Centri commerciali aperti il 26 dicembre. Iabichella chiede ai Vescovi di sensibilizzare i fedeli a non andare nei negozi il 26 dicembre.

La misura e’ colma. I lavoratori del commercio di tutta la provincia di Ragusa, sottoposti a turni massacranti, specie in questi giorni, e probabilmente senza riposo fino a febbraio, visto che dopo il periodo natalizio iniziera’ il periodo dei saldi, sono stanchi e chiedono al sindacato ed alle Istituzioni di tutelare il loro diritto al riposo. Giorgio Iabichella, segretario provinciale della federazione del commercio della Confsal, ha chiesto ai Vescovi delle diocesi di Ragusa e Noto di sensibilizzare i fedeli a non andare nei negozi il 26 dicembre. E’ necessario spiegare ai fedeli, tramite un piccolo vademecum, quali sono le conseguenze prodotte dalle “inutili” aperture festive dei negozi, per la società civile e per le famiglie iblee.

Iabichella indica quali sono le conseguenze delle aperture domenicali e festive, facendo riferimento anche alla raccolta firme che la CEI e la Confesercenti hanno avviato in tutta Italia, qualche settimana fa, contro le liberalizzazioni delle giornate e degli orari di apertura dei negozi:

· la domenica e’ l’unico giorno in cui possiamo dedicarci completamente alla nostra vita e ai nostri familiari, contribuendo allo sviluppo morale e civile della società;

· l’apertura non-stop dei negozi non incrementa l’occupazione ma solo la precarietà;

· i dati dimostrano che le vendite della domenica non aumentano il fatturato ma sostituiscono gli incassi delle altre giornate infrasettimanali;

· tenere aperto la domenica significa maggiori costi fissi con conseguenti aumenti dei prezzi per la clientela;

“Ho chiesto l’aiuto dei Vescovi per sensibilizzare per sensibilizzare i cittadini ed i fedeli, magari durante le SS Messe natalizie, ad evitare di andare nei negozi per il 26 dicembre e significando ad essi quali sono i problemi di quelle numerose famiglie che hanno un proprio caro che dovra’ lavorare in quelle giornate.”

“Ritengo che sensibilizzare la clientela –conclude Iabichella – affinchè comprenda che le “commesse” desiderano lavorare, avendo pero’ la possibilità di sostenere l’impegno delle famiglie e dei propri figli, sia segno di civiltà e di progresso.”

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