Un’operazione dei Carabinieri di Ragusa ha consentito a S.E. , una donna rumena di 45 anni (cui per semplicità ci si riferirà col nome di fantasia di “Erika”), di mettere fine ad un vero e proprio incubo, letteralmente liberandola – è l’espressione più appropriata – dalla prigionia in cui l’aveva costretta il suo aguzzino.
L’incubo di Erika era iniziato nel 2006, quando, da poco giunta in Italia, aveva trovato, come tante sue connazionali, un’occupazione in un’azienda agricola della provincia di Ragusa. Con 6 figli da mantenere rimasti in Romania, la donna credeva probabilmente di aver così risolto le proprie difficoltà economiche. Non poteva certamente immaginare come sarebbe cambiato, nel volgere di breve tempo, il comportamento di quello che credeva sarebbe stato semplicemente il suo “datore di lavoro”: Salvatore Nicosia, vittoriese di 67 anni, arrestato oggi dai Carabinieri di Ragusa per “Sequestro di persona” aggravato e “Violenza sessuale” continuata aggravata.
Infatti, dopo poche settimane dal suo arrivo, quando la donna aveva ormai appreso i rudimenti del lavoro nei campi, l’uomo ha completamente mutato atteggiamento, trasformandosi da “datore di lavoro” in “padrone”, assumendo cioè un atteggiamento autoritario, prevaricatore, violento. Alzando la voce, diventando prepotente. Pretendendo di controllare i suoi spostamenti anche nel tempo libero. Arrivando ad impedirle di uscire da sola, fosse anche solo per fare la spesa. Un’escalation che è purtroppo sfociata nella violenza carnale. Erika ormai non sa più dire quante volte, ma è stata ripetutamente costretta a rapporti sessuali contro la sua volontà. La prima volta, l’uomo aspettò che si presentasse l’occasione “propizia”, quando la moglie e il figlio – che coabitano con lui – non erano in casa. Successivamente, non si curò più nemmeno di prendere questa cautela. Semplicemente, nottetempo, entrava nella stanzetta in cui Erika alloggiava, e pretendeva di soddisfare le proprie voglie. Per quattro volte Erika è rimasta incinta, e per quattro volte ha dovuto abortire, da sola.
Per anni, Erika ha sopportato in silenzio. Troppo grande il timore di perdere il lavoro, di non riuscire più a sostenere economicamente i figli rimasti a casa.
Quando poi un giorno ha trovato la forza di fuggire, il suo “padrone” non gliel’ha perdonato. Da quel momento, non le ha lasciato tregua. La chiamava in continuazione, dicendole che prima o poi l’avrebbe trovata. Ed infatti così è stato. L’ha trovata – d’altra parte la donna era rimasta nel Ragusano – e l’ha ricondotta con sé ad Acate. Così, dopo una brevissima interruzione, l’incubo è ricominciato, se possibile con maggior violenza. Negli ultimi mesi, poi, Erika non aveva più nemmeno la possibilità di riposare un giorno a settimana. Doveva lavorare sempre, ogni giorno, compresa la domenica, con ritmi massacranti. E la notte, spesso, il “padrone” abusava di lei. Fino a stamattina, quando, grazie all’operazione dei Carabinieri di Ragusa – che da tempo stavano indagando sul fenomeno, di concerto con l’Autorità Giudiziaria Iblea – l’incubo è finito. Infatti, la donna, dopo qualche ritrosia, aveva raccontato tutto il suo calvario ai militari dell’Arma che hanno dovuto ricostruire i vari episodi consumati nel tempo e riferire all’Autorità Giudiziaria, con un dettagliato rapporto su quanto la donna aveva subito negli anni trascorsi ad Acate.
Il provvedimento, emesso dal Gip, Andrea Reale, è scaturito, infatti, dalla serrata attività investigativa condotta – sotto la direzione del Sostituto Procuratore Valentina Botti, e la supervisione del Procuratore Capo Carmelo Petralia, dai Carabinieri della Stazione di Ragusa Ibla e del Nucleo Operativo della Compagnia di Ragusa, con la preziosa collaborazione dei colleghi della Compagnia di Vittoria.
L’indagine si inquadra nelle più ampie attività poste in essere da tutti i Reparti del Comando Provinciale di Ragusa sul particolare fenomeno delle donne straniere impiegate, e talvolta sfruttate, nel settore dell’agricoltura, nelle numerose aziende della Provincia.
Nei mesi scorsi vi era stata da parte degli organi di informazione e di alcune organizzazioni una particolare attenzione sul fenomeno, e pertanto sia l’Autorità Giudiziaria che il Prefetto di Ragusa hanno dato precise disposizioni per monitorare il fenomeno e risalire ad eventuali reati di sfruttamento sessuale e/o lavorativo in danno di donne di nazionalità rumena.
La malcapitata, che già da tempo, dopo aver raccontato tutto ai Carabinieri, era stata affidata ad un’organizzazione assistenziale operante in Provincia, ha ringraziato i militari per averla salvata da un vero e proprio incubo.