Le accuse de “Le Iene” al Procuratore di Modica. Indagata ancora rinviata a giudizio

pelazza le ieneNel mese di ottobre del 2011, era arrivato Luigi Pelazza, inviato della trasmissione Le Iene di Italia1, alla Procura della Repubblica di Modica, per contestare al capo della magistratura inquirente i termini di un’inchiesta del quale il Procuratore Francesco Puleio si era occupato quando lavorava a Catania. Il servizio fu molto pesante poiché la principale indagata, Anna Maria C., condotta agli arresti domiciliari, era stata condannata per il reato ascrittole ma la Cassazione aveva rimandato gli atti al mittente. In pratica era tutto da rifare. Ora Puleio si prende le sue soddisfazioni, perché la donna, al termine del nuovo processo, e’ stata nuovamente rinviata a giudizio insieme ad altre quattro persone, a conferma della tesi sostenuta dal Procuratore di Modica, e rischia una pena da uno a sei anni, per l’accusa di divulgazione, tramite web, di istruzioni e informazioni per il confezionamento e l’utilizzo di ordigni, attraverso i siti, nella sua disponibilità, anarchyboom, amortelostato, morteaberlusconi), materiale teso a fomentare il sovvertimento delle istituzioni e lo scontro violento con le forze dell’ordine, nonché per aver diffuso istruzioni per il confezionamento, con modalità artigianali ed utilizzando materiali di facile reperimento, di ordigni esplosivi di vario genere (bomba acida, lampadina esplosiva, pipe bomb ecc.). Nel corso del processo, la responsabilità di Anna Maria C. era stata valutata dapprima dai tre componenti della Sezione reati contro l’ordine pubblico e l’eversione della Procura di Catania, quindi affermata dal Gip e dal Tribunale del riesame di Catania, ed ancora dal Gup e dalla Corte di appello di Catania. Avverso le sentenze di condanna la signora non ha mai presentato ricorso, dimostrando con ciò di riconoscersi colpevole, ovvero di non riconoscere l’autorità dello Stato. Solo dopo diversi anni, e su ricorso di un altro imputato, la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Catania. “La Corte di Cassazione – ha spiegato Puleio – non ha posto in dubbio le condotte ascritte all’imputata, ritenute certe nella loro materialità, ma ha osservato che mancava la prova Dell’ esistenza di una struttura organizzativa di reale pericolosità.

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