VERTICI O BASE NEI PARTITI? Gruppi territoriali e comitati di base

rosanna bocchieriI partiti sono in grave crisi, e si trovano in una situazione di grande impasse, in quanto questi rappresentano, almeno oggi, l’unica espressione della democrazia, l’unico luogo dove poter far vivere un progetto, una programma politico. Questi, però, sono in grave crisi, in quanto mal esplicano la democrazia, a volte, assente proprio nel sistema delle elezioni dei segretari , dei presidenti, dei dipartimenti, con l’imposizione delle “medagliette” secondo il sistema del potente, di colui che impone,in quanto deputato o eletto, dall’alto chi dovrebbe semplicemente coordinare secondo il consenso degli iscritti al partito medesimo.
Insomma ,la democrazia non è assicurata, in quanto si esplica in,magari,far parlare, annuire, concedere un “Hai o avete ragione”, ma si concretizza in parole vuote senza contenuti, e si impongono linee e mozioni preconfezionate e non condivise dalla base. Qui sta il problema, la base. Dove è finita questa nelle assemblee di partito? Esiste ma non ha voce, in quanto,nella maggior parte delle volte, viene soffocata dalle decisioni e dagli accordi che vanno sopra le teste degli iscritti, dei dirigenti e così via. Perché,quindi, si dovrebbe credere ai partiti? Perché si dovrebbe accettare la decisione verticistica a Roma, come a Palermo?
La democrazia, seppure imperfetta, vuole partecipazione, condivisione, vuole dialogo e dialettica, e ,invece, si esplica in decisioni verticistiche. E’ quello che sta succedendo nelle Assemblee Udc di due ore nelle varie regioni d’Italia, e quella nazionale, di due o tre ore, rappresenterà la stessa cosa.
E’ proprio questa mancanza di democrazia, che ha visto l’Assemblea dei Liberi e Forti, ad aprile , il 13 aprile, a Roma, in cui ci si è confrontati sull’UDC e il suo futuro. E’ proprio questa mancanza di democrazia che ha visto nascere da un anno a questa parte una discussione in rete tra dirigenti, iscritti e persone demotivate alla politica, elettorato disorientato che non ne vuole più sentire parlare di politica, non crede più al bene comune cui fanno riferimento i politici, che si sono contraddistinti per i “poltronifici”: Dalla rete è nato il Movimento Rigenerare la Democrazia, gli incontri successivi di Albano Laziale, di Acicastello, di Genzano e quello di Arriccia, in cui si è costituito il Movimento, il 2 giugno. L’assemblea di Ragusa del 29 giugno è stato un momento importante per la rete, in quanto ha posto i quesiti, ha prodotto un documento condiviso, sta per avere le adesioni di movimenti, persone e interesse ai contenuti del documento, che vedono nella politica dei contenuti, cultura, sociale e sud, e nella partecipazione dei territori, l’iter programmatico del Movimento medesimo.
Antitesi tra vertici che cercano la sopravvivenza e la base, che vuole fare una politica nuova, che non si esaurisca negli accordi dall’alto, in contrapposizione alla vecchia politica. Ragusa docet! L’elettorato,qui, ha bocciato la vecchia politica, rivolgendosi ad un nuovo, magari sperimentale modo di fare politica. Non quella delle coalizioni, ma quella dei progetti, dei programmi per una Ragusa diversa. Lati negativi e positivi si scontrano in questa nuova politica, che magari non ha esperienza governativa, ma dà la speranza alla gente che qualcosa cambi, che qualcosa si trasformi e non continui nella vecchia logica di potere. L’elettorato è stanco dei partiti e della vecchia politica, delle promesse e di coloro che in nome dell’esperienza impongono il “Tutto cambi perché tutto resti com’è”.
I movimenti, più snelli, più fluidi hanno una forza quella di porre le problematiche, di dialogare più direttamente, anche se alcuni di essi non sono perfetti nelle regole della democrazia.
Sarebbe interessante affrontare la problematica dei partiti e dei movimenti . Il problema comunque, è la democrazia anche nei movimenti.
Forse la soluzione sarebbero partiti costituiti da comitati di base, i gruppi territoriali, cui il Movimento Rigenerare la Democrazia fa riferimento, che dialoghi con i vertici in crisi, per un futuro partito in cui sarà la base a decidere i vertici e non viceversa.

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