IN PUNTA DI LIBRO……di Domenico Pisana. “Per certi versi…”: la dimensione onirica della poesia di Carmelo Di Stefano

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L’itinerario poetico del modicano Carmelo Di Stefano, componente del gruppo del Caffè Letterario “Quasimodo”, giunge alla fase della maturità con la nuova raccolta poetica “Per certi versi…”, Editrice Il Convivio, 2015.

L’autore, che va raccogliendo consensi in diversi concorsi letterari, si avvale di un registro linguistico più convincente ed efficace sul piano dell’impianto metaforico, costruendo una versificazione che va oltre il dato fenomenico, per arricchirsi di forza evocativa e di una geometria di immagini davvero suggestiva e ricca di fascino.
Carmelo Di Stefano ha avuto un rapporto con la poesia sin dagli anni ‘80 e il suo percorso ha subito un processo maturativo rilevante, tant’è che accostandosi ai suoi versi il lettore ha modo di cogliere le radici ispirative di un poetare come atto dello spirito, della volontà e della mente che si traduce in linguaggio ora allusivo ora descrittivo, ora simbolico ora analogico, ora memoriale ora speculativo.
“Per certi versi…” è un testo dove il linguaggio poetico risente di toni elegiaci e meditativi: la sera, il sogno, l’autunno, le foglie, il vento, la notte, l’ombra, l’alba, la luna, la sabbia, sono lemmi spesso ripetuti( notte, ad. esempio, 20 volte;); non si tratta tuttavia di ridondanze, ma di elementi paesistici di un logos che rappresenta lo stato d’animo del poeta, una condizione esistenziale, una espressione meditativa dello spirito
Ecco, allora , che la parola nella poesia di Di Stefano va oltre il fenomeno, per diventare parola detta sempre in una situazione vissuta e con un linguaggio costruito in un contesto di relazione; l’operazione che fa il poeta è proprio quella di far convergere singole parole, immagini e sensazioni ( vento, foglia, autunno, onde, polvere, rami, luna, mare, risacca, riva, solitudine, scogli, mareggiate) dentro l’universo di un pensiero con il quale intende dare un messaggio, per cui la sua parola poetica diventa intenzionale, cioè si colloca sulla pagina per significare intenzioni, affetti, idee, sentimenti, desideri inconsci e inespressi.
La sera è in questa silloge il lungo di sintesi tra momento descrittivo e momento simbolico; sul piano concettuale, richiama l’idea dell’ atte-sa, il momento di riflessione e di separazione tra stati d’animo diversi: “Trastulla un foglio bianco / rassicuranti sere; “la sera si consuma /in echi di conchiglia”.
Anche il sogno, nei versi di Di Stefano, è il prodotto dell’inconscio, e diventa sia attività psichica, sia luogo di fantasia e immaginazione.
Si tratta del sogno fanciullesco, del sogno come desiderio, del sogno come utopia , del sogno come critica e discernimento, del sogno visto non solo come proiezione onirica(ciò che si spera, ciò che si vorrebbe realizzare) ma come un luogo ermeneutico: il sogno, in altre parole, diventa per il poeta un’ interpretazione della propria esistenza perché è posto in relazione a stati di vita, a condizioni esistenziali ben precise, come si evince dalla poesia “Quasi amore”: Sei il sogno distratto….sei qui ..e accudisci i miei fragili sogni…E siedo qui, furente e illeso/ a consumar l’attesa dei sogni alla deriva…”
Nelle poesie di Di Stefano ci sono figure retoriche, cadenze liriche classicheggianti, ossimori, immagini di palese efficacia, ma anche ricerca di effetti chiaroscurali e di atmosfere, contrasti di forte intensità semantica e linguistica: “l’usato usurato; fremito d’ali; polvere sull’uscio dei miei giorni; rassicuranti sere; rassicuranti argini; il mare vestirà l’istante d’infinito; trafitto /da uno spigolo di luce(dal piglio quasimodiano); infrangere, fragorosi, fragori, fremito, frantumate, frementi, riva, rami; l’istante distante; fremito/palpito; l’impianto dei rimpianti”.
Tutto questo non è un assemblaggio di parole, ma una costruzione metaforica dove il poeta mette in relazione sensazioni ed emozioni contrapposte, e dove la vita viene scandagliata in modo olistico con un distacco ed un compartecipazione nel contempo, finalizzati a rileggere la fragilità del sentimento dell’uomo universale che non riesce a comporre i cocci della sua anima e che trova un orizzonte di senso nel sogno e nella dimensione onirico come risposta e terapia: “Il vuoto/ come il sogno e l’illusione,/abita qui”.
In questa silloge di Carmelo Di Stefano la dimensione del sogno è dunque un elemento interessante che ci riporta alle parole del Pascoli: “…il sogno è l’infinita ombra del Vero…” (Giovanni Pascoli, Alexandros), e alle parole che Dino Campana scriveva nei suoi Canti Orfici “…tutto è vano, vano è il sogno; tutto è vano tutto è sogno…”
E’ insomma un leit-motiv questo aspetto del sogno, con il quale il poeta introduce nella sua silloge poetica la complessità esistenziale della contemporaneità, la condizione di disagio che attraversa l’uomo della post modernità. Non per niente il poeta sceglie come epigrafe del volume, un testo molto significativo: “L’orizzonte ferito/ora tace/i giochi dell’aria /liberi di scegliere/noi/di che sogni morire”.

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