Che il patrimonio del museo «Belgiorno» fosse immenso ed ancora non del tutto emerso “alla luce” era risaputo. Ma che i magazzini della struttura museale racchiudessero preziosi «tesori» bellici è una piacevole sorpresa.
Tra la polvere e la ruggine infatti sono riapparsi tredici reperti bellici, alcuni dei quali andranno a costituire la sezione «Risorgimento Italiano» all’interno del Museo allocato in un Pala-Cultura oramai tempio laico della cultura e della storia della Contea.
Si tratta di sei moschetti di epoca «garibaldina» risalenti al Risorgimento, datati 1860. Armi lunghe che costituiscono dei capolavori di tecnica e di tradizione artigianale che, in quegli anni, con molta probabilità sono state imbracciate dai soldati contro i Borboni, nella guerra per l’Unità d’Italia del 1861. Tra le altre armi anche una mi-triaglietta risalente invece alla “Grande guerra”, tre sciabole, due lame ed un pugnale.
Il pezzo più pregiato è senza dubbio però un alabardo, che si può datare intorno al 1500-1600.
«Si tratta – spiega Giorgio Cavallo, assessore alla cultura – di un’alabarda che rappresenta una testimonianza diretta della Contea. Arma portata dai Lanzichenecchi nella loro discesa in Italia, è sicuramente risalente al periodo della Contea».
L’oblio del tempo ha però intaccato anche questi pezzi che, è il caso di dirlo, “hanno fatto la storia”. Un oblio contro cui sta combattendo la passione dell’assistente museale Saro Fiori-dia, il quale sta dedicando le sue ore del lavoro quotidiano al recupero di questi reperti.
«Ci ha chiesto – continua l’Assessore Cavallo – solamente del materiale per il suo lavoro. Gli abbiamo messo a disposizione dell’anti-ruggine, della carta vetrata ed alcuni pennelli. Fioridia ci sta restituendo gli oggetti al loro antico splendore».
Ed in effetti il ferro dei moschetti è tornato a risplendere, così come l’asta che permetteva ai soldati di caricare col piombo e con la polvere da sparo, la canna del moschetto.
Anche le lame delle sciabole sono tornate a risplendere ed ad impaurire. Un lavoro particolare andrà adesso fatto per l’alabardo così come bisognerà lavorare sulla mitraglietta risalente alla “Prima guerra mondiale”, più sulla meccanica che sul ferro.
«Erano pezzi che – racconta Floridia – non furono mai messi in “vetrina” nella vecchia sede perché non c’era spazio. Dal 1981 infatti queste armi e reperti sono rimasti nel magazzino del museo e, purtroppo, è evidente come l’umidità di palazzo dei Mercenari abbia intaccato il loro stato di conservazione».GIORGIO CARUSO
MODICA Museo, ritrovate tredici armi storiche C’è anche un'”alabarda” del Seicento
- Aprile 8, 2006
- 1:15 pm
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