DALLA DEFINIZIONE ARISTOTELICA DI POLITICA AL SIGNIFICATO REALE CHE ASSUME AI GIORNI NOSTRI. EPPURE…….NULLA SI MUOVE. La riflessione di Ballarò

Risale ad Aristotele la prima definizione di “politica”. Con questo termine, il filosofo greco indicava l’amministrazione delle “polis” alla quale tutti i cittadini partecipavano per il bene dell’intera comunità.
Dai tempi in cui visse questo scienziato e filosofo, sono passati tanti secoli ma il concetto di politica è così cambiato nel tempo da non poter più essere definito oggi così come saggiamente fu interpretato all’origine.
La politica ossia l’arte di governare le società, è sempre più diventata la meta ambita non da uomini che avessero a cuore il buon governo della società che grazie alle loro conoscenze, alla loro cultura, potesse progredire e consolidare un diffuso benessere tra i cittadini, ma da personaggi che hanno visto nella gestione della politica, la possibilità di perseguire il proprio arricchimento mediante intrecci molto spesso illegali, a discapito degli interessi dell’intera collettività, fatti salvi gli amici che hanno contribuito alla realizzazione di questo traguardo.
Oggi, sono note a tutti le conseguenze d’una concezione ultraventennale della politica volta a privilegiare l’interesse personale piuttosto che quello generale; i politici, arrivati al punto di non poter più gestire i guasti provocati da decenni di proprie incapacità, di gestione fraudolenta del denaro pubblico, di sprechi senza limiti, hanno dovuto acconsentire, motivandolo come gesto di responsabilità politica, al subentro d’un governo tecnico che tentasse di salvare quanto di salvabile rimane d’un Paese del quale non si sono svendute le piazze ed i monumenti perché non hanno trovato acquirenti.
Questo governo in carica da tre mesi, eletto non dal popolo ma dal Parlamento ormai alle corde, agisce con provvedimenti concreti che stanno minando la già fragile economia del Paese; riforma le pensioni, mandando a riposo i lavoratori a 67 anni; liberalizza, sostenendo che da queste misure il Paese ripartirà; con un colpo di spugna, cancella l’unica tutela dei lavoratori, ossia l’articolo 18 che mezzo secolo fa, i nostri padri avevano conquistato con lotte, talvolta col sangue;aumenta tasse e tributi, cambiandone il nome, ma nella sostanza ponendo i cittadini di fronte alla reale impossibilità di campare; da buoni economisti ed amici dei capitalisti, ripristinano le commissioni alle banche; nulla si scorge invece sul piano dell’eliminazione di privilegi che rappresentano per questo Paese il vero cancro della società.
Ebbene, di fronte a cotanto impegno di questi professori, di fronte al fatto che sempre più famiglie ed imprese sono al collasso, è possibile constatare come ancora alcuni cittadini riescono a mostrarsi ottimisti e pazienti, piuttosto che unirsi al popolo degli indignati, degli oppressi da politiche miopi e faziose, che al di là che siano varate da politici di mestiere o da tecnici, stanno portando il Paese dove non si pensava potesse mai arrivare.
Cosa ci devono fare ancora perché tutti noi,unanimemente, si riesca a dire basta a tutto ciò che viene deciso sulla nostra pelle ?

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