IL TRIBUNALE DI MODICA AL CAPOLINEA

tribunale modicaCome era prevedibile, il giudizio sulla costituzionalità delle norme con le quali è stato disposto l’accorpamento dei tribunali cosiddetti minori a quelli provinciali e, per quanto ci riguarda, del tribunale di Modica a quello di Ragusa non ha avuto un esito felice: la Corte Costituzionale, fatta eccezione per il tribunale di Pesaro–Urbino, ha dichiarato non fondata la questione, sancendo, in tal modo, la definitiva soppressione degli uffici giudiziari da accoppare – pardon, da accorpare – in nome non ben chiarite esigenze sparagnine. Insomma, il tribunale di Modica, nato nel 1392 per un capriccio feudale di re Martino I°, muore settecento anni dopo per il capriccio di una democrazia malata di riformismo e incapace di sommare due più due. In entrambi i casi si è trattato di un atto d’imperio, ma, vivaddio, questa volta è la democrazia a fare una pessima figura, visto che pretende di cancellare il simbolo di una civiltà giuridica cui l’illuminato capriccio di re Martino aveva dato vita.  È, peraltro, una singolare coincidenza che dalle ceneri del vecchio tribunale stia nascendo, proprio in questi giorni, l’Accademia giuridica modicana che si propone di tener viva l’antica tradizione del foro modicano, curando, con il prezioso ausilio di giovani docenti universitari, la formazione delle nuove generazioni di avvocati. So bene di rischiare di cadere nella retorica, ma mi vien da pensare che la nascita dell’Accademia è il grido di protesta di un’antica nobilissima civiltà che si rifiuta di morire per mano della società pressappochista in cui viviamo che si esprime con gli SMS e pretende di risolvere i problemi ignorandone le cause. Personalmente, anche prescindendo da ogni considerazione sulle ragioni che, specie nel meridione, militano a favore della prossimità degli uffici giudiziari al territorio in cui operano e che, in ogni caso, imporrebbero, semmai, di rendere più efficienti, gli uffici giudiziari in questione (non tutto ciò che costa troppo va eliminato quando se ne dimostra l’imprescindibile necessità per il Paese), continuo a non capire in base a quale elaborato congegno il progettato accorpamento dovrebbe produrre il cospicuo risparmio programmato dai cervelloni ministeriali, dal momento che: a) seppure è vero che viene soppresso uno dei due posti di presidente, è parimenti indiscusso che i magistrati vengono retribuiti in base alla progressione in carriera e non anche in base alle funzioni svolte o alla carica rivestita; di conseguenza, il magistrato che riveste la carica di presidente del tribunale viene retribuito, non già in quanto presidente, ma in relazione al grado raggiunto in f orza dell’anzianità di servizio; b) l’unico posto duplicato da sopprimere a seguito dell’accorpamento è quello di direttore di cancelleria; c) per contro, il moderno edificio realizzato appena dieci anni fa, sede dell’ufficio soppresso e costato manco a dirlo, una vagonata di soldi (per la cronaca, 21 miliardi di lire, centesimo più centesimo meno) rimarrà sostanzialmente inutilizzato o sottoutilizzato; d) a fronte di ciò, essendo la struttura che ospita il tribunale di Ragusa, già notoriamente sottodimensionato rispetto alle attuali esigenze, toccherà spendere un’altra vagonata di soldi per realizzare una struttura in grado di accogliere tutto il personale accorpato e consentire il regolare svolgimento delle udienze; e) tutto ciò richiederà, oltre alla vagonata di cui sopra, un numero indeterminato di anni (si prevedono non meno di quattro – cinque, se tutto andrà per il verso giusto), ragione per cui, nel frattempo, cause civili e processi penali andranno al macero, come d’uso. Se tutto ciò vuol dire razionalizzazione della giustizia e risparmio per lo Stato, allora bisogna prendere atto che viviamo nel mondo dei sogni, anzi degli incubi, la cui ingarbugliata trama è stata affidata ad apprendisti stregoni, il cui compito sembra essere quello di affossare definitivamente la giurisdizione. L’iter fin qui seguito dimostra l’inesorabile incedere dei guastatori: prima l’esiziale soppressione delle Preture, sostituite dagli uffici dei cardinali camerlenghi reclutati con criteri a dir poco bizzarri, poi le leggi di riforma a macchia di leopardo che hanno letteralmente distrutto l’impianto dei codici di rito (ricordo, oltre allo scempio che è stato fatto del codice di procedura penale, tra le tante, la normativa sul rito societario , rottamata qualche mese dopo la sua entrata in vigore); per seguire con la bella pensata della motivazione sintetica che per molti giudici sta diventando la comoda scappatoia di pronunce apodittiche senza né capo né coda; ora, infine, la brillate idea degli accorpamenti che, purtroppo, una finalità perversa ‘stavolta ce l’hanno: quella, come ho già scritto tempo fa, di far le nozze coi fichi secchi, vale a dire di ridurre l’organico dei giudici dando l’impressione di aumentarlo. La proditoria operazione, tra l’altro, sta passando inosservata, dal momento che il nuovo tribunale di Ragusa avrà comunque un numero di giudici pur sempre maggiore in assoluto rispetto a quello attualmente in dotazione , ma, in realtà, minore della sommatoria dei due originari organici. Ciò, naturalmente, farà si che ogni singolo magistrato dovrà far fronte a una pendenza notevolmente superiore a quella – già gravosa – attualmente in carico. Va da sé che i tempi di definizione dei processi, invece di accorciarsi, si allungheranno ancor di più, come attualmente avviene nei grossi uffici giudiziari.
Rimane un’ultima alternativa di carattere meramente logistico, ma, se non altro, ragionevole e, circostanza non secondaria, in grado di evitare i tempi morti e la gravosissima spesa occorrenti per il reperimento di nuovi locali a Ragusa: quella di portare tutti gli affari penali a Ragusa, già attrezzata per le videoconferenze, destinando l’edificio modicano agli affari civili dell’intero circondario. In altri termini, verrebbe così a realizzarsi il tribunale di Ragusa e Modica, senza alcun aggravio di spesa.
Per quel che vale, è il caso di provarci.
Sempre che ci sia da qualche parte, in quel di Roma, qualcuno ancora disposto a ragionare, si capisce.

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