Per i genitori potrebbe trattarsi di omicidio la morte dello studente di Vittoria Roberto Gambina caduto dal 2° piano dell’Istituto che frequentava

scuola vittoria

Non si sarebbe ucciso Roberto Gambina, il 20enne studente vittoriese lanciatosi nel vuoto lo scorso 20 novembre dalla scala esterna d’emergenza al secondo piano dell’istituto scolastico paritario di Vittoria che frequentava con profitto. Che non si sia trattato di suicidio ne sono convinti i genitori di Roberto, i quali hanno fortemente voluto che fosse effettuata l’autopsia sul corpo del figlio. L’esame autoptico è stato eseguito

ieri mattina nella camera mortuaria del cimitero di Vittoria dal medico legale Orazio Cascio e dal tossicologo Guido Romano, entrambi dell’università di Catania, affiancati dal perito di parte Guerrera, quest’ultimo nominato dai legali di fiducia della famiglia Gambina, gli avvocati Patrizia e Salvatore Romano. L’autopsia si inquadra nelle indagini avviate dalla procura di Ragusa per far luce su eventuali responsabilità di terzi nella morte del ragazzo. Non è esclusa quindi l’eventualità che qualcuno abbia spinto di proposito il giovane, facendolo precipitare nel vuoto. In questo caso, ovviamente, si paventerebbe l’ipotesi dell’omicidio, volontario o preterintenzionale. Al momento nessun nome figurerebbe nel registro degli indagati ma parecchie persone sarebbero già state sentite dagli inquirenti. Chi avrebbe potuto avercela così tanto con il giovane al punto da causarne la morte? Roberto Gambina morì in elisoccorso durante il tragitto dal “Guzzardi” di Vittoria, dove arrivò in gravissime condizioni, ad un ospedale meglio attrezzato di Catania. In un primo momento si fece subito strada l’ipotesi del suicidio, alla quale i genitori dello sfortunato ragazzo non hanno mai creduto, al punto da richiedere con fermezza che venisse effettuata l’autopsia sul corpo del figlio, come in effetti accaduto ieri. Una vicenda tanto tragica quanto misteriosa che potrebbe riservare eclatanti novità. Intanto i genitori di Roberto piangono il loro figlio, in attesa di ottenere giustizia.

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