dissipazioni, gli sperperi e le
immani perdite non a quanti li hanno causati, cioè la grande finanza europeista ed occidentalista votata ad un gioco finanziario crollato come castello di carta per mancanza di contenuti economici, ma indiscriminatamente a tutti e in particolare ai consumatori tutti. Invero, come è possibile recuperare denaro per pagare i debiti dello Stato attraverso le imposizioni indirette, cioè tassando
vieppiù i consumi e quindi tassando indiscriminatamente tutti, anzi i più poveri e i più deboli (quale preoccupazione potrebbero avere i ricchi della tassazione dei loro consumi?), nel momento in cui proprio per l’aggravata imposizione i consumi sono destinati a subire una naturale e decisa flessione?
Il mercato, la divinità pagana della finanza, cerca di introdurre in un contesto europeo un nuovo tipo di speculazione molto abietta e immoralmente bifronte: la
calmierizzazione dei prezzi per recuperare la politica dei consumi attraverso la perpetuazione della politica colonialista (ancora!), sfruttando da una parte le illecite produzioni dei paesi del terzo mondo e dell’est asiatico, e dall’altra parte impoverendo le produzioni locali, costrette come sono a reggere ancorché in perdita la concorrenza.
Per la verità questa politica economica, alla lunga perdente, è stata già attuata dalla UE dell’Euro con i paesi poco sviluppati dell’Est della ex cortina di ferro, aggregati al carro europeista in corsa, a danno dei paesi progrediti.
Con il senno del poi dobbiamo concludere che l’UE si è comportata come il gatto: ha nascosto sotto uno strato di polvere le sue deiezioni finanziarie.
Alla fine, mi pare che tutta la azione del Suo governo sia rattoppatrice tendendo al recupero di un sistema fallimentare e non affronta le vere e reali cause della crisi del sistema economico dell’UE e dell’Occidente.
On. le Presidente,
i due sistemi economici che hanno assicurato fino ad oggi la vita dell’uomo sia ad Oriente che ad Occidente, basati sul concetto di sviluppo economico inteso quale motore perpetuo del progresso, senza regole e principi che non quelli autoreferenziali, quello collettivista marxista e quello liberista occidentale, sono in crisi. anzi sono arrivati al traguardo per implosione. Questa e solo questa è la vera e reale causa principale del dissesto economico-finanziario che oggi subiamo. Vedrà più avanti come questo concetto di sviluppo economico porterà all’implosione gli analoghi reali sistemi dei paesi e dei popoli dell’Est asiatico, che oggi sembrano cavalcare a loro vantaggio la crisi: scioccamente usano lo stesso sistema economico-finanziario che è entrato in crisi nel resto del mondo. Di conseguenza la soluzione passa attraverso un nuovo sistema economico che ridimensioni e riporti alle possibilità reali i termini della crescita dell’umanità e dei singoli popoli, del concetto di sviluppo economico, del mercato e dei consumi.
A me sembra, comunque, che si debba invertire la rotta per cui non l’uomo è fatto per l’economia, ma l’economia per l’uomo. In conclusione, continuare ad alimentare il contesto economico-finanziario europeo senza eliminarne le cause della attuale crisi implosiva significa bruciare i sacrifici della gente (i cui effetti devastanti in termini di diritti sociali e di diritti civili miopiamente oggi si vogliono ignorare e comunque si sottovalutano), che bene sarebbero fatti se destinati ad una Europa diversa in termini di dimensione politica (epperò, chi dei Paesi unionisti europei è disposto a rinunciare alla propria sovranità o a ridimensionarla per una Europa da dimensione politica ? ) o a recuperare le identità nazionali prendendo atto definitivamente del fallimento dell’Unione Europea.
La ossequio e La saluto.
La lettera del Presidente del Consiglio comunale di Modica al premier Mario Monti. Riceviamo e pubblichiamo
- Marzo 16, 2012
- 9:57 pm
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