Il mandato politico in bianco a cura di Salvatore Poidomani(avvocato)

avv poidomani salvatoreGrillo lo vuole rimettere in discussione, i costituzionalisti e gli opinionisti lo difendono. L’art. 67 della Costituzione impone al parlamentare di rappresentare l’intera Nazione e non soltanto coloro che lo hanno eletto, e lo tutela dal suo elettore e dai partiti vietandogli di accettare istruzioni per lo svolgimento delle sue funzioni. Cambiarlo? Sono contrario.
Forse eviteremmo i casi di trasmigrazione da un gruppo all’altro, ma il “cambio di casacca” rappresenta la patologia del sistema, che non è imputabile all’art. 67, ma a questa legge elettorale con liste bloccate che non consente di scegliere e di giudicare il parlamentare alla fine del mandato. L’abolizione della norma non farebbe altro che rafforzare il ruolo e l’invadenza dei partiti (contrariamente all’obiettivo di Grillo), poichè il parlamentare sarebbe costretto a votare e ad adeguarsi alle direttive del segretario o della maggioranza.
Egli invece deve rimanere libero, anche di cambiare opinione nel corso del mandato. Si dice che egli non deve rispondere al partito ma agli elettori. Ma in questo caso aumentano i problemi di natura pratica. Con il mandato do l’incarico a qualcuno di fare o compiere degli atti per mio conto.
Nel rapporto politico è difficilissimo risalire al volere dell’elettore e al contenuto dell’accordo perché un programma elettorale non può affrontare ogni tematica.
Per esempio, come dovrebbe orientarsi il parlamentare di fronte ai temi della procreazione assistita, della costruzione del ponte di Messina o del fiscal compact, se su questi punti non ne ha mai discusso?
E ancora, siamo certi che tutti i suoi elettori abbiano una identica posizione su quella questione?
Come si vede non può essere questo il modo di controllare il parlamentare, sul quale deve ricadere solo una responsabilità di tipo politico e non contrattuale.
E allora, nessun controllo? Al contrario, basta servirsi dell’istituto del consuntivo, stranamente sconosciuto nel nostro lessico politico.
Piuttosto che preventivi e promesse dobbiamo chiedere risultati e pretendere alla fine del mandato, ma io direi ad intervalli annuali, che il nostro rappresentante ci relazioni sul suo operato e sulle iniziative che ha in cantiere.
Una sorta di rendiconto democratico a cui deve essere obbligato il parlamentare, ma che richiede una coscienza democratica anche dell’elettore, il quale deve capire che il suo dovere civico non si esaurisce con l’esercizio del voto.
E quindi cerchiamo il nostro parlamentare, inseguiamolo, stanchiamolo, se è il caso.
All’interno del palazzo di Westminster a Londra, tra la Camera dei Comuni e quella dei Lord, è ubicata la Central Lobby.
Una sala, quasi sempre affollata, dove il cittadino può facilmente accedere e fare le rimostranze al suo rappresentante politico.
La cosa che più stupisce ( a noi italiani, s’intende) è che il parlamentare non può rifiutarsi di incontrarlo.
“ Non ci sono uscite secondarie, deve passare per forza di qui”, ripete in perfetto italiano la guida, una signora inglese che conosce bene il nostro mondo politico.

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