Simona Pitino, portavoce di LiberaModica e candidata a sindaco: Stop al consumo di suolo per fini privati, difesa del centro storico e del paesaggio rurale

simona pitinoPochi giorni fa il movimento LiberaModica ha espresso il proprio punto di vista sulla recente adozione commissariale del Prg e sulla grave responsabilità dell’amministrazione uscente e di quelle che l’hanno preceduta in ordine ad uno dei temi cruciali per la città: l’uso del territorio, quale modello di sviluppo, la qualità della vita della comunità. “La mia riflessione e la mia analisi – spiega Simona Pitino, portavoce del movimenti – presuppongono ovviamente un’idea di città, a partire da una saggia difesa del suo territorio – la sua unica e vera ricchezza – che è inscritta nel Dna di LiberaModica come rivelano i princìpi fondativi contenuti nella carta d’intenti. Tale idea ha prodotto un programma articolato, a lungo discusso in pubbliche assemblee con la città, sul quale LiberaModica chiederà il consenso. Vorrei accennare qui ai suoi aspetti essenziali. LiberaModica, nata come risposta urgente e necessaria proprio ad emergenze come quella urbanistica, fin dalla sua costituzione ha comunicato alla città la propria proposta che, alla luce della “novità” costituita dall’adozione commissariale della variante del Piano regolatore generale, si può così precisare:
1) Censimento immediato dei volumi edilizi costruiti, nel pluridecennale vuoto di regole, a forza di varianti generosamente concesse ai privati.
2) Nel caso in cui tali volumi siano pari, o addirittura eccedano, le previsioni contenute nella variante, stop immediato a nuove concessioni edilizie per fini privati.
3) Appena essa sarà pubblicata, analisi della variante e proposizione di un programma articolato di osservazioni coerente con la nostra visione urbanistica della città basata sull’arresto immediato del consumo di suolo per fini diversi da quelli pubblici orientati verso la creazione di una “Città dei Servizi”, ovvero:
a) stop a nuove edificazioni private.
b) apposizione di vincoli assoluti nel centro storico, sulle colline circostanti e sul paesaggio rurale di pregio;
c) piano di opere pubbliche per una “Città dei Servizi”, in tema di verde attrezzato, valorizzazione e fruizione di beni culturali e ambientali, riqualificazione del patrimonio edilizio esistente;
d) piano straordinario di sostegno all’edilizia privata di manutenzione, ristrutturazione, riuso.
e) Piano di interventi per la messa in sicurezza dei torrenti e, più complessivamente, dell’assetto idrogeologico del territorio.
Perché la città possa crescere, non in metri cubi di cemento ma in qualità della vita, e garantire a tutti i suoi abitanti più benessere e più ricchezza, c’è bisogno, quindi di:
– difendere il centro storico barocco, le meravigliose colline circostanti, il paesaggio rurale di grande pregio capace di consentire un’agricoltura ed un turismo di qualità;
– non rassegnarsi all’avanzata di cemento che ne sta distruggendo l’identità, distorcendo il suo assetto urbano e provocando disagio e angoscia sociale;
– restaurare, “riparare”, riqualificare, rifunzionalizzare il suo enorme patrimonio edilizio, sia quello storico che quello più recente, attraverso un programma straordinario di opere pubbliche che scaturisca da una grande progettualità di edilizia di manutenzione, ecocompatibile e ad alta efficienza energetica;
– mettere in sicurezza idrogeologica il territorio.
E’ a questi obiettivi che bisogna guardare, nella piena coscienza di quanto è accaduto negli ultimi anni. In questo modo non solo si tornerebbe a tutelare e valorizzare l’unica ricchezza pubblica, straordinaria e preziosa, di cui la città dispone e della quale tutti i cittadini potrebbero fruire per il loro benessere, ma verrebbe offerta una grande opportunità di lavoro e di reddito a migliaia di operai, di artigiani, di tecnici, di professionisti e di piccole imprese. Se un Comune come Modica assume quest’idea come base della propria visione strategica, pur con le proprie limitate competenze ed anche in mancanza di risorse dirette, può mobilitare mezzi finanziari e convogliare energie, progettualità e realizzazioni verso una stagione di sviluppo completamente nuova.
Invece, durante l’amministrazione Buscema-Minardo-Giurdanella al centro storico sono stati inferti colpi mortali. Lo scempio della collina dell’Idria e quello di via Fontana ne sono una plastica rappresentazione. Com’è stato possibile che il Comune abbia dato via libera a centinaia di varianti chieste da privati nel loro interesse mentre non abbia mai fatto ricorso allo stesso strumento per apporre, nell’interesse di tutta la città, vincoli dovunque fosse necessario, come, per esempio, nei due casi citati? Com’è stato possibile che negli ultimi dodici anni in Consiglio comunale ci fossero sempre maggioranze zelanti, pronte ad esaudire puntualmente le tante richieste dei privati che hanno devastato il territorio, aggredito un paesaggio rurale di pregio incomparabile e distrutto migliaia di ettari di terreni agricoli fertili, preziosi per l’agricoltura e la zootecnia di qualità, mentre non c’è mai stata una maggioranza sufficiente per deliberare sull’interesse pubblico ad una pianificazione urbanistica attraverso l’adozione della variante del Piano regolatore generale attesa trent’anni?
In proposito, ringraziando quanti con il loro contributo critico sono intervenuti sull’analisi da me proposta arricchendo il confronto su un tema così importante, vorrei rispondere ad una domanda che mi è stata posta: perché nel ricercare le cause di tanto scempio mi sono limitata agli ultimi dodici anni?
Semplicemente perché nel 1999, l’amministrazione comunale in carica portò la variante del Prg all’esame del Consiglio comunale che si espresse validamente con un voto: l’amministrazione e la maggioranza immediatamente precedenti a quelle insediatesi nel 2002 non furono pertanto responsabili di uno “scippo” di democrazia, né espropriarono la città del suo diritto a decidere delle proprie sorti a causa della prevalenza dell’interesse privato di un certo numero dei suoi rappresentanti sull’interesse pubblico generale. Poi purtroppo ricorsi e contenziosi indussero l’assessorato regionale ad annullare quella delibera. Ciò, ovviamente, se entrassimo nel merito, ci porterebbe a non potere esimere comunque le giunte e le maggioranze consiliari anteriori al 2002 da colpe e responsabilità, ma permarrebbero differenze profonde rispetto al copione indecoroso, recitato dalle giunte Torchi e Buscema fino all’adozione commissariale recente, che ho stigmatizzato nella mia riflessione e che ha sottratto alla città il diritto di decidere pubblicamente e in trasparenza attraverso gli organi democraticamente eletti, su una questione di così vitale interesse per la vita ed il futuro di tutti i suoi abitanti come la difesa del territorio.

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