Vendere i beni confiscati alle mafie, le Acli provinciali di Ragusa: “Siamo disponibili a fare cassa anche a rischio di abbassare la guardia?”

Ritorna ad aprirsi, ancora una volta, il dibattito sull’utilizzo dei beni confiscati alle mafie. Segnato da un’idea sempre più ricorrente, di far cassa per il pareggio di bilancio. E’ questo il tema di un documento approvato dalla presidenza provinciale delle Acli nell’ultima riunione dopo che l’input della ministra Cancellieri per la vendita dei beni stessi ha impresso alla questione un rinnovato interesse. “Quest’ipotesi ha aperto un dibattito nella nostra provincia – afferma il presidente provinciale delle Acli, Rosario Cavallo – segnato dalla sufficienza che contraddistingue il dibattito politico, culturale e sociale oggi. Un dibattito votato all’individuazione di scorciatoie o alla mera attività gestionale (fare cassa) e foriero di un’impressionante semplificazione delle questioni complesse e pericolose, come tutto ciò che riguarda la lotta alle mafie, se trattate alla stregua di una qualunque questione meramente amministrativa”. Nel documento approvato dalla presidenza provinciale si specifica che è “legittimo per chiunque ipotizzare modifiche di norme che hanno avuto meriti non indifferenti nel colpire gli interessi vitali delle mafie, ossia i patrimoni, ma ci si aspetta anche proposte che, specie se provenienti da livelli di governo alti, siano sostenute da un’analisi sulla complessità del fenomeno mafia oggi. Una realtà cioè sempre più votata a star dentro l’economia legale, sempre più depositaria di ingente liquidità da riciclare in attività lecite e con una grande voglia di riprendersi ciò che gli è stato confiscato. La vendita dei beni rischierebbe di divenire la risposta a questa sempre più forte vocazione alla mimetizzazione mafiosa, divenendo un formidabile strumento di investimento delle enormi quantità di denaro da riciclare”. “O abbiamo presente questi dati – dice dal canto suo il responsabile per la legalità delle Acli provinciali di Ragusa, Giuseppe Fiorellini – o rischiamo di buttare a mare anni di lotta alle mafie, riducendo la memoria a mera commemorazione e il ricordo delle vittime a stanchi riti che per pudore non si dismettono”. C’è anche una ragione economica oltre che culturale a spingere verso il riutilizzo sociale dei beni confiscati: sul piano culturale restituire il maltolto, alla comunità civile, da parte delle mafie certifica soprattutto agli occhi dei giovani che le mafie sono vulnerabili e sconfiggibili. “Sul piano economico – aggiunge il presidente Cavallo – si crea nuova economia e nuovo lavoro, senza la logica del profitto che necessariamente la compravendita dei beni evocherebbe, di più puntando verso quell’economia sociale e verso quella democrazia economica, insite nel riutilizzo e nel controllo sociale che ne consegue, può esserci una risposta alla crisi nell’era della finanza drogata che ha messo in ginocchio l’economia in un mercato globale senza regole. Riteniamo quindi utile l’aprirsi di un dibattito attorno a questi temi purché rafforzi e non riduca i principi e i valori che già insiti nella ratio della legge Rognoni-La Torre, si sono rafforzati nel tempo e possono divenire ancora più forti diventando patrimonio comune. Su questo terreno le Acli ragusane sono impegnate e chiamano alla mobilitazione civile e culturale quanti, singoli o associati, vogliono tenere alta la guardia sul terreno della lotta alle mafie”.

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