Il mio istintivo interesse per i problemi sociali, supportato da approfonditi studi della materia, mi ha portato a constatare che i disabili e, in genere, i diversi continuano a essere discriminati. Da sempre l’essere umano ha temuto non solo il diverso, ma più in generale ciò che non riesce a spiegarsi immediatamente. Anche se studiosi come Freud, Winnicott e tanti altri hanno tentato di illustrare le motivazioni psicologiche, sociologiche e evoluzionistiche di questo fenomeno negativo, il principale motivo di ogni forma di discriminazione resta sempre l’ignoranza.
Conseguenza di questo atteggiamento è una almeno parziale emarginazione dei diversamente abili. Una loro completa integrazione è invece possibile. Come già accennato, l’emarginazione è una condizione che scaturisce dall’analfabetismo psico-sociale, pertanto attraverso un costante impegno da parte di tutti noi le cose possono sicuramente migliorare. Per il futuro sono piuttosto ottimista, perché lavorando nelle scuole e con la diversità posso appurare quotidianamente che i bambini non sono mai prevenuti di fronte a nessun tipo di disabilità: sono gli adulti che, attraverso il cattivo esempio dettato dal pregiudizio, li condizionano negativamente. La strada da percorrere è comunque ancora lunga e tortuosa, nonostante la tradizione cristiana del nostro Paese faccia pensare a un più radicato senso di solidarietà. Ma, a mio parere, tale contraddizione è spesso figlia della rigidità. Una condizione che si ritrova in tutte le religioni e quella cristiana, purtroppo, non fa eccezione. Aggiungo che, personalmente, non mi piace il concetto con cui la cristianità concepisce il disabile. Il diversamente abile non è un “poverino” che va aiutato in quanto sfortunato, ma è una persona come qualsiasi altra. Egli non cerca l’elemosina emozionale o l’accettazione da parte di una comunità in quanto persona disagiata, ma vuole essere considerato, amato e anche odiato, purché possa vivere la propria esistenza con la stessa dignità che si dovrebbe attribuire sempre a qualunque essere umano.
E invece i tempi non sono ancora maturi. Paradossalmente, le cose andavano meglio in epoca preistorica. Studi recenti hanno dimostrato che tra gli uomini di Neanderthal, (parliamo di circa 100 mila anni fa e di una specie umana che non è la nostra) quanti avevano subito un’amputazione a causa di un incidente o per motivi di caccia continuavano a vivere, perché altre persone della comunità si occupavano di loro. Gli uomini primitivi, nel campo della diversità, hanno dunque mostrato una civiltà talvolta più evoluta della nostra, ma è giusto aggiungere che negli ultimi trent’anni le cose sono molto migliorate, e questo fa ben sperare per il prossimo futuro.
Dove invece si è ancora lontani dall’equilibrio è nel riconoscere il diritto ad amare della persona con disabilità. Ma l’amore è un sentimento che nessuno può imbrigliare. Il fatto che spesso la società si contrapponga a questo diritto non significa che non si possa concretizzare. Certo spesso mancherà l’approvazione, ma il diritto di provare un sentimento e di essere ricambiati resta. Altra questione spinosa, complessa e talvolta controversa riguarda l‘emarginazione che coinvolge anche la famiglia del disabile. In generale, purtroppo, non posso esimermi dall’ammettere che spesso il nucleo familiare, a causa dell’enorme impiego di energie che un disabile richiede (e qui la gravità ha un ruolo importante) tende esso stesso a isolarsi. Inoltre ci sono anche casi in cui è più difficile metabolizzare una disabilità (specialmente se acquisita) per un familiare, che non per la persona che “incappa” in questa peculiare e svantaggiata condizione. Per alleviare il fardello di chi ha in casa una persona con disabilità bisognerebbe mettere il prossimo in condizione di dare il meglio, ma senza chiedergli l’impossibile. A tale proposito vorrei citare una massima di Antimo Pappadia, scrittore e saggista e professionalmente impegnato nel sociale. Una frase che, naturalmente, (vale per tutte le categorie di abilità) bambini compresi: “Se mettiamo gli altri in condizioni di non esprimersi, questi saranno sempre ridimensionati, se invece diamo loro la possibilità di essere se stessi, lo saranno sempre e in ogni circostanza; mentre ancora se forniamo loro le condizioni congeniali affinché possano dare il meglio, allora ci sbalordiranno, perché supereranno se stessi“.
I disabili o i diversi in genere, continuano a essere discriminati. Di Enza Iozzia
- Maggio 31, 2012
- 3:33 pm
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