Processo lungo di primo grado. La Corte d’Appello risarcisce modicano. Condannato il Ministero della Giustizia

Un processo durato sette anni in primo grado. La parte lesa chiede conto e ragione e li ottiene. La Corte d’Appello di Messina, infatti,  ha condannato il Ministero della Giustizia, ammettendo il ricorso del modicano Giovanni Antoci, 53 anni, difeso dall’avvocato Giovanni Di Pasquale del Foro di Modica, per i ritardi che ci sono stati per la definizione di un processo penale. Secondo i giudici è considerato in tre anni il periodo ragionevole di un procedimento di primo grado mentre quello che interessava il ricorrente è durato ben sette anni. Nella sentenza il ritardo è imputabile al Ministero della Giustizia. Antoci aveva chiesto un risarcimento danni a titolo non patrimoniale di ottomila euro. La Corte d’Appello ha condannato il Ministero a quattromila euro oltre interessi legali dalla data di deposito del ricorso e al rimborso delle spese processuali liquidato in complessivi 1300 euro.
I magistrati hanno deciso per la legittimità del ricorso dell’avvocato Dipasquale per conto di Antoci, ritenendo sussistente la violazione dell’articolo sei, paragrafo uno, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. A distanza di sette anni i giudici di primo grado avevano condannato due persone al pagamento in favore di Giovanni Antoci della somma di quattromila euro a titolo di risarcimento del danno morale subito. “Appaiono illogici e assolutamente dilatori – si legge nella sentenza della Corte d’Appello – gli ultimi due rinvii disposti dal giudice del Tribunale di Modica. In particolare sembra irragionevole che tra l’ultima udienza di assunzione delle prove, avvenuta il sei maggio 2005, e quella per le conclusioni fissata per il 29 settembre 2009 siano decorsi ben quattro anni e cinque mesi. Appare evidente che tale lungo intervallo tra un’udienza e un’altra sia da attribuire esclusivamente alle disfunzioni organizzative del Tribunale adito(rinvii legati all’elevato numero di cause da trattare e al succedersi di più giudizi nello stesso procedimento)e non certamente al comportamento tenuto dalle parti nel processo.”.

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