Soppressione dei tribunali inapplicabile in Sicilia. Sospensione degli accorpamenti

TribunaleSul sito del Ministero della Giustizia[1], sono state pubblicate, le “linee guida” per la dismissione degli immobili sedi di tribunali destinati alla soppressione, con l’obbiettivo di procedere “nel più breve tempo possibile alla totale dismissione delle strutture ove sono attualmente allocati tutti gli uffici soppressi”. Azione acceleratoria del Ministero, che già urta contro il senso comune che vuole si attendesse, almeno, l’esito dei giudizi di legittimità costituzionale attivati da più parti d’Italia e la cui trattazione è prevista per il mese di ottobre, quindi a tribunali già chiusi.

Uno di questi giudizi è stato proposto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (in G.U. nr. 3 del 16.1.2013) fondato, anche sulla “Violazione diretta dei principi dell’autonomia e del decentramento amministrativo nei servizi che dipendono dallo Stato”. Questo ricorso, fortemente motivato[2], fornisce l’occasione per approfondire un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale “sopravvenuta” del D.Lgs. 155/2012, con riferimento alla Regione Sicilia.

Il 20 marzo 2013, l’ARS Sicilia ha approvato il disegno di legge 278 “Norme transitorie per l’istituzione dei consorzi di comuni”, fissando il termine massimo del 31 dicembre 2013 per l’approvazione di apposita legge regionale, in attuazione dell’articolo 15 dello Statuto speciale della Regione siciliana, per l’istituzione dei liberi Consorzi comunali per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle Province regionali. Disegno di legge poi diventato legge della Regione Sicilia nr. 7/2013 (in G.U.R.S. nr. 16 del 29.3.2013).

La normativa siciliana, evidenzia il totale contrasto con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, “Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148”, al punto da ipotizzare l’inapplicabilità in Sicilia tale decreto.

In particolare, il contrasto è con l’art. 1, comma 2 lettera a) della legge 14 settembre 2011, n. 148 [legge delega], di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138[3] e quindi con il d.lgs. 155/2012 emanato ai sensi di tale legge, nella parte in cui stabilisce che [art. 1, comma 2 lettera a) L. 148/2011] «Il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalità di cui all’articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011». Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 155, attuativo della l. 148/2011, il termine del 13 settembre 2013 si pone come termine di efficacia della legge di riordino della geografia giudiziaria, così come previsto dall’art. 11, comma 2 del d.lgs. 155/2012.

Il senso della formula di “salvaguardia” dei tribunali provinciali è abbastanza chiaro: il solo fatto che alla data del 30 giugno 2011 presso un capoluogo di provincia vi sia un tribunale, tale tribunale accorpa quello soppresso, anche se poi la provincia sede del tribunale venga abolita o soppressa. Come nel caso delle province siciliane.

Ciò in quanto la legge 148/2011 ha voluto “salvare” la competenza dei tribunali provinciali dalla soppressione delle relative province di riferimento, poiché ne aveva previsto la soppressione con l’art. 15 del d.l. 138/2011 (poi abrogato in sede di conversione).

Ma tale principio o criterio direttivo volto a salvare i tribunali provinciali è oggi inapplicabile nella Regione Sicilia. I consorzi di comuni di cui all’art. 15 dello statuto regionale siciliano, sono enti la cui istituzione è dotata di copertura costituzionale e, se di nuova istituzione, come nel caso di approvazione definitiva della legge attuativa della soppressione delle province, i consorzi prevalgono anche sugli enti – come le province regionali – ai quali la legge (148/2011), qualsiasi legge, intenda conservare una competenza territoriale – residuata dalla soppressione della provincia medesima – ma per altri fini, come la competenza del tribunale sede della provincia soppressa.

D’altra parte, la temuta soppressione delle provincie italiane, originariamente prevista dall’art. 15 del d.l. 138/2011 e poi esclusa, non prevedeva alcun riferimento ad “altri enti” ma solo, con criterio quantitativo, la riduzione del numero delle province, laddove la legge siciliana è di tipo “qualitativo” prevedendo “altri enti” in attuazione dello statuto proprio dell’Isola.

Secondo l’art. 19-bis del D.L. 138/2011 (convertito appunto nella legge 148/2011), rubricato “Disposizioni finali concernenti le regioni a statuto speciale e le province autonome”, «L’attuazione delle disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42», mentre, la norma riguardante l’abolizione delle province (art. 15 del decreto citato), come noto non è stata approvata in sede di conversione del decreto operata dalla legge 148/2011.

