Salviamo ‘sto Paese! Solo decisioni politiche di alto valore possono realizzare programmi di governo capaci di combattere la corruzione e risollevare l’economia italiana

Orazio_Ruscica_f07Gli italiani tra il 2010 e il 2011 hanno incominciato a dare fondo ai loro risparmi. Secondo i dati della Banca d’Italia 6 miliardi di euro sono stati utilizzati dalle famiglie italiane per far fronte alle difficoltà economiche; nel 2012 le stime hanno previsto un trend negativo, che costringe sempre più famiglie ad utilizzare i risparmi per fronteggiare il crescente costo della vita. La ricchezza complessiva delle famiglie italiane (al netto dei mutui e prestiti), dopo un periodo di crescita e di relativa stabilità, è diminuita tra la fine del 2010 e quella del 2011 di circa 63 miliardi di euro, per attestarsi a 8.619 miliardi di euro. Anche in questo caso il dato complessivo della ricchezza delle famiglie è in forte calo, secondo la stima preliminare della Banca d’Italia sul 1° trimestre 2012.
I disoccupati in Italia, secondo i dati Istat, nel mese di novembre 2012 sono aumentati di oltre mezzo milione (507 mila persone) rispetto a novembre 2011, con un notevole aumento al 37,1% della disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 24 anni) .
Il peso delle tasse (Imu, aumento dell’Iva, addizionale Irpef, ecc.) è cresciuto notevolmente nel 2012; infatti, famiglie composte da coniugi con più due figli e con un reddito di 50.000 euro annuo che vivono in casa di proprietà, hanno avuto un carico fiscale aggiuntivo di circa 726 euro. Quindi, a causa delle manovre economiche varate dal governo tecnico e da quello precedente, che hanno imposto alla popolazione un più pesante carico fiscale, le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare ad importanti e necessarie spese per il proprio nucleo.
Conosciamo bene la giustificazione degli ultimi due governi sulla necessità di questi maggiori imposizioni fiscali: lo spread e il debito pubblico hanno “costretto ad aumentare le tasse”. Per ridurre, sia lo spread che il debito pubblico, si è intervenuti con provvedimenti indecenti, controproducenti e insensati: lavoro senza diritti, tagli al personale della scuola, alla sanità, alla ricerca, collocazione nel “limbo” (né in pensione né al lavoro) dei quasi 400 mila esodati (dati Inps e non dell’ex ministro Fornero) e aumento della pressione fiscale sulle famiglie con un reddito non superiore a 80.000 euro annui.
Ancora una volta si è intervenuti fiscalmente sulla maggioranza delle famiglie italiane (oltre i dodici milioni) che detengono soltanto il 12,4% della ricchezza nazionale (pari a 1.068 miliardi di euro). Ancora una volta non sono stati intaccati i patrimoni del 10% delle famiglie (circa due milioni) che, invece, detengono il 45,9% della ricchezza nazionale, corrispondente a circa 1.6 milioni di euro a famiglia per un totale di 3.956 miliardi di euro. Tra questi super ricchi l’1%, cioè circa 244.000 famiglie straricche, detiene il 13% della ricchezza nazionale, ciascuna di queste famiglie possiede 4.5 milioni di euro.
A questi super ricchi bisogna aggiungere i quasi dieci milioni di famiglie con un reddito di circa 370.000 euro l’anno che gestiscono la ricchezza nazionale consistente in 3.611 miliardi di euro.
Le diseguaglianze sociali tra uno sparuto numero (10%) di famiglie sempre più super ricche e la metà delle famiglie italiane più povere (operai, contadini, insegnanti, impiegati e precari) fanno emergere con forza la necessità di un riequilibrio e di una ridistribuzione della ricchezza tra tutte le famiglie italiane.
Dal maggio 2011 in poi è incominciato ad aumentare lo spread tra i BTP italiani e quelli tedeschi e si è riproposto il problema dell’aumento del debito pubblico.
In realtà, il vero problema non è l’aumento del debito pubblico, ma il fatto che l’Italia deve rassicurare i creditori di essere in grado di pagare alle scadenze prefissate quanto loro dovuto. Il mercato finanziario ha, infatti, bisogno di certezze, di affidabilità nei pagamenti, di condizioni che favoriscono gli investimenti e ai creditori non interessa quali azioni politico- economiche il Paese metterà in atto. A questi importa invece che siano attivati interventi in grado di restituire i prestiti e non, invece, se il debito pubblico di una Nazione sia oltre il 120% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Gli Stati uniti d’America hanno un debito pubblico che a ottobre 2012 si stima che abbia raggiunto il 140% del PIL, mentre quello italiano dovrebbe essere circa il 123% del PIL. Eppure gli USA hanno una affidabilità che i mercati finanziari giudicano migliore rispetto a quella italiana.
A tutti è chiaro che la crisi non deriva dalla mancanza di ricchezze, ma dal fatto che vi sono grandi quantità di ricchezze inutilizzate. Un elementare principio dell’economia insegna che i tagli alla spesa pubblica producono una decrescita del PIL, una diminuzione dell’occupazione e un aumento del tasso di interesse e, quindi, un aumento del rapporto debito/PIL.
Occorre rimettere nel circuito lavorativo quante più persone possibili, in modo che aumenti il reddito nazionale e ci siano maggiori entrate fiscali; queste serviranno a ripagare il debito pubblico. Secondo la Modern Monetary Theory (MMT) è necessario avviare politiche economiche che, rilanciando la spesa pubblica in deficit, faranno crescere il PIL e l’occupazione.
Ovviamente sarà necessario che le famiglie italiane con patrimoni oltre i 400.000 euro annui incomincino a dare un contributo determinante per il risanamento del debito pubblico; a questo gruppo più che benestante, si dovrà aggiungere l’efficace e il consistente apporto del 10% delle famiglie che detengono beni per 3.956 miliardi di euro.
A questi interventi economici si drovranno aggiungere decisioni politiche di valore ed efficaci che combattano la corruzione, il clientelismo, l’evasione fiscale, le mafie e programmi di governo capaci di “riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo”.
Solo allora la nostra Repubblica riuscirà a dare ai mercati finanziari ciò che desiderano per investire e a noi italiani l’orgoglio di avviare una ripresa economica che assicuri ad ogni cittadino, secondo il dettato costituzionale, il lavoro, la pari dignità sociale, l’istruzione e la possibilità di fruire di un sistema sanitario efficace e gratuito.

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