RENZI: DUE ANNI DI GOVERNO AL VAGLIO………A CURA DI RITA FALETTI

matteo renzi

Due anni giusti di Governo alle spalle, offrono l’occasione per fare un bilancio sulla bontà delle riforme attuate  in relazione ai costi e, nel contempo, una riflessione sulle necessità prioritarie del Paese all’interno dell’Unione europea. Non si può dire che Matteo Renzi non si sia dato da fare per disincagliare l’Italia dalle secche del conservatorismo egoista e miope  della vecchia politica.

Il premier si è apertamente messo contro l’immobilismo dei dinosauri del suo  partito ed ha spinto alcuni esponenti del PD, giovani ma nostalgici del passato, ad autorottamarsi. Tutti pronti però, dovrebbe ricordarsi, a fargli lo sgambetto alla prima avvisaglia di debolezza. Per ora Renzi può tranquillamente fare affidamento sul suo entourage di fedelissimi e può contare anche sui transfughi, una nutrita categoria di traditori legalizzati – si calcola che 336 siano attualmente i cambi di casacca – sempre disposti a correre in suo aiuto pur di conservare lo scranno in Parlamento. E questa è un’altra delle questioni che andrebbero affrontate introducendo il vincolo di mandato, se non altro per rispetto nei confronti degli elettori. Purtroppo però, i numeri sono indispensabili se si vogliono fare le riforme, in particolare quelle che presentano un alto tasso di rischio approvazione. Mi riferisco, in particolare, alla madre di tutte le riforme: la revisione della spesa. Se ne parla da tempo immemorabile e ogni Governo promette di metterci mano, ma, al dunque, tutto rimane come prima per un inestricabile intreccio di interessi. D’altro canto, il Parlamento ha le mani legate, assediato da ogni parte da potenti lobby che hanno fondato il loro benessere sui soldi versati nelle casse dell’erario dai cittadini. Guai a toccare chi sta al vertice delle strutture statali e territoriali! Giustizia, sanità, trasporti, amministrazione pubblica, sono formidabili centri di sprechi inaccettabili, spese ingiustificate, parassitismo e inefficienza che si ripercuotono inesorabilmente sulle vite dei contribuenti i quali, in cambio, ricevono servizi scadenti o zero servizi. Se si aggiunge poi la giungla degli enti inutili, che nessuno sa con precisione quanti siano, pare intorno ai milleseicento, c’è da mettersi, è proprio il caso di dire, le mani nei capelli.
I furbetti del cartellino rappresentano solo la punta dell’iceberg di un sistema marcio che si fa credere agli italiani di combattere con licenziamenti immediati che mai avverranno o soltanto in minima parte. Si fa finta di punire i pesci piccoli per salvare quelli grossi. Anche Renzi, e come lui quelli che l’hanno preceduto, si sono cimentati nella guerra agli sprechi, nominando dei commissari alla spesa che si sono avvicendati e hanno lasciato l’incarico, uno dopo l’altro, rassegnati di fronte all’unica riforma impossibile. Dopo Canzio, Bondi, Cottarelli e Perotti, ora è la volta di Gutgeld. Tanto impegno profuso ha reso appena qualche miliardo di euro, a fronte di più del doppio di quanto era stato previsto. Per Renzi obiettivo mancato per gli italiani un bluff. E non è andata meglio con le pensioni. Alcuni giorni orsono, veniamo a sapere che il Governo se n’è inventata un’altra delle sue per fare cassa. Pare abbia intenzione di tagliare le pensioni di reversibilità. Tutti sanno che si tratta, per la maggior parte, di cifre modeste cui hanno diritto le vedove e i vedovi. Sono infatti soldi già versati dal “de cuius”, che sarebbe un’ingiustizia oltre che un furto negare a chi resta. La diffusa reazione di sconcerto, ha spinto il Ministro dell’Economia, Giancarlo Padoan, a sostituire prudenzialmente il verbo “tagliare” con un altro dal suono più rassicurante ma dal significato più ambiguo, “razionalizzare”. Vedremo cosa succederà; forse, dopo un periodo di silenzio per calmare le acque, se ne tornerà a parlare. Ancora in tema di pensioni, ci complimentiamo con il Governo che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Annualmente, infatti, versa sui conti correnti di fortunati rappresentanti della classe dirigente, senatori a vita, membri della Consulta di Stato, ex magistrati, ecc….ben trentamila pensioni d’oro: cifre da capogiro che escono dalle nostre tasche. E intanto, cosa succede al debito pubblico? Sale, sale ineluttabilmente, appesantito dagli 80 miliardi di interessi che ogni anno vanno ad incrementare una cifra che ha raggiunto 2298 miliardi di euro. E cosa farà lo Stato? L’unica cosa che ha sempre fatto: aumenterà la tassazione a a lavoro e imprese, piccole e medie, che, se si escludono quelle già fallite o emigrate all’estero, da anni boccheggiano. Quando si dice Stato ladro, nessuno ha il diritto di offendersi. Quel settore del Paese, l’unico che crea lavoro e favorisce lo sviluppo dell’economia, è il più tartassato. Gli sgravi fiscali alle imprese che assumono sono bazzecole, una goccia nell’oceano. Se aggiungiamo che il sistema creditizio è sbagliato in quanto eroga prestiti ai soliti amici dei politici, che spesso risultano insoluti e contribuiscono all’affondamento delle banche, si comprende bene perché il Pil è fisso allo 0,.Renzi non sembra capire che l’unica ricetta per cambiare verso è la riduzione sostanziale e permanente della tassazione accompagnata da una robusta riduzione della spesa pubblica. Gli 80 euro di bonus che ha distribuito a pioggia, secondo la pratica della vecchia politica del dare poco a molti, si sono rivelati inutili a stimolare l’economia. Questi, insieme all’abolizione dell’Imu e della Tasi sulla prima casa, la buona scuola e i 500 euro ai diciottenni, sono tutte manovre in deficit, che danno benefici scarsi e finiranno con l’incrementare il debito, costringendo alla mossa successiva: un ulteriore aumento della tassazione. Quindi, qual è il bilancio di questi due anni? Riforme al palo, mancato freno alla spesa pubblica, debito in aumento. E’ invece apprezzabile la riforma del Senato che ha ridotto il numero dei Senatori da 315 a 100, riducendo la spesa, ed eliminato il bicameralismo perfetto, con il vantaggio non trascurabile di accelerare l’iter di approvazione delle leggi. In un’Europa con la Germania che inizia ad avere il fiato corto, la situazione dell’Italia non è così negativa, benché ancora non sia uscita dalla crisi. Si aprirebbe un futuro all’insegna dell’ottimismo e di una ripresa economica stabile, se si volesse trattare con decisione e coraggio le questioni inerenti il debito, gli sprechi e la tassazione. Anche in Europa ci guarderebbero con maggiore rispetto. In caso contrario, chi può, cominci a fare le valige.

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