Uno spettro si aggira per l’Italia: il redditometro. Sotto osservazione i redditi e le spese delle famiglie. Le tre cose che non accettiamo.

E’ bene ammettere subito che la giurisprudenza della Cassazione e della Corte Costituzionale è consolidata in senso contrario alle nostre posizioni. Ma ciò nonostante continuiamo a ritenere assurde queste interpretazioni fatte a nome di un presunto interesse fiscale.
Primo: l’inversione dell’onere della prova. E’ principio generale che deve essere l’Amministrazione Finanziaria a provare l’evasione, tuttavia negli ultimi si è diffuso un principio, ora espressamente enunciato dal legislatore del nuovo redditometro, secondo cui gli indici di redditività sono da considerarsi presunzioni legali relative che l’Ufficio, se ben motiva, può porre a fondamento di un avviso di accertamento.
Nella pratica, come ci insegna l’esperienza dei coefficienti presuntivi e degli studi di settore, accadrà che l’Ufficio non appena verificherà lo scostamento dai dati ricavabili dagli indici di spesa automaticamente emetterà l’accertamento. Spetterà a questo punto al contribuente provare di non essere evasore, il quale a volte potrà trovarsi davanti a una prova diabolica, nel senso che sarà impossibilitato ad offrirla, per cui dovrà soccombere se non riuscirà a confutare altrimenti l’assunto dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo: La retroattività della norma. Il provvedimento da qualche giorno in vigore consentirà agli Uffici di applicare gli indici per verificare gli scostamenti a partire dai redditi relativi all’anno 2009.
Se in generale il contribuente ha difficoltà a dare la prova contraria pensate come sarà arduo giustificare comportamenti risalenti nel tempo.
E poi un principio di lealtà e trasparenza nei rapporti tra Cittadino e Fisco richiede che il primo debba poter conoscere preventivamente i criteri che saranno utilizzati per il calcolo presuntivo del reddito, al fine di adattare i suoi comportamenti anche evitando, se lo ritiene opportuno, determinate spese (può rinunciare a un viaggio, alla palestra).
Terzo: a fronte di un così incisivo potere del Fisco bisognava garantire maggiori spazi al diritto del contribuente alla prova contraria.
Ed invece rimane un processo tributario ancora lontano dai canoni del giusto processo in quanto sbilanciato a favore dell’Amministrazione Finanziaria.
Mi riferisco al fatto che in questo processo non sono ammessi alcuni mezzi di prova quali il giuramento e soprattutto la prova testimoniale, a volte strettamente necessaria per provare determinati fatti.
Di contro, deve evidenziarsi, che la Guardia di Finanza può acquisire dichiarazioni provenienti da terzi per confutare le quali il contribuente potrà fornire solo prova documentale.
Infine, le presunzioni semplici da cui inferire la prova contraria non hanno lo stesso valore quando vengono invocate dal ricorrente.
In una nostra precedente riflessione auspicavamo un ripensamento del rapporto Cittadino Fisco.
Siamo sempre più lontani.

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