LA PROFESSIONE INFERMIERISTICA. SERIE DI RIFLESSIONI DI UN INFERMIERE PROFESSIONALE. Riceviamo e pubblichiamo

Egregio direttore,
quanto ho letto a pagina 6 de “La Sicilia” del 30 novembre scorso ed a pagina 4 del “Giornale di Sicilia” del 1 dicembre, mi offre l’opportunità per fare alcune riflessioni sulla professione infermieristica e sulle questioni ad essa correlate. Premetto che, secondo il mio personale e modesto parere, il grado di civiltà in campo sanitario di una Nazione si misura tra l’altro anche dal livello assistenziale che si riesce a garantire alla popolazione e che, di conseguenza, quanto più elevati saranno i livelli assistenziali tanto maggiore sarà non solo il grado di soddisfazione dei cittadini, ma lo stato generale di benessere dell’intera collettività. Detto questo, sono tre le questioni che mi pare vadano attenzionate:
1)L’EMERGENZA INFERMIERSTICA: e cioè la situazione ormai storicizzatasi della carenza proprio numerica dei professionisti infermieri che occorrerebbero per garantire buoni livelli d’assistenza. E’ ormai cosa risaputa che il nostro Paese assieme alla Grecia costituisce il fanalino di coda rispetto al rapporto numerico infermieri/popolazione. Secondo l’OCSE occorrerebbero in Italia almeno altri 40.000 infermieri. A fronte di tale riconosciuta necessità assistiamo ad una discrasia tra il numero degli infermieri che annualmente vengono collocati a riposo (13000) e quello di coloro i quali si inseriscono nel mondo del lavoro (8000).
 2)IL GRADO DI ATTRAZIONE DELLA PROFESSIONE: nonostante negli ultimi quindici anni siano stati compiuti importanti passi avanti sia per quanto riguarda la formazione professionale (ora in ambito universitario) sia per ciò che attiene lo status giuridico (da professione ausiliaria dell’arte medica a professione sanitaria alla quale viene riconosciuta piena autonomia nella gestione dell’assistenza; da collegio professionale a quello che pare presto diverrà ordine professionale), la professione d’infermiere rimane poco appetibile per i giovani per la scarsa considerazione sociale ed economico-contrattuale che la vede ancora lontana dalle condizioni raggiunte dalla categoria infermieristica negli altri paese europei: valga per tutti come esempio il fatto che le cosiddette indennità di disagio (di turno, festive, notturne, di reperibilità…) non subiscono aumenti significativi da più di quindici anni. 3)LA NOSTRA SITUAZIONE REGIONALE: in Sicilia la questione infermieristica è sentita come e più che altrove, in considerazione del fatto che la nostra regione è interessata da un pesante ed impegnativo piano di rientro messo in atto per coprire falle di cui certamente non può essere ritenuta responsabile la professione infermieristica siciliana. Nonostante ciò la scure cade sugli infermieri per due di ordini di ragioni: economicamente, in quanto è stata decretata la decurtazione del 5% delle risorse destinate a finanziare il disagio lavorativo della professione; sul piano occupazionale, poiché è stato deciso per legge che solo il 25% del personale che viene man mano collocato a riposo verrà sostituito. Ciò vuol dire che le ragioni dell’economia e del risparmio della spesa prevalgono di gran lunga su quello che ho inteso dire in premessa a questo mio intervento: è cioè che, continuando su questa strada, difficilmente sarà possibile erogare non dico ottimi, ma almeno soddisfacenti livelli che siano in grado di dare risposta alla domanda di salute che ci proviene quotidianamente da quanti si rivolgono alle strutture presso le quali ognuno di noi infermieri presta la propria opera.
 Infermiere Pietro Sammartino (Direzione Nazionale NurSind- Il Sindacato delle Professioni Infermieristiche)

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