CAMERON: NON FAREMO MAI PARTE DI UN SUPER STATO EUROPEO.…..A CURA DI RITA FALETTI

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Dopo una maratona durata due giorni, a Bruxelles il summit “Brexit” , l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, si è concluso con un accordo: il Paese rimarrà  in Europa fino alla prossima estate, quando i britannici saranno chiamati a votare definitivamente per la permanenza o no nell’Unione. Il Premier David Cameron si è dichiarato soddisfatto di quello che ha definito lo status speciale del Regno Unito, grazie al compromesso raggiunto, che riconosce la volontà permanente dei britannici di non far parte di un’unione politica,

ne’ di un esercito comune, pur mantenendo il diritto di essere un Paese membro e non essere discriminato dagli altri ventisette. Cosa significa in soldoni? Intanto conferma l’affezione all’insularismo di questo Paese, vicino ma non contiguo all’Europa e con una sua specifica identità, poi esprime chiaramente l’intento di conservare le mani libere in politica estera. Last but not least, l’accordo serve a preparare il terreno favorevole al “sì” in occasione del referendum del prossimo giugno. Cameron auspica infatti che la clausola appena approvata, sia percepita dai suoi concittadini per quello che veramente è: doppiamente favorevole alla Gran Bretagna e garante della sua indipendenza in quanto potrà beneficiare del vantaggio di appartenere al più grande mercato comune, senza che le venga applicato il concetto di “ unione sempre più stretta” su cui si fonda la costruzione europea. Ma il Primo Ministro sa anche  che il cammino da percorrere è in salita perché dovrà essere in grado di convincere 149 parlamentari, conservatori come lui, pronti a lasciare la UE, contro un centinaio che vogliono rimanere e una quarantina di incerti. Lo stesso segretario della Giustizia britannico, Michael Gove, da convinto euroscettico, ha detto: “Non amo Bruxelles, amo la Gran Bretagna”. Dall’altra parte, tra i sostenitori del si, ci sono i manager della City, che sarebbero pesantemente penalizzati da una exit. Un altro aspetto sul quale Cameron si è soffermato, presentando l’accordo raggiunto, concerne la questione immigrazione. Quello che ha detto suona più o meno così: lo status speciale per la Gran Bretagna ci terrà fuori dai confini aperti ad una immigrazione caotica e fuori controllo. E questo è un altro dei fronti principali sul quale si è giocata la partita a Bruxelles, perché l’immigrazione potrebbe diventare la causa scatenante della disgregazione dell’Unione. Che non riguarda evidentemente chi fugge dalle guerre, ma chi viene in Europa per motivi economici e sociali. Lo stato di affanno delle economie dei ventisette e le masse di persone, che spinte dal “sogno” europeo, si stanno riversando nel nostro Continente, sono due realtà in contrapposizione. Non si può accogliere tutti, le risorse non ci sono. Persino la Finlandia, in recessione da quattro anni, era determinata a rimpatriare qualche migliaio di iracheni prima che gli stessi acquistassero un biglietto per fare ritorno al loro Paese di origine, delusi di non aver trovato le opportunità che si aspettavano. Il sentimento di euroscetticismo che si sta diffondendo nei paesi nordici spinge le popolazioni ad osteggiare la politica delle porte aperte, che vuol dire più tasse, ma anche progressivo snaturamento  del territorio. La Germania della Merkel, che ha il più alto numero di stranieri ed ha accolto più migranti di tutti, sente, ora che la Gran Bretagna è un po’ più lontana, di aver perso l’appoggio di un alleato prezioso contro la politica di impostazione “socialista” dei Paesi del sud Europa, sostenitori degli ingressi incondizionati. “Non faremo mai parte di una ideologia” ha dichiarato David Cameron, il quale ha affrontato anche il tema dell’economia ponendo l’accento sulla necessità, per l’Europa, di diventare nuovamente competitiva e maggiormente flessibile, per la Gran Bretagna, di cambiare l’accesso al welfare. Per fermare il flusso di migranti? Probabilmente sì. Con lo stesso intento, alcuni Paesi alzano muri e filo spinato, il che non fa di loro dei buoni cristiani, né contribuisce al rafforzamento dell’ architettura europea, fa però capire quanto importante sarebbe restituire ai popoli il diritto di esprimere la loro volontà prima che le regole vengano messe nero su bianco. Regole disattese proprio da chi in Europa è entrato senza avere i fondamentali a posto. Il riferimento va alla Grecia e in parte anche all’Italia di qualche tempo fa, riguardo la registrazione dei richiedenti asilo. A questo proposito, la patente di inaffidabilità spetta indubbiamente alla Grecia, che verifica l’identità di appena un quarto dei migranti che entrano nel suo territorio e addirittura registra come rifugiati personaggi appartenenti all’Isis, stando alle rivelazioni fornite dalle intelligence tedesca e americana. Il Governo greco sta usando gli immigrati come arma di ricatto: se l’Europa nega loro gli aiuti economici, i greci continueranno ad “esportare” immigrati, i quali passando per il Kossovo, che ignora qualunque tipo di controllo, raggiungono anche la nostra Penisola.

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