Modica. Ieri seminario vescovile. “La vita è vocazione, il cristianesimo “sedere a mensa accogliendo”

seminario don puglisiCon il Padre nostro introdotto dal Rettore don Luigi Vizzini è iniziato l’incontro del Seminario vescovile con la Casa don Puglisi di Modica, significativamente collocato nei giorni vicini alla beatificazione del martire palermitano. Si è continuato a sentire l’eco del Padre nostro nel presentare la Casa ai giovani che vivono un discernimento in vista di un ministero impegnativo come quello del prete. Perché nel dire il senso di una Casa che ha accolto in questi ventitré anni quasi quattrocento persone con difficoltà dovute a una vita difficile, soprattutto mamme e bambini, ritornava sempre il senso della famiglia. La “Don Puglisi” infatti si è sempre pensata, non come una struttura o una comunità, ma come una Casa, una famiglia. Un luogo in cui si realizza il Vangelo, il Vangelo di Gesù che, sedendo a mensa con gli esclusi, annunciava un regno altro, il regno del Padre che tutti vuole accogliere, tutti cerca, tutti ama. Come testimoniato in questa terra di Sicilia da don Pino Puglisi, fino ad aprire una sfida con la mafia per sottrargli i bambini e mettendosi comunque dalla parte di chi cercava diritti e legalità. Chiamando i mafiosi per nome, chiedendo apertamente un confronto, attirando su di sé l’attenzione per salvaguardare tutti gli altri. L’incontro con il Seminario è stato l’occasione per ricordare che consapevolmente la Casa, quando venne trasferita in via Carlo Papa nei locali del Piccolo Seminario, venne intitolata a don Puglisi. Per due motivi: per ricordarlo continuando la sua attenzione a quelle che oggi papa Francesco continuamente ricorda come le “periferie esistenziali”; per onorare, in una Casa che ha a che fare con il Seminario (che l’ha messa a disposizione dell’accoglienza dopo il Sinodo che chiedeva concrete attenzione ai poveri), un prete che ha vissuto pienamente il Vangelo e che diventa modello anche per chi si prepara a diventare prete. E ancora si è ricordato come nella Casa, come ha fatto don Puglisi, si coltivano i “germi di bene” che ci sono anche in esistenze segnate fortemente dalla difficoltà ma capaci di aprirsi a cammini nuovi, soprattutto nella relazione che è il cuore dell’accoglienza ma anche della nostra stessa vita. E allora la Casa diventa per tutti un tirocinio alla verità della vita e a servizi delicati come quelli di chi diventa “pastore”, pastore – come dice – papa Francesco che deve “odorare di pecore”. Il ricordo è corso spontaneamente a tante belle figure di preti, come per es. Mons. Matteo Gambuzza, che si preparò a fare il parroco di San Pietro con un mese di “tirocinio” con gli ammalati del Busacca di Scicli e che ha lasciato come grande eredità la relazione cordiale e forte (tipico era il suo dire con tutto se stesso “Coraggio!”) e la visita, sempre e a tutti. L’incontro si è concluso con una cena in cui si sono potuti gustare i prodotti della focacceria e del laboratorio don Puglisi, ma soprattutto in cui si è incontrati – seminaristi, mamme e bambini, volontari – come se ci si conoscesse da sempre: miracolo continuo del Vangelo, nel segno dei suoi testimoni, nella tensione continua a consegnarlo a tutti e in particolare alle nuove generazioni. Non va dimenticato che i seminaristi sono anzitutto giovani che hanno scelto un cammino impegnativo. Loro, come i giovani volontari che vengono nella Casa o esperienze esemplari come un Servizio civile svolto con grande dedizione, testimoniano che i giovani – se sono aiutati e se vogliono – possono essere i protagonisti di un futuro migliore e di una vita nel segno delle beatitudini evangeliche, ovvero della felicità vera. Ecco come la speranza si diffonde e don Puglisi resta vivo e continua a vincere la mafia, ma anche ogni forma di rassegnazione o di misero individualismo.

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