Con sentenza non definitiva di oggi, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Ragusa, Claudia Catalano, ha disposto il rigetto delle domande giudiziali formulate da Romina Licciardi in danno della Camera del Lavoro di Ragusa relativamente alla richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro ed alla pretesa nullità e/o illegittimità dell’intimato licenziamento ritenendo appieno sussistente la giusta causa nell’operato del Sindacato espressamente riconoscendo la legittimità del licenziamento intimato alla Licciardi nell’aprile del 2010.
Il Giudice del lavoro ha, altresì, rigettato in toto le pretese risarcitorie della lavoratrice relativamente alla presunta violenza denunciata dalla ricorrente ed infondata è stata parimenti ritenuta ogni lamentela rispetto a pretese ritorsioni e fatti di mobbing.
Sul piano economico, il Giudice del Lavoro ha, altresì, rigettato la pretesa della donna volta ad ottenere il riconoscimento di differenze retributive per il livello di inquadramento e la domanda della stessa ha trovato accoglimento limitatamente alla regolarizzazione ai soli fini contributivi di quindici mensilità pretesamente lavorate oltre che del relativo TFR e ferie non godute: il tutto per poche centinaia di euro.
“Muovendo dal sacrosanto presupposto che le sentenze non vanno commentate – sostengono alla Cgil di Ragusa – ma soltanto applicate, si riteneva doveroso, dopo oltre tre anni e mezzo di illazioni ed insinuazioni in danno del buon nome del sindacato, rendere conto dell’epilogo di questa vicenda, a dimostrazione del fatto che chi sa attendere non corre il rischio di mettere il carro innanzi ai buoi.” La Camera del lavoro formulerà, in ogni caso, riserva di appello in relazione ai – seppur residuali- profili economici della sentenza in questione.Con sentenza non definitiva di oggi, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Ragusa, Claudia Catalano, ha disposto il rigetto delle domande giudiziali formulate da Romina Licciardi in danno della Camera del Lavoro di Ragusa relativamente alla richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro ed alla pretesa nullità e/o illegittimità dell’intimato licenziamento ritenendo appieno sussistente la giusta causa nell’operato del Sindacato espressamente riconoscendo la legittimità del licenziamento intimato alla Licciardi nell’aprile del 2010.
Il Giudice del lavoro ha, altresì, rigettato in toto le pretese risarcitorie della lavoratrice relativamente alla presunta violenza denunciata dalla ricorrente ed infondata è stata parimenti ritenuta ogni lamentela rispetto a pretese ritorsioni e fatti di mobbing.
Sul piano economico, il Giudice del Lavoro ha, altresì, rigettato la pretesa della donna volta ad ottenere il riconoscimento di differenze retributive per il livello di inquadramento e la domanda della stessa ha trovato accoglimento limitatamente alla regolarizzazione ai soli fini contributivi di quindici mensilità pretesamente lavorate oltre che del relativo TFR e ferie non godute: il tutto per poche centinaia di euro. “Muovendo dal sacrosanto presupposto che le sentenze non vanno commentate – sostengono alla Cgil di Ragusa – ma soltanto applicate, si riteneva doveroso, dopo oltre tre anni e mezzo di illazioni ed insinuazioni in danno del buon nome del sindacato, rendere conto dell’epilogo di questa vicenda, a dimostrazione del fatto che chi sa attendere non corre il rischio di mettere il carro innanzi ai buoi.” La Camera del lavoro formulerà, in ogni caso, riserva di appello in relazione ai – seppur residuali- profili economici della sentenza in questione.
“Ovviamente – replica la Licciardi – presenterò immediatamente appello avverso questa incredibile, incresciosa, incomprensibilie, immotivata, ingiusta sentenza. A differenza del giudice Catalano, per me la Cgil è solo il datore di lavoro che mi ha illegittimamente licenziato, senza che io avessi fatto assolutamente niente. Questo assunto lo dimostrerò in tutte le sedi, dedicando il resto della mia vita, ove occorresse, a questa battaglia per una giustizia giusta e non strabica, autonoma e libera, da qualunque condizionamento di sorta, da qualunque partigianeria politica che umili il diritto, da qualunque casta di potere la condizioni(direttamente o indirettamente) o la voglia condizionare. Il magistrato con questa sentenza ha fornito, suo malgrado, ottimi spunti di ulteriore dibattito, peraltro in un periodo già assai particolare, sui temi dell’autonomia e dell ‘indipendenza della magistratura dalla politica e dai suoi poteri e dalle sue articolazioni, con le sue decisioni palesemente a favore di un datore di lavoro che si chiama Cgil, e facendo un pessimo servizio