Dal 2008 ad oggi, il numero dei lavoratori stranieri in agricoltura presenti in provincia di Ragusa è aumentato in maniera considerevole. Un dato in crescita che, dall’altro canto, ha visto diminuire il numero dei lavoratori italiani impiegati nello stesso settore. Le cifre parlano chiaro. “Siamo passati – afferma Enzo Pelligra, presidente dell’associazione politico-culturale “Pensare Ibleo” – dalle 9.514 unità straniere del 2008 alle 12.916 del 2012 con un incremento pari a 3.402 in quattro anni. E stiamo parlando, naturalmente, di lavoratori in regola, senza considerare quanti, e ce ne sono, si muovono nel sommerso”. Pelligra sottolinea che “paradossalmente, più la crisi è cresciuta, più il numero degli stranieri è andato ad aumentare. Perfino tra il 2011 e il 2012, periodo in cui le difficoltà economiche hanno raggiunto il loro apice, si è registrato un incremento di lavoratori stranieri, con 354 unità in più”. Nel 2008, la presenza predominante era quella tunisina, con 4.007 unità, seguita a ruota da quella romena, 3.099 unità e, molto più distaccata, da quella albanese, 907 unità. “Al 31 dicembre 2012 – aggiunge Pelligra – il numero dei lavoratori tunisini ha raggiunto la cifra di 5.816 unità, i romeni sono 4.425 mentre gli albanesi ammontano a 1.086 unità. Molto più distanziate le presenze di altre nazionalità: 310 marocchini, 203 polacchi, 331 algerini, 96 egiziani, 173 indiani, 16 libici. Il numero più elevato di lavoratori non stranieri, sempre con riferimento al 31 dicembre 2012, è concentrato sul territorio comunale di Vittoria (sono 4.844) mentre altre realtà come Acate (1.902 stranieri), Ragusa (1.266), Santa Croce (1.595) e Scicli (1.102) sono molto più distaccate. A fronte di tale incremento, come detto, sono in calo, invece, i lavoratori agricoli italiani. Dai 15.025 del 2008 siamo passati ai 14.067 del 2012, il peggiore dato dei cinque anni presi in esame”. Cosa vuol dire? Per Pelligra è evidente che le aziende agricole del territorio ibleo, fiaccate dalla crisi, non hanno saputo garantire quel ricambio e quella innovazione imposta dal mercato. “A ciò si aggiunge la difficoltà di reperire manodopera – continua – per cui è evidente che le imprese agricole hanno cercato di trovare altre soluzioni affidandosi ai lavoratori provenienti dall’estero. E’ un fenomeno che non può passare sotto silenzio anche perché indice di un mutamento del panorama sociale complessivo. Un fenomeno che caratterizza anche la vita delle nostre città, sempre più multirazziali. Sul piano economico, le scelte degli ultimi anni si sono rivelate deleterie per le aziende agricole costrette a ripensare il loro modo di essere presenti sul territorio. I prossimi mesi rischiano di vedere chiudere un numero elevato di aziende, almeno fino a quando proseguirà, e ritengo ne avremo ancora per molto, questa situazione di grave difficoltà economica. Quali potrebbero essere le soluzioni per il futuro? Di fronte ad un quadro così frastagliato, riteniamo che gli enti locali territoriali, seppure alle prese con una grave situazione di crisi, debbano formare un fronte comune e spuntare alla Regione e allo Stato una serie di pacchetti, anche minimali, di interventi salva-aziende. Il discorso sociale è molto più complesso e merita approfondimenti analitici da parte degli aspetti del settore. Come associazione politico-culturale, possiamo dire che occorre il più possibile parlarne perché niente è più come era in passato. E dobbiamo porci il problema di come interagire con questa nuova realtà per vivere meglio negli anni a venire”.
RAGUSA. LAVORATORI STRANIERI IN AGRICOLTURA, DAL 2008 3.400 UNITA’ IN PIU’ “PENSARE IBLEO” RENDE NOTI I DATI RIGUARDANTI LA PROVINCIA “LE AZIENDE HANNO RIPENSATO LA LORO PRESENZA SUL TERRITORIO”
- Aprile 18, 2013
- 12:08 pm
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