IMMIGRAZIONE: PREPARIAMOCI AL PEGGIO………….….A CURA DI RITA FALETTI

immigrazione

Numeri e percezione. I primi sono inequivocabili, ma asettici; la seconda, pur non descrivendo la realtà in modo sempre oggettivo, è molto più potente dei numeri in quanto nasce dal sentire delle persone e ne influenza il giudizio. Provate a chiedere in giro quanti immigrati sono entrati in Europa a tutt’oggi e nessuno ve lo saprà dire, nemmeno approssimativamente.

Se invece chiedete ad un comune cittadino italiano, libero da vincoli religiosi e politici, quanti immigrati si trovano ora in Italia, vi risponderà con sicurezza che sono tanti, troppi. Non è in grado di precisarne il numero, perché non lo sa  e certamente non gli importa saperlo; quello di cui invece è convinto, è che sono “troppi”. È la sua percezione del fenomeno l’elemento prevalente che assume importanza di valore assoluto. Che gli immigrati, stranieri, extracomunitari, rifugiati o clandestini o come si vogliano chiamare, siano “troppi” o no, in rapporto al numero degli autoctoni, non cambia i sentimenti e il punto di vista di molti, soprattutto  di quelli che la crisi ha privato della tranquillità rappresentata dal posto di lavoro e da uno stipendio sicuro e che forse priverà anche della casa perché i soldi per il mutuo non ci sono più. Già, alla diciottesima rata non corrisposta, si può dire addio anche a quella e allora non rimane che la Caritas. Delusione, rabbia, la sensazione profonda di essere abbandonati dallo Stato. Allora quel disgraziato dell’immigrato  che arriva con un barcone sgangherato e che possiede solo quello che ha indosso,  è un nemico, quello a cui lo Stato assegna un alloggio e il vitto gratis senza avere nulla in cambio. Per di più, non parla la nostra lingua, non crede nello stesso dio ed è figlio di una cultura lontana mille miglia dalla nostra. E se fosse pure un terrorista? Si può obiettare che il fenomeno migratorio  è sempre esistito, una  costante nella storia dell’ umanità, con fasi di arresto e di ripresa, unica risposta alle aspirazioni di cambiamento e miglioramento o fuga da persecuzioni e conflitti. In nessun caso, comunque, è stato mai possibile fermarlo. Tra i suoi protagonisti anche gli italiani, che in passato hanno provato sulla loro pelle come  “sa di sale lo pane altrui ” perché, allora come ora, i migranti potevano rappresentare una risorsa umana ed economica per il paese che li ospitava, ma, non per questo, erano meno discriminati e guardati con sospetto. Come in tutte le situazioni, anche in questa, così difficile e contrastata, le istituzioni avrebbero il dovere di muoversi con intelligenza e trasparenza. Se i cittadini europei si lasciano guidare dalla percezione, che è anche la conseguenza di episodi eclatanti che hanno fortemente impressionato l’opinione pubblica, compito dei Governi sarebbe quello di analizzare i numeri e trovare le risposte e le soluzioni ad un problema che non è appropriato definire emergenza. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha comunicato un dato: nel 2015 le persone provenienti da Siria, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Iran e da Libia, Eritrea, Somalia, Sudan, Gambia, Mali, Senegal e altri paesi sud sahariani sono state un milione, contro le 216.000 nel 2014, le 59.000 nel 2013 e le 22.000 nel 2012. Le cifre sottintendono una verità che viene puntualmente nascosta secondo il principio “minimizza e ignora” adottato da molti: tra qualche anno, se non dovesse intervenire qualche fattore in controtendenza, l’Europa subirà una reale invasione che avrà conseguenze catastrofiche se non si trova un rimedio nei rispettivi paesi di origine. Le politiche migratorie sostenute dai paesi della UE si stanno rivelando inadeguate perché pensate per funzionare nel breve termine che trascurano un aspetto fondamentale: la disponibilità di risorse economiche ingenti. Non bastano campi di accoglienza e servizi di prima necessità. Se tutta questa gente la si vuole integrare, servono strutture efficienti e personale preparato, che significa soldi e tanti. Le porte aperte a tutti e la solidarietà dei paesi nordici hanno peccato nella sottovalutazione del fenomeno ed ora stanno cercando di fare marcia indietro, fermando temporaneamente Schengen e rivedendo il welfare. Austria, Ungheria e Macedonia si difendono erigendo muri di filo spinato e forse, in un domani non lontano, presidieranno i confini interni all’Unione inviando soldati con licenza di uccidere. Così si ammaina la bandiera della solidarietà, stupidamente sventolata ad uso e consumo del socialismo di maniera e dell’illegalità, sempre in agguato e pronta a lucrare sulle disgrazie umane. E’ il caso di tante cooperative sparse in Italia e in particolare al sud, alle quali lo Stato, invece di gestire l’accoglienza in prima persona, ha esternalizzato la gestione. Partendo dal presupposto che non è possibile accogliere tutti, tocca fare una selezione tra migranti economici, che hanno scambiato l’Europa per il Bengodi ed essendo privi di qualunque competenza si aspettano di essere mantenuti, e i rifugiati che scappano dalle guerre, come i siriani, che hanno diritto ad una accoglienza decorosa e sono in grado di integrarsi più facilmente grazie al loro livello culturale. Purtroppo da noi vengono gli africani, quasi tutti illegali, che rimangono nei Centri di prima accoglienza per il periodo stabilito, trascorso il quale escono in clandestinità e spesso, quando fa comodo, vi rientrano. Cosa fanno costoro nei CIE? Niente. Non lavorano e non imparano l’italiano, quando entrambe le cose aiuterebbero il processo di integrazione. Ma lo Stato, come fa al solito di fronte alle situazioni spinose, se ne disinteressa e preferisce pagare con i soldi nostri e dell’Europa, lasciando che qualche mascalzone sfrutti la situazione per arricchirsi. Menefreghismo, disorganizzazione e disonestà. Poi si fa appello al buon cuore degli italiani da parte di vip della politica, della stampa e della chiesa; i primi che se la darebbero a gambe se le cose si mettessero male. A mio avviso più di qualcuno ha già pensato come fare.
Amen.

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