In questi ultimi anni si parla sempre più spesso delle cosiddette nuove dipendenze, cioè di quei comportamenti, tra i quali il gioco d’azzardo, internet, lo shopping, il lavoro, il sesso che, ripetuti ossessivamente, fino all’estremo o in modo continuamente vano e insensato, schiavizzano l’essere umano.
La dipendenza patologica è insidiosa e difficile da mettere in luce. Comprare duecento paia di scarpe, passare ore davanti al computer comunicando con sconosciuti, senza rendersi conto del tempo che passa, ma anche rimanere in ufficio ben oltre l’orario del lavoro, o rovinarsi la vita per il videopoker. Sono solo alcuni esempi di persone che hanno perso il senso della misura e che, anche se non riescono ad ammetterlo, sono “malate”. La motivazione che gli psicologi danno di questo fenomeno o problema è che abbiamo la necessità di riempire l’esistenza. Le dipendenze sono in espansione e mettono radici su incertezze, immaturità, false speranze, ci rivelano che le trasformazioni della nostra epoca hanno determinato cambiamenti significativi negli stili di vita generando, accanto a nuovi benesseri, anche falsi bisogni e nuove inquietudini. Siamo indotti a costruire false immagini di noi stessi per poter stare al passo con i tempi. E se non ci riusciamo abbiamo a portata di mano ricette pronte e falsi conforti. Le persone colpite hanno sintomi precisi : senza la loro “ droga” avvertono nausea, mal di testa, vomito, sviluppano aggressività e ansia, compromettendo gravemente la qualità della vita.
Attenzione, però. Non bisogna confondere un uso intenso con la dipendenza; colui che sa comunque “gestire” i propri eccessi non è un dipendente. Ma come facciamo a capire che siamo “dipendenti” da qualcosa o qualcuno ? In verità ci sono alcuni atteggiamenti che riescono a indicarcelo come l’impossibilità a resistere all’impulso di mettere in atto un certo comportamento, o una sensazione crescente di tensione prima dell’inizio dell’atto e di perdita di controllo durante, o i ripetuti tentativi di ridurre o abbandonare il comportamento, o ancora la reiterazione del comportamento nonostante la consapevolezza che lo stesso possa causare o aggravare problemi.
Ma quindi, quali sono le più diffuse dipendenze ?
C’è la dipendenza affettiva. “ L’amo da morire !”, è una frase che abbiamo sentito forse centinaia di volte. Ma si può morire d’amore? La dedizione d’amore fino al limite estremo esiste: infatti si sopportano sacrifici, angherie, maltrattamenti, ci si annulla, non sempre solo in senso figurato. Ma, mi chiedo, se la finalità dell’amore non è la crescita dell’io o dell’amore stesso, ma piuttosto l’autodistruzione, è giusto che si debba parlare di una psicopatologia che nasce da una bassa stima di se e della propria dignità. Non c’è errore più dannoso che far dipendere il nostro benessere, la nostra stabilità da un’altra persona.
La dipendenza del sesso. I dipendenti sessuali perdono il controllo sulla loro capacità di dire no, la vivono in modo ossessivo e il partner non è selezionato ma l’uno vale l’altro. Il prototipo di dipendente sessuale è di sesso maschile, infatti l’uomo è più esposto ai martellanti stimoli sessuali dei mass-media, tra i 36 e i 50 anni, con basso livello di istruzione. All’iniziale euforia prodotta dall’atto sessuale, subito dopo i dipendenti si sentono inebetiti, tristi, in colpa. Cessato l’orgasmo comincia la disperazione e l’odio nei propri confronti.
La dipendenza del rischio. E’ il cosiddetto popolo della notte, ragazzi e ragazze di classi medio-alte, senza problemi finanziari, in cerca dello sballo continuo e della trasgressione, che si spinge fino ai limiti estremi della pericolosità per sé e per gli altri, della violenza gratuita e di veri e propri reati. Sfrecciare ad occhi chiusi davanti ad un segnale di stop, non fermarsi ad un semaforo rosso, guidare contromano in autostrada, arrampicarsi sui muri e palazzi, cavalcare i treni.
La dipendenza da gioco. Questa, attualmente, è l’unica dipendenza riconosciuta. L’impulso irresistibile a giocare cancella il senso di colpa, nascondendolo dietro false razionalizzazioni come “ giocherò fino a tale ora”; dato che sto vincendo…devo approfittare della fortuna”; “ ora che sto perdendo.. devo rifarmi”. E’ tutto un circolo vizioso. E se si tenta di rinunciare al gioco e di resistere a tale impulso, si cade in preda ad un profondo malessere, subentra irascibilità e a turbe che possono culminare nell’atto suicida. E aggiungiamo a tutto ciò, che non esistono leggi sufficientemente restrittive, mentre esiste una incitazione con la pubblicità che concorre alla diffusione del fenomeno.
La dipendenza da internet e cellulare. Internet, chat, smartphone, social network..è ormai consolidata il rapporto tempo libero= uso mezzi di comunicazione di massa. Milioni di persone ogni giorno spediscono e-mail, ricercano dati per studi e affari, restando presenti nella loro vita reale e non sottraendosi alle responsabilità quotidiane. Ma spesso il ricorso a internet è collegato ad un tentativo di compensare le difficoltà relazionali reali, ricercando nella rete relazioni per superare le proprie insicurezze. Infatti la rete è allettante, in quanto annulla lo spazio e le distanze, consente di inventare diverse identità, di fingere, osare, vivere emozioni sentendosi “protetti”. Ma chi è indifeso rischia di entrare in territori pericolosi come la pornografia o la violenza in generale. Anche l’attaccamento morboso al cellulare può creare una forma di dipendenza, e ciò può provocare anche fastidi medici, come il dolore alla mano per l’eccessiva abitudine di spedire sms.
La dipendenza del lavoro. Il lavoro è il miglior mezzo per integrarsi nell’ambiente socio-culturale, per essere accettati grazie all’indipendenza economica. Ma tutti questi elementi possono trasformare il lavoro in una fonte di piacere, scatenano la frenesia ed il piacere del successo e del potere. L’iperattività, lo spirito di competizione e sfida, il desiderio illimitato di soddisfazione professionale creano una relazione difficile con il tempo libero e le vacanze, manifestazioni di stress, stati di esaurimento, depressioni leggere, mal di testa, di stomaco, disturbi cardiaci o circolatori. Nella fase cronica della dipendenza è possibile che si usino stimolanti e calmanti, alcool e nicotina che non fanno altro che accelerare il fallimento morale e sociale.