Ne consegue che:

la conservazione dei tribunali aventi sede nel capoluogo di provincia (art. 1, comma 2 lettera a) legge 148/2011) e l’accorpamento ad essi dei tribunali soppressi dal d.lgs. 155/2012, consente la permanenza del tribunale provinciale come tribunale accorpante anche se la provincia è stata soppressa successivamente alla data del 30.6.2011;

questo in quanto anche la legge nazionale (art. 15 d.l. 138/2011) “prevedeva” la soppressione delle province su scala nazionale;

però, tale ultima norma è stata soppressa in sede di conversione operata dalla legge 148/2011, ossia non è stata prevista la soppressione delle provincie;

invece, dato che la Regione Sicilia ha soppresso le province, il tribunale avente sede nella provincia soppressa non ha più alcuna riserva o grado privilegiato di conservazione come tribunale accorpante (ex art. 1, comma 2, lettera a) legge 148/2011): per esempio, il Tribunale di Enna non sarà più un tribunale provinciale; qui si potrebbe arrivare al paradosso che Nicosia faccia parte di un consorzio di comuni del quale non farebbe parte Enna;

dato che l’art. 19 bis del d.l. 138/2011 ha previsto che l’attuazione del decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42; e considerato che la Regione Sicilia, in attuazione dell’art. 15 dello statuto regionale, ha abolito le province e intende costituire i consorzi dei comuni, ne consegue che la soppressione dei tribunali siciliani e il loro accorpamento ad altri tribunali, come per esempio Nicosia che verrà accorpato ad Enna in quanto tribunale avente sede nel capoluogo di provincia, è inattuabile in quanto la riforma del d.lgs. 155/2012, andrebbe a violare le prerogative dello statuto siciliano che non riconosce più alcuna valenza ordinamentale alla provincia.

Vi è anche un altro argomento: la Sicilia, con l’adozione della legge 7/2013 di abolizione delle province, ha dato attuazione al suo statuto, prima della maturazione del termine di efficacia del 13 settembre 2013 per l’effettiva soppressione dei tribunali e delle sezioni staccate.

È anche vero che ai sensi del comma 5 dell’art. 1 della legge 148/2011 «Il Governo, con la procedura indicata nel comma 4, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 2 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi». Ma, si domanda, dal versante del senso comune che il legislatore sembra aver smarrito: che senso ha adottare un decreto correttivo dopo che un tribunale è stato chiuso? E, in Sicilia, ciò avverrebbe con effetti inimmaginabili e paradossali, potendo lo stesso tribunale provinciale “salvato”, essere del tutto privo di riferimento territoriale, non coincidendo più in alcun modo con il territorio ex provinciale e, quindi, cadrebbe anche l’operazione di “correzione” trovandosi ad avere in Sicilia un surplus di tribunali, ex provinciali ed ex sub-provinciali, di cui i primi, avrebbero come territorio di riferimento aree disomogenee di consorzi comunali, in violazione degli stessi principi e criteri direttivi della legge delega 148/2011 (art. 1, comma 2 lettera b).

La conclusione degli argomenti sopra spiegati, almeno per la Regione Sicilia, non può che trovare sbocco, non in un ormai inammissibile per tardività ricorso alla Corte Costituzionale, quanto in una legge di proposta regionale ai sensi dell’art. 121 cost. Se l’ipotesi dovesse verificarsi, sarebbe o no prudente concedere da parte del Ministro una “sospensione” degli accorpamenti in corso e “velocizzati” dall’adozione delle linee guida sopra citate? Almeno fino all’adozione di un altro decreto correttivo adeguato alla statuto siciliano e conformato al nuovo assetto ordinamentale derivante dalla soppressione delle province.

A ciò si aggiunga, che le linee guida del Ministero sembrano adottate in totale violazione di legge ed eccesso di potere, posto che prima del 13 settembre 2013, non è possibile “anticipare” gli effetti della riforma (cfr. TAR Basilicata, sentenza 21/2013). Avremo dunque qualche ricorso al TAR per “sospendere” gli accorpamenti, dato che il Ministero ha fissato al 30 aprile 2013 il termine per la conclusione dell’istruttoria volta ad azionare lo «strumento previsto dall’art. 8 d.lgs. 155\2012, il quale consente il mantenimento, per non più di cinque anni, degli immobili, sedi degli uffici soppressi, a servizio dell’ufficio giudiziario accorpante»[4]. La fissazione di tale termine è veramente frutto di arbitrio interpretativo, dato che ai sensi dell’art. 8 del D.lgs. 155/2012, i cinque anni decorrono dalla data di efficacia di cui all’art. 11 comma 2 del medesimo decreto e, quindi, dal 13 settembre 2013. Non è pensabile intimare il termine del 30 aprile 2013 per concludere l’istruttoria di un procedimento che non può che avere data dal 13 settembre 2013.

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