Migranti. Sfogo sull’autobus. Lettera alla Merkel di Alessia Scarso

Merkel trifft Obama erneut Ende Juni in WashingtonGentile Cancelliera Merkel,
indirizzo a lei questa mia perché, come nessuno credo possa dubitare, lei in questo momento detiene una posizione, e il suo paese con lei, che la indicano di fatto come il leader dell’intera Europa, dato che tra l’altro, senza volerla sminuire, ne influenza il buono e il cattivo tempo.  Qui in Sicilia, forse le sarà arrivata notizia, stiamo avendo a che fare con una problematica che sta diventando imbarazzante e che sta lentamente mutando il carattere della nostra popolazione.  Io stessa sento di stare cambiando, e mi rendo conto non è un bel mutamento, perché è di tipo regressivo.

Mi riferisco all’accoglienza del fenomeni migratori.  Noi siciliani, e la popolazione di Lampedusa ne è esempio, siamo un popolo accogliente.  Non so se lei è mai venuta da queste parti. Le assicuro che, se anche non fosse il massimo leader europeo, chiunque nel darle un’indicazione la accompagnerebbe, chiunque se si trovasse in difficoltà o in pericolo la soccorrerebbe, chiunque soprattutto se lei avesse anche solo un languorino si preoccuperebbe di offrirle un pasto, con il miglior menu tipico.
Centinaia di anni di dominazioni ci hanno insegnato che lo straniero arricchisce, e ne siamo testimoni sotto tanti punti di vista, dall’aspetto gastronomico a quello architettonico, finanche agli usi e costumi.
Ora questo meraviglioso carattere comincia a dare segni di cedimento, perché assieme al sentimento di pietas che inevitabilmente si prova all’arrivo di ognuno di questi migranti, in cerca di opportunità e sicurezza, cominciano a trapelare pericolosi sentimenti di stanchezza, di malessere, di insofferenza.
A tutto questo si abbina un particolare senso del pudore che non ci fa esprimere appieno questi sentimenti, perché ad esprimerli le persone che evidentemente non vivono questa esperienza potrebbero scambiarli erroneamente per razzismo.  Ora, se diamo per buono che la pietas non è buonismo, allora ci consenta anche di dare per buono che l’insofferenza non è razzismo.  Non generalizziamo, non c’è bisogno di catalogare per forza le cose in compartimenti stagni.
Quello che sta succedendo, forse lei lo sa, forse lei stessa l’ha deciso, è che esiste una problematica comunitaria che l’Europa ha colpevolmente stabilito di ignorare.
Se non fosse che ho capito che queste persone sperano di arrivare proprio nella florida Germania, o in Francia, starei ancora qui a chiedermi cosa mai vengano a farci in Italia, dove non abbiamo nulla da offrire al momento.
Cosa accadrebbe se l’Italia decidesse di trasferire i centri di accoglienza al confine con Svizzera, Austria, Francia, lasciando aperte le porte dei centri come li lasciamo in Sicilia?
Forse in quel caso sovverrebbe alla mente che il problema riguarda l’intero territorio europeo?
Si faccia un viaggio in autobus qui con noi mentre trasferiscono migranti da una parte all’altra, e questi all’autogrill ordinano un panino indicando con un dito, e dentro l’autobus vengono isolati perché non profumano, e quando tossiscono viene la paura a tutti quanti.
Venga qui con noi, Cancelliera, alle loro visite mediche, al loro peregrinare mentre aspettano una destinazione nella speranza di un visto, venga a riaccompagnarli sull’aereo che li riporta indietro, dopo aver attraversato il deserto, dopo aver affidato la vita nelle mani del destino, venga a ricomporre i loro corpi quando non riescono ad arrivare vivi.
Forse le passerebbe la voglia di esprimere solidarietà solo quando i morti sono così tanti che il silenzio, come si dice qui da noi, “parrebbe brutto”.
Sono consapevole, Cancelliera Merkel, che se questo carico di responsabilità non lo accoglie lei e l’Europa, non c’è Ministro dell’Interno o Presidente del Consiglio o della Repubblica italiani che possano nulla.
Io sto qui a rivendicare di poter difendere la mia cultura di popolo ospitale che si sta incattivendo, ma loro, i migranti, che non scrivono, non parlano e cercano di farsi capire puntando un dito, da difendere hanno la loro vita e dignità.  Il 3 e 4 giugno 1999 a Colonia, in terra tedesca, durante il Consiglio europeo emerse la necessità di definire in ambito comunitario ciò che il mondo aveva firmato il 10 dicembre 1948 a Parigi: la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il 7 dicembre 2000 a Nizza e il 12 dicembre 2007 a Strasburgo Parlamento, Consiglio e Commissione europei si sono sistemati la coscienza firmando una dichiarazione dei diritti fondamentali dell’uomo.  Se la rilegga, Cancelliera. Faccia, dica qualcosa. O casomai punti un dito. Capiremo.

